Siracusa. Giornalista e intervistato condannati al carcere ora assolti in Cassazione
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Un’odissea giudiziaria di 8 anni. Furono querelati dall’ex pm Maurizio Musco che, secondo la Suprema Corte, era stato criticato legittimamente e per una vicenda di pubblico interesse
OSSIGENO 22 luglio 2021 – Non ci fu diffamazione ma legittima critica e informazione di interesse pubblico, ha detto la Cassazione mettendo fine all’odissea giudiziaria di un giornalista e di un dipendente comunale di Siracusa querelati 8 anni fa da un magistrato della loro città. La Suprema Corte ha annullato le sentenze di colpevolezza pronunciate in primo e secondo grado.
La Cassazione si è pronunciata il 17 febbraio 2021, (leggi la sentenza) annullando senza rinvio la sentenza della Corte d’Appello di Messina che aveva condannato il giornalista Luca Signorelli a una multa di 400 euro e Carmelo Parrino a due mesi di reclusione a 400 euro di multa. In primo grado, il tribunale aveva condannato entrambi a due mesi di reclusione e a un risarcimento danni da determinare. Invece per la Corte di Cassazione Luca Signorelli e Carmelo Parrino hanno esercitato legittimamente, rispettivamente, il diritto di cronaca e quello di critica giudiziaria e pertanto il fatto a loro contestato “non costituisce reato”. Questa vicenda ribadisce fra l’altro la necessita di cambiare urgentemente la legge sulla diffamazione a mezzo stampa e lo segnala al Governo e al Parlamento impegnati a discutere una riforma della Giustizia per mettere l’Italia al passo con l’Europa.
L’INTERVISTA del giornalista Luca Signorelli (all’epoca dei fatti collaboratore del quotidiano La Sicilia) a Carmelo Parrino, ex funzionario della Provincia di Siracusa, fu pubblicata il 2 giugno 2013 sul quotidiano La Sicilia, con il titolo “Da innocente 42 giorni di carcere”, riferendo le critica dell’intervistato all’allora sostituto procuratore Maurizio Musco, il quale aveva reagito con la querela a entrambi per diffamazione aggravata.
L’ANTEFATTO – Nel 2005 Carmelo Parrino era stato arrestato con l’accusa di tentata concussione ai danni di due aziende del settore petrolchimico (Snam Progetti e Sindyal). L’avvocato penalista Piero Amara (all’epoca non così noto come lo è da un paio d’anni) era il legale delle due aziende. L’indagine era coordinata dall’allora Pubblico ministero Maurizio Musco. Carmelo Parrino era rimasto in carcere per 42 giorni ma al termine del processo era stato assolto con la formula “il fatto non sussiste”. Nell’intervista, si dichiarava vittima di un complotto e criticava Maurizio Musco per la conduzione delle indagini su di lui, ricordando fra l’altro che adesso (all’epoca dell’intervista) il magistrato era indagato in un procedimento con l’accusa di illecito esercizio delle sue funzioni, per il quale è stato poi condannato in via definitiva e nel 2019 destituito.
Murizio Musco fu condannato e rimosso dal suo ufficio per aver violato l’obbligo di astenersi dal ruolo di rappresentante della pubblica accusa nell’udienza preliminare di un processo che vedeva indagato, tra gli altri, Giuseppe Amara, difeso da suo figlio Pietro, al quale Musco era legato da rapporti economici e di amicizia. Nell’intervista, Carmelo Parrino affermava di essere stato condannato perché Musco considerava “scomoda” la verifica che egli aveva disposto sulle due aziende difese dal suo amico Piero Amara. (leggi 1 e leggi 2)
LA CASSAZIONE – Questa sentenza della Cassazione richiama e chiarisce ancora una volta quali sono i doveri di un giornalista che intervista qualcuno. Dice in che senso è tenuto a riportare fedelmente il contenuto delle affermazioni, anche quelle che possono essere sgradite a qualcuno. Facendo riferimento alla giurisprudenza in questa materia (in particolare alla storica sentenza n.37140 del 2001 delle Sezioni Unite sul caso Galiero) e a norme e trattati nazionali e internazionali, i giudici della V sezione penale della Suprema Corte Presidente Gerardo Sabeone, relatore Matilde Brancaccio) hanno concluso che la Corte d’Appello di Messina” ha ritenuto erroneamente” che il ricorrente Luca Signorelli non avesse assunto la dovuta posizione neutra di terzo osservatore, e ha sbagliato nel considerare che la vicenda non fosse di rilevanza pubblica.
IL RILIEVO PUBBLICO DELLA VICENDA – In entrambi i precedenti gradi di giudizio, a Messina, vi è stata scondo la Cassazione una lettura fuorviante della vicenda “che – scrivono i giudici – travolge il fondamento stesso della scriminante e del diritto di cronaca giornalistica, e cioè l’interesse dell’opinione pubblica ad essere informata su determinati accadimenti”. E quindi i colleghi peloritani sbagliano “da un lato, a non riconoscere rilievo alla posizione sociale attribuibile a Parrino attraverso giudizi illogici e limitanti, che dimenticano il suo ruolo di funzionario della Provincia e la valenza pubblica della sua vicenda giudiziaria. D’altro canto, la Corte di merito, altrettanto erroneamente, si disinteressa del profilo di notorietà della persona offesa e della sua clamorosa, negativa ribalta alle cronache come indagato per illecite condotte commesse come magistrato del pubblico ministero, in servizio presso la Procura della Repubblica di Siracusa, collegate alla sua amicizia con l’avvocato Piero Amara, il quale, si badi — come premette lo stesso provvedimento impugnato – era anche il difensore delle due aziende sottoposte alle verifiche da parte di Parrino.”
DOVERI DELL’INTERVISTATORE – Per quel che riguarda la responsabilità di Luca Signorelli i giudici, richiamando la citata sentenza delle Sezioni Unite, ribadiscono che “il diritto di cronaca è giustificato dalla notorietà del personaggio coinvolto in relazione all’interesse collettivo della vicenda e non data aprioristicamente. L’intervista – scrivono – deve risultare vera e la verifica della continenza va approntata rispetto alla forma in cui viene proposta al pubblico e non riguardo al suo contenuto, sicché il giornalista risponderà soltanto degli eventuali commenti o precisazioni apportate a quanto riferito dall’intervistato ovvero, qualora non venga riportato testualmente, della sintesi o parafrasi autonomamente compiuta, o, ancora, nel caso in cui (…) possa ritenersi che l’autore non si sia limitato a ricevere l’intervista ma ne sia in quale modo autore occulto.
Per quel che riguarda Carmelo Parrino, la Corte ritiene che la sua critica non costituisca un attacco gravemente lesivo e infondato e che il tono non è mai aspro né sproporzionato. Egli ha dato voce al suo dissenso rispetto a una vicenda vera e di notevole interesse pubblico. C’è dunque: notorietà della vicenda e delle persone coinvolte; verifica sufficiente di quanto narrato e interesse pubblico per i fatti.
RDM
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