Sorveglianza digitale. L’allarme di Matteo Renzi sui giornalisti
Le intercettazioni preventive a strascico e l’impiego crescente di spyware da parte dei servizi segreti di vari paesi
OSSIGENO 2 giugno 2023 – Il 31 maggio 2023, con un editoriale pubblicato sul Riformista, giornale del quale ora è direttore editoriale, il senatore Matteo Renzi ha sollevato il problema delle intercettazioni dei giornalisti in Italia effettuato senza autorizzazioni della magistratura.
L’allarme di Matteo Renzi ha il merito di accendere un faro anche su un grave problema ancora più ampio, finora ignorato in Italia: quello noto col nome di “sorveglianza digitale”, già segnalato da tempo in altri paesi e già oggetto di preoccupata attenzione da parte dell’ONU, di altre agenzie internazionali e delle associazioni impegnate nella difesa della libertà di stampa e sulle questioni che riguardano la sicurezza e la protezione dei giornalisti e del giornalismo.
E’ un problema grave e attuale perché, ha fatto notare l’Alto Commissariato dell’ONU per i Diritti umani, “la sorveglianza digitale dei giornalisti è in aumento e l’uso di spyware ha già portato all’arresto, all’intimidazione e persino all’uccisione di giornalisti (leggi). L’Alto commissariato ha offerto la testimonianza di un giornalista ungherese e di un altro del Salvador.
L’ALLARME DI MATTEO RENZI. – Il leader di Italia Viva ha preso spunto dal libro “I potenti al tempo di Giorgia”, scritto da Luigi Bisignani con Paolo Madron, nel quale gli autori affermano che con il governo guidato da Giorgia Meloni le maglie delle intercettazioni si sarebbero allargate fino a comprendere giornalisti e direttori di giornali.
Matteo Renzi scrive sul Riformista (leggi qui): “C’è bisogno che il Copasir chiarisca la vicenda in seduta segreta ribadendo in modo netto e chiaro che le intercettazioni preventive non possono mai e poi mai toccare i giornalisti, specie se direttori, commentatori o direttori di inchiesta, e i parlamentari. Chiediamo alla Premier di smentire con forza il libro di Bisignani dissipando ogni dubbio sulle intercettazioni preventive. Perché ne va della credibilità delle istituzioni”.
IL GOVERNO – Raggiunto da Fanpage, il sottosegretario alla presidenza del consiglio dei ministri Alfredo Mantovano ha commentato (vedi qui): “Saranno fornite tutte le risposte necessarie”.
IL PROBLEMA – L’allarme lanciato dal senatore Matteo Renzi deve ora essere approfondito e verificato, si auspica con la massima trasparenza possibile, perché la sorveglianza messa in atto dai Governi sui giornalisti danneggia sia i giornalisti che le loro fonti, le persone che i cronisti contattano per raccogliere informazioni. La legge italiana riconosce ai giornalisti il diritto di mantenere segreta l’identità delle loro fonti fiduciarie, cioè di coloro che accettano di fornire informazioni a condizione che il loro nome non sia reso noto. Il rispetto di questo diritto alla segretezza è in tutto il mondo un elemento essenziale del giornalismo di cronaca e di inchiesta.
Negli ultimi anni alcuni scandali hanno mostrato con i fatti che il vizietto di violare questo diritto è diffuso anche tra i Governi europei, che lo fanno mettendo sotto controllo a loro insaputa i telefoni dei giornalisti, in particolare di quelli scomodi, e utilizzando nuovi strumenti invasivi di spionaggio digitale che permettono di ascoltare le telefonate e di leggere la corrispondenza via internet.
DUE STRUMENTI DI SORVEGLIANZA DIGITALE
- “Predatorgate” (leggi qui), scandalo svelato dal settimanale greco “Documento” un anno fa. Giornalisti greci erano spiati dai servizi segreti e ostacolati nel loro lavoro di ricerca e diffusione delle notizie.
- Due “Pegasus”, malware che consente di estrarre i file salvati sugli smartphone e con il quale sono stati infettati i cellulari di diversi giornalisti, anche in Europa. Lo scandalo è stato raccontato nel 2021 dal Guardian (leggi qui).
MEDIA DEFENCE ha focalizzato la questione della sorveglianza digitale dei giornalisti, affermando fra l’altro.
“L’uso di spyware contro i giornalisti viola un’ampia gamma di diritti umani e ha un impatto molto personale sui giornalisti. Lo spyware viola ovviamente il diritto alla privacy. Colpisce anche il diritto alla libertà di espressione e persino alla libertà di pensiero. La sorveglianza compromette anche il diritto alla libertà di associazione di giornalisti, attivisti e politici.
È importante sottolineare che l’uso di spyware ha un impatto deleterio sulla protezione delle fonti giornalistiche. I giornalisti che sono stati presi di mira da spyware sono costretti ad adottare misure drastiche per mantenere anonime le loro fonti. Ad esempio, quando parlano al telefono possono farlo in un linguaggio in codice. I giornalisti non dovrebbero menzionare i nomi delle persone ed essere cauti nel salvare i numeri di recapito delle persone sui loro telefoni. Potrebbero evitare di scrivere e-mail o messaggi di testo su dove o a che ora incontreranno le loro fonti. Alcuni giornalisti hanno anche riferito di non recarsi più nei luoghi che visitavano prima di essere vittime di spyware. Altri hanno affermato che stanno perdendo del tutto il contatto con le loro fonti, poiché le fonti non sono più disposte a farsi avanti per paura che la loro identità venga rivelata. In tali casi, i giornalisti non hanno più accesso a informazioni cruciali di interesse pubblico.
Inoltre, si deve ricordare che i giornalisti hanno diritto alla protezione dei dati; un diritto che è probabilmente più forte per i giornalisti impegnati in lavori di interesse pubblico. Dovrebbero essere informati della raccolta e dell’uso dei loro dati personali. Nell’ultimo decennio, governi ed enti regionali hanno sviluppato leggi sulla protezione dei dati, ma in alcuni casi sono norme inadeguate per proteggere i dati delle persone. Con la rapida crescita della raccolta dei dati, i governi si trovano ad affrontare queste sfide con risorse limitate e ritardi nella loro attuazione. In alcuni stati, i legislatori sono in ritardo nella protezione completa e nella promozione della privacy e della protezione dei dati. Inoltre, i governi hanno il dovere di non effettuare una sorveglianza intrusiva. (leggi il testo integrale)
IN EUROPA – Nel 2022 la questione di un crescente ricorso alla sorveglianza dei giornalisti attraverso spyware in Europa è stata esposta, con alcuni episodi esemplificativi venuti alla luce in Spagna e in Grecia, in un rapporto di MFRR (leggi) in cui si evidenzia che i casi conosciuti sono solo la punta dell’iceberg e che le agenzie statali di alcuni paesi negli ultimi anni si sono dotate segretamente di questi strumenti informatici.
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