Telex. Giornalista turca fuoruscita, il giornalismo è il nostro respiro
Questo articolo è disponibile anche in:
E oggi non è libero. Ci sono lingue e cervelli in prigione a vita. Viviamo nel mondo di “Fahrenheit 451”, dobbiamo difendere la libertà
Questo messaggio è stato inviato a “Ossigeno per l’Informazione” in occasione del Concerto dedicato alla libertà di stampa organizzato a Roma, alla Casa del Jazz, il 21 giugno 2018, nel quadro della Festa Europea della Musica, per essere reso noto ai partecipanti. L’autrice è una giornalista e scrittrice turca che ha dovuto lasciare il suo paese per ragioni di sicurezza. Il Centro Europeo per la libertà di Stampa di Lipsia la assiste con il programma Journalist-in-Residence, che offre asilo sicuro e una borsa ai giornalisti a rischio a causa del loro lavoro.
“Il giornalismo è come il respiro: ciò è per la democrazia e per la libertà di parola. Se perdiamo questa libertà, perdiamo non solo il nostro presente, ma anche il nostro futuro; abbiamo quindi una responsabilità, nei confronti della società e della future generazioni. Oggi in quasi tutto il mondo, il giornalismo è messo in ombra dalle vicende politiche. La politica e i politici governano anche sulle nostre penne! La professione di giornalista è oggi ancor più complicata che nel passato. In aggiunta a tutto ciò, ci sono giornalisti che perdono la vita per aver scritto qualcosa! Il giornalismo oggi non è libero, ci sono lingue e cervelli che stanno scontando condanna a vita in prigione. La realtà in cui viviamo è quella descritta dal romanzo cult di Bradbury “Fahrenheit 451”. Questa è la temperatura alla quale i libri cominciano a bruciare i libri. Non solo in quanto giornalisti, ma anche come esseri umani abbiamo bisogno uno dell’altro, dobbiamo combattere per la libertà di usare la carta e la penna, e il pensiero, se crediamo ancora nella democrazia e nella libertà di espressione!”