Una giornalista :”Volevo mollare e invece eccomi ancora qui”
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Pubblichiamo la testimonianza di una giornalista che ha avuto da Ossigeno un bonus per la copertura parziale delle spese legali – Vedi che cos’è il bonus di Ossigeno (leggi)
OSSIGENO 12 luglio 2019 – Mi sono rivolta a Ossigeno per l’Informazione, in un momento tra l’altro poco felice per me – sul quale non mi dilungo – e, ancora prima di un contributo economico, ho trovato propellente per chiunque: ascolto, fiducia, reale comprensione della caratura del lavoro fatto.
In un momento difficile trovare interlocutori sensibili e preparati assume un valore persino olistico, con ricadute positive su tutta la collettività. Perché stavo pensando di mollare tutto e invece no, ho intrapreso un cammino che intendo portare fino in fondo, con rinnovata fiducia e ritrovato entusiasmo.
Se mi fossi arresa avrei fatto il gioco di coloro ai quali giova la censura selettiva, avrei in minima parte messo i bastoni tra le ruote a Ossigeno per l’informazione, che persegue l’obiettivo inverso.
C’è qualcosa di profondamente sbagliato. C’è qualcosa di profondamente sbagliato se, in uno stato di diritto, ci si scaglia contro una persona – poco importa quale professione questa svolga – soltanto perché sta facendo bene il proprio lavoro, al riparo da pregiudizi. A me è capitato. Ho svolto un’indagine giornalistica sui metodi utilizzati da psicoterapeuti, assistenti sociale e autorità nei casi di affidamento di minori. Un’indagine che è partita dalla Svizzera e mi ha portata in Italia, a Lissone (MB). Qui, dopo avere scovato illeciti palesi nell’operato di una psicologa italiana, questa non è stata in grado di ammettere le proprie mancanze (nonostante l’Ordine degli psicologi della Lombardia le abbia riconosciute); ha deciso di sporgere contro di me un numero imprecisato di querele, per lo più archiviate, tranne una. Sarebbe doveroso dire anche che, in un contesto di maggiore puntualità giuridica, il pm avrebbe dovuto archiviare anche questa causa ma, al netto di altre considerazioni che non farò in questa sede, così non è stato.
Mi sono trovata imbavagliata, perché durante i dibattimenti in aula il mio avvocato mi ha consigliato di non pubblicare altri articoli, di aspettare. Un’attesa che pesa come macigni sulle famiglie a cui questa psicologa ha spezzato l’esistenza. Anche questa, però, è soltanto uno degli scotti che si pagano nel limitare i media. Non c’è soltanto la notizia in sé, c’è l’annichilimento delle coscienze, c’è l’impossibilità di mostrare la verità al più ampio numero di persone possibile.
Una parte cospicua delle mie risorse economiche sono state spese durante l’inchiesta: viaggi, spostamenti, consulenze legali, e altre piccole spese che, sommate, fanno cifre importanti. La causa mi è costata molto, non solo in materia di spese vive (avvocati e spostamenti, vivo a Roma e il procedimento si celebra a Monza) ma anche in termini di mancati introiti. Il tempo destinato all’indagine che sto svolgendo è ovviamente sottratto alla mia attività retribuita. E mi sono presa tutto il tempo necessario perché quello delle incursioni delle istituzioni nella vita dei cittadini è un tema ampio che merita rispetto. Non c’è soltanto la Reggio-Emilia che recentemente è balzata agli onori delle cronache, c’è un sistema nazionale che vive di abusi sui più deboli, di omertà, di falsità e di realtà storpiate. Lettera firmata
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