Report, i giornalisti e il debole scudo del segreto professionale
In altri paesi questa fondamentale prerogativa dei cronisti ha maggior protezione e meno facili deroghe
OSSIGENO 2 dicembre 2022 – Ha suscitato forti proteste delle organizzazioni dei giornalisti la decisione della procura della Repubblica di Roma di acquisire i tabulati telefonici di due giornalisti di Report, il programma di inchiesta della RAI: Sigfrido Ranucci, direttore e conduttore della trasmissione, e Giorgio Mottola, autore del servizio su un incontro in autostrada fra l’ex presidente del consiglio dei ministri Matteo Renzi e l’ex dirigente dei servizi segreti Marco Mancini. Dell’iniziativa giudiziaria ha dato notizia il quotidiano “il Domani” il 26 novembre 2022 (leggi qui).
L’acquisizione è avvenuta per identificare la fonte confidenziale della notizia, che Report aveva tenuto riservata. L’incontro, avvenuto nell’area di sosta di Fiano Romano, poco fuori Roma, il 23 dicembre 2020, era stato filmato da una donna (leggi qui), un’insegnante, che si trovava occasionalmente sul luogo e che aveva riconosciuto Matteo Renzi. Aveva inviato prima il video a un quotidiano e poi alla trasmissione di Rai 3 Report. L’identità della donna è stata sempre tutelata dai giornalisti di Report, che avevano pubblicato il video all’interno di “Babbi e spie”, servizio realizzato da Danilo Procaccianti e Giorgio Mottola, andato in onda il 3 maggio 2021 (vedi qui).
L’intervento della procura di Roma ha suscitato forti polemiche, perché viola il segreto professionale dei giornalisti e il loro impegno a proteggere l’identità delle fonti fiduciarie.
Stando a quanto dichiarato dai giornalisti, la procura non si sarebbe limitata ad acquisire i tabulati telefonici di Sigfrido Ranucci e di Giorgio Mottola ma avrebbe usato i tabulati per contattare i numero elencati allo scopo di identificare la fonte riservata. Questa iniziativa danneggia gravemente il lavoro giornalistico, compromettendo ogni futura collaborazione con chi fornisce informazioni delicate e vede svelata la propria identità a dispetto di quanto convenuto e protetto dalle norme penali sulla protezione del segreto professionale.
Dalle informazioni trapelate dall’inchiesta si è appreso che la fonte riservata sarebbe una donna di professione insegnante e che adesso rischia di essere rinviata a giudizio per diffusione di riprese e registrazioni fraudolente, reato per il quale sono previsti fino a quattro anni di reclusione.
L’Associazione Stampa Romana ha criticato l’operato della magistratura, sottolineando che fino a prova contraria, ciò che viene contestato a questa persona è pienamente legittimo, in quanto il senatore Matteo Renzi nel 2017 era e tutt’oggi è, un personaggio pubblico, ed è stato filmato in un contesto accessibile da chiunque, alla luce del sole.
Ossigeno esprime solidarietà ai giornalisti di Report e alla loro fonte fiduciaria di fronte all’ennesimo episodio di plateale violazione delle più elementari prerogative dei giornalisti, i quali certamente non sono al di sopra della legge, ma non possono neppure essere privati di tali prerogative senza che ricorrano giustificazioni di estrema gravità e senza l’intervento di un giudice terzo, come prevede il terzo comma dell’articolo 200 del Codice di Procedura penale. Questo episodio dimostra che in Italia la protezione del segreto professionale dei giornalisti è più debole che in altri paesi europei.
GB ASP
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