Segreto professionale. Lo Stato deve rispettare la riservatezza delle fonti dei giornalisti
Lo impone la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo – Sanzionata l’Ungheria – Ossigeno ricorda tre recenti indagini invasive in Italia
OSSIGENO – 10 dicembre 2024 – Episodi recenti hanno mostrato ancora una volta che in Italia la magistratura fa ricorso a indagini invasive nei confronti dei giornalisti. Ci riferiamo ai casi dei giornalisti Massimiliano Scagliarini, Simone Innocenti, Paolo Orofino, riferiti dal notiziario di Ossigeno (LEGGI IN FONDO A QUESTO ARTICOLO).
Questi episodi hanno riproposto un problema annoso: la protezione riconosciuta alle fonti fiduciarie dei giornalisti in Italia è debole e discontinua.
La riservatezza di queste fonti è un diritto dei giornalisti. L’articolo 200 del codice di procedura penale lo riconosce pienamente ad altre categorie e solo in parte, con comma 3, ai giornalisti (leggi). In numerosi casi, questo diritto dei giornalisti viene disconosciuto al fine di condurre indagini giudiziarie per fughe di notizie, per scoprire il colpevole fra le persone con cui il giornalista ha avuto contatti, cercandolo ovviamente fra coloro che erano tenuti a osservare la segretezza di quelle informazioni. Vale la pena ricordare che i giornalisti non sono tenuti a osservare la segretezza di un documento o di un atto pubblico come invece può esserlo un pubblico ufficiale, un cancelliere, un magistrato. Un giornalista ha altri doveri, quelli elencati dall’articolo 2 della legge istitutiva dell’Ordine dei Giornalisti (vedi) che, fra l’altro, estende agli editori il dovere di rispettare il segreto professionale dei giornalsiti.
Il problema è evidente e le violazioni che si ripetono lo ripropongono periodicamente.
Bisognerebbe cambiare la legge e dare linee guida aggiornate ai procuratori. Il nostro legislatore lascia da tempo irrisolto il problema, che era e rimane quello di garantire meglio la protezione delle riservatezza delle fonti da cui i giornalisti attingono le loro informazioni, di proteggerle anche dal facile ricorso a indagini invasive che danneggiano gravemente il lavoro e la credibilità del giornalista.
La professoressa Marina Castellaneta ha dedicato un articolo alla questione, ricordandoci un aspetto fondamentale: il diritto alla riservatezza delle fonti fiduciarie dei giornalisti è affermata anche dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), un trattato internazionale mediante il quale gli Stati membri del Consiglio d’Europa (fra i quali l’Italia) garantiscono la protezione dei diritti fondamentali civili e politici, e fra essi la protezione delle fonti riservate dei giornalisti. La Convenzione è stata firmata a Roma il 4 novembre 1950 ed è entrata in vigore nel 1953. L’Italia l’ha ratificata con la legge 4 agosto 1955 n. 848.
Sulle violazioni degli obblighi a cui gli Stati firmatari sono tenuti vigila la Corte europea dei diritti dell’Uomo. Lo scorso novembre, una sentenza di questa Corte (vedi Csikos contro Ungheria, ricorso n. 31091/16, KLAUDIA CSIKÓS v. HUNGARY), ha riaffermato che non garantire la protezione delle fonti dei giornalisti è una violazione della Convenzione passibile di sanzione. ASP
LEGGI:
L’articolo di Marina Castellaneta
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