Rapporto Ossigeno. 2024/ 2a parte – In Italia piove sul bagnato. Vecchi e nuovi problemi

Questa seconda  parte del Rapporto Ossigeno analizza l’andamento delle minacce e intimidazioni rivolte nel 2024 in Italia agli operatori dell’informazione

OSSIGENO 20 marzo 2024 -In Italia piove sul bagnato. Nel 2024 è caduta sui giornalisti italiani una pioggia di minacce e intimidazioni, di gravi violazioni del diritto di informare e di essere informati. Questa pioggia incessante, rovinosa, ha limitato la libertà di informazione. Ha danneggiato direttamente migliaia di giornalisti, blogger difensori dei diritti civili. Ha danneggiato di conseguenza milioni di persone alle quali è stato negato il diritto di ricevere informazioni. Ha oscurato verità scomode, notizie, idee, opinioni che i cittadini avevano diritto di conoscere in quanto  di pubblico interesse e che invece gli aggressori hanno ostacolato con la violenza o abusando del diritto di querelare, per imporre arbitrariamente la loro censura. Nel 2024 gli abusi e le violenze compiute a questo scopo e documentati da Ossigeno sono stati 516. Hanno danneggiato direttamente altrettanti giornalisti, blogger, attivisti. Sono stati danneggiati con modi analoghi e allo stesso scopo anche molti altri di loro. Non è stato possibile documentarlo con altrettanta certezza.

Un mare molto pescoso

Il monitoraggio di Ossigeno pesca in un mare molto pescoso. Talmente pescoso che le quantità pescate aumentano con il numero delle barche da pesca e dei pescatori, come si è visto negli anni scorsi. Fra il 2006 e il 2024 questo monitoraggio  ha documentato 7555 gravi violazioni della libertà di stampa e di espressione commesse in Italia a danno di altrettanti giornalisti, blogger, esperti, attivisti. Di esse, 516 sono state commesse nel 2024. Le cifre non dicono che in ciascuno dei periodi indicati siano state commesse soltanto quelle violazioni. Dicono quante sono quelle che gli osservatori di Ossigeno sono stati capaci di “pescare”, di rilevare, accertare e rendere pubbliche. L’esperienza dice che se Ossigeno avesse potuto mettere in mare più barche avrebbe documentato molte più violazioni e che avrebbe potuto aiutare molti più minacciati, perché il suo monitoraggio serve anche a sapere subito chi sta rischiando di annegare, per correre a salvarlo.

La punta del’iceberg

Le 516 violazioni del 2024 e le  7039 violazioni del periodo precedente mostrano la “punta dell’iceberg”, la piccola parte visibile di questo fenomeno intimidatorio che come le grandi montagne di ghiaccio alla deriva nei mari glaciali, mostra solo una piccola parte della sua enorme massa. Il lavoro di Ossigeno valuta ogni anno le dimensioni di questo iceberg esplorandone la punta emergente e ricavandone informazioni precise e dettagliate che rende pubbliche. Diciotto anni di queste osservazioni hanno prodotto la documentazioni più ampia e completa e più ricca di dettagli fra quelle disponibili sulle intimidazioni minacce e ritorsioni che persone violente e prepotenti rivolgono a giornalisti, blogger, attivisti per impedire che pubblichino informazioni poco gradite. Questa documentazione ha permesso di conoscere questo fenomeno di cui si sapeva poco e si parlava ancora meno. La ricerca di ossigeno ha fatto sapere con buona approssimazione qual è la natura, la consistenza e la provenienza di questi atti intimidatori, quali sono le dinamiche ricorrenti, quali i reati e gli illeciti strumentali, quali sono le cause dell’impunità scandalosa che protegge gli aggressori, un’impunità pressoché totale, come è mutato il comportamento degli aggressori e delle vittime nel corso del tempo.

Aiutare chi subisce intimidazioni

Ossigeno raccoglie le informazioni con il lavoro volontario di professionisti esperti e di collaboratori che ricevono un equo compenso. Gli osservatori applicano una metodologia scientifica dichiarata, resa pubblica fin dal 2013. Le informazioni sono diffuse pubblicamente rispettando le regole e la deontologia del giornalismo. Scopo principale di questo monitoraggio delle limitazioni illecite della libertà di stampa e di espressione è conoscere tempestivamente le intimidazioni man mano che avvengono per avere la possibilità di aiutare chi ne è vittima. Le forme di aiuto e di supporto sono varie: interventi di supporto personale, attestazioni di solidarietà per rompere l’isolamento della vittima, consigli e pareri legali, copertura delle spese di difesa nei processi, legali. Svolgendo questa attività, Ossigeno sollecita tutti i soggetti che operano a sostegno della libertà di informazione a erogare interventi tampone analoghi finché il problema continuerà a manifestarsi nelle forme e nella misura attuali, creando ogni anno migliaia di vittime, colpendo persone che non hanno modo di difendersi come sarebbe necessario

La malattia endemica

Le limitazioni della libertà di espressione imposte con violenze, con azioni legali pretestuose sono consentite da leggi e procedure punitive e si propagano come le malattie contagiosa. Questa malattia ha radici storiche ed è ormai endemica. Miete migliaia di nuove vittime ogni anno e indebolisca la democrazia italiana. Le istituzioni pubbliche dovrebbero curarla ed estirparla. Invece  continuano a ignorarla. La politica preferisce mantenere in servizio i vecchi arnesi ereditati dal regime fascista (come il carcere per diffamazione e le procedure che colpevolizzano il pensiero critico) che la alimentano. Giornalisti ed editori non riescono fare fronte comune. La solidarietà verso i minacciati potrebbe vanificare l’effetto delle intimidazioni, ma questa solidarietà stenta. E le minacce proseguono, nelle forme consuete da tempo documentate e ogni anno con novità significative che accrescono la preoccupazione.  

Le principali novità del 2024

Ossigeno segnala:

  1. alcuni casi di cronisti fermati dalla polizia a Roma, Padova e Messina mentre seguivano manifestazioni di protesta
  2. diffamazione: citazioni per milioni di euro di danni e una condanna a 8 mesi di carcere
  3. mancati processi per calunnia nei confronti di querelanti che hanno agito con accuse false e temerarie
  4. l’uso di trojan e perquisizioni invasive per scoprire le fonti di giornalisti non indagati, come evidenziato dai casi di Paolo Orofino e Simone Innocenti
  5. nuove misure legislative che hanno ristretto il campo della cronaca giudiziaria
  6. l’oscuramento ‘automatico’ delle notizie dovuto a nuove norme sul diritto all’oblio
  7. la discesa in campo della presidente del consiglio a sostegno della finta riforma del regime della diffamazione a mezzo stampa all’esame del parlamento con misure che i giornalisti giudicano inadeguate e controproducenti
  8. il severo rapporto della Commissione Europea sullo stato di diritto, che ha contestato all’Italia una serie di inadempienze e ha rivolto precise raccomandazioni, finora ignorate dal governo
  9. il maggior ricorso di esponenti del governo a querele e a denunce per scoprire le fonti riservate dei giornalisti.
  10. oltre il 50% di SLAPP promosse da soggetti e istituzioni pubbliche
  11. la sottostima delle intimidazioni ai giornalisti italiani da parte degli osservatori nazionali e internazionali

Il fiume scorre

Per il resto, le intimidazioni, le minacce e le intimidazioni ai giornalisti sono proseguite come prima, con la stessa frequenza e ripetitività, hanno indebolito le voci critiche, hanno impoverito un mondo dell’informazione già afflitto da seri problemi. Gli effetti sono più ampiamente descritti in un’altra sezione di questo Rapporto.

Quale sia la situazione in Italia è chiaro da tempo: l’elevato numero di intimidazioni ai giornalisti e l’impunità di chi ne fa uso hanno radice nella sopravvivenza di leggi anacronistiche (ereditate dal regime fascista che non aveva alcun rispetto per la libertà di espressione e la sicurezza dei giornalisti) e in procedure giudiziarie svantaggiose per le vittime di queste intimidazioni.

Il lato buio

La parte di questo problema che rimane oscura, non documentabile, è molto grande. Per varie ragioni. La maggior parte delle vittime mantiene il silenzio, per timore di ulteriori ritorsioni, come chiunque subisce ricatti o estorsioni. Mancano dati ufficiali esaurienti. I centri di osservazione internazionali osservano solo in superficie e forniscono solo qualche fotogramma del drammatico film italiano, contribuendo così alla sottovalutazione del problema. L’unico centro pubblico di osservazione italiano, quello istituito presso il Ministero dell’Interno, conta solo le intimidazioni e le minacce risultanti da denunce formali presentate dai giornalisti aggrediti (nel 2024 sono state un quinto di quelle mostrate da Ossigeno). Occorrerebbero centri di osservazione indipendenti dal potere politico e dotati di risorse ben più adeguate per descrivere un fenomeno così vasto e radicato che riguarda le violazioni di diritti fondamentali. Lo hanno sottolineato più volte l’UNESCO e il Commissario dei diritti umani del Consiglio d’Europa, che hanno lodato il lavoro di mofnitaroggio svolto da Ossigeno per l’Informazione, indicandolo come un esempio da imitare, una  buona pratica da estendere in altri paesi.

La pressione intimidatoria

Le minacce e le intimidazioni si sono manifestate in tutti i mesi dell’anno e in tutte le regioni italiane. Il maggior numero di minacce e intimidazioni si è registrato in Veneto, Lazio e Umbria. La pressione intimidatoria più forte si è avuta in Liguria e Veneto.  La la maggior parte delle minacce è venuta da soggetti e istituzioni pubblici (26%) e per il resto dall’ambiente sociale (15%), dalla criminalità (13%). Alcuni settori dell’informazione sono particolarmente esposti a queste reazioni fuori misura. Ad esempio fra i cronisti sportivi che seguono il calcio si è registrato il 26% delle intimidazioni. Nel 2024 tre intimidazioni su quattro ( 76%) sono state attuate con azioni violente e per il resto (23 %) con azioni legali pretestuose (di cui il 50% con querele). Questa proporzione rovescia quella rilevata nel 2023.

Le SLAPP queste sconosciute

Alle intimidazioni realizzate con metodi violenti si sono sommati altrettanti tentativi di intimidazione per via legale. Si è trattato soprattutto di querele pretestuose, di citazioni per danni in relazione a accuse infondate di diffamazione a mezzo stampa e di perentorie diffide extragiudiziali. Tutte azioni legali che  secondo le recenti direttive europee costituiscono violazioni della libertà di espressione e sono configurabili come SLAPP (Cause strategiche per impedire la partecipazione pubblica), intimidazioni che meriterebbero più attenzione pubblica e alcune contromisure anche sul piano legislativo. Ossigeno ha pubblicato un dossier (SLAPP in Italia 2022-2024) che ne indica 132 registrate in Italia nel triennio 2022-2024 a danno di 290 giornalisti. Nel 2024 l’Unione Europea ha approvato una Direttiva (una legge europea) per contrastarne un piccola parte: quelle frontaliere, cioè che coinvolgono con procedure della giustizia civile contestualmente più di uno dei paesi membri, mentre quelle che riguardano un solo paese restano escluse. Prevedono contromisure che l’Italia dovrebbe applicare in modo estensivo, anche alle azioni legali promosse con procedimenti penali (querele) e anche se essi riguardano solo l’ITALIA

La tela di Penelope

In parlamento giace da trent’anni un disegno di legge che ha lo scopo dichiarato di eliminare il troppo facile e molto diffuso abuso del diritto di querelare per diffamazione a mezzo stampa, eliminando del tutto la pena del carcere e correggendo quelle procedure punitive che costringono chiunque sia querelato ad affrontare un processo giudiziario (e le relative spese) anche se le accuse sono false e infondate e le notizie sono vere e di interesse pubblico,. Questo disegno di legge è una tela di Penelope, tessuta di giorno e disfatta ogni notte, in modo da poterla esibire incompleta come come scusante. Nel 2024 il progetto di legge non ha fatto alcun passo avanti mentre altre migliaia di nuove querele hanno raggiunto gli uffici giudiziari. Come avviene da molti anni fare il loro corso, come dimostrano dati ufficiali del Ministero della Giustizia. Leggi il dossier di Ossigeno Taci o ti querelo! pubblicato il 25/10/2016 e la sintesi dei dati contenuti nel dossier.

I casi visibili e quelli invisibili

Pochi episodi hanno avuto attenzione dai giornali e dai notiziari radiotelevisive. Come negli anni scorsi, soltanto alcune sono state riferite con grande risalto. Fra esse, la perquisizione giudiziaria al giornalista Simone Innocenti, la condanna a otto mesi di carcere del giornalista Pasquale Napolitano vedi , il caso del giornalista Andrea Joly, picchiato a Torino da estremisti di estrema destra. Molta attenzione mediatica ha avuto anche la vicenda dello scrittore Antonio Scurati e della giornalista Serena Bortone, censurati dalla RAI (l’azienda che gestisce il servizio radiotelevisivo pubblico) che ha impedito la messa in onda delle critiche rivolte da Scurati alla presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni. Grande copertura hanno avuto anche vicende di intimidazioni a giornalisti di grande notorietà. Moltissime altre vicende di giornalisti minacciati avrebbero meritano la stessa attenzione e invece inspiegabilmente non sono arrivate sui giornali.

Lo scudo della visibilità

Il silenzio mediatico sulle minacce ai giornalisti ha conseguenze negative. E’ accertato che i giornalisti e blogger colpiti da intimidazioni e minacce riescono a difendersi e a resistere meglio se hanno visibilità pubblica e mediatica. Eppure molti di loro nel 2024 (come negli anni precedenti) si sono trovati ad affrontare queste vicende in silenzio, in completo isolamento. Per dare visibilità ai minacciati in Italia Ossigeno ha reso note le vicende di ciascuno di essi man mano che ne accertava la fondatezza. Ha fatto lo stesso negli anni precedenti per gli altri 7039 minacciati (vedi www.ossigeno.info). Fare sapere tempestivamente che un giornalista è stato minacciato, intimidito, querelato pretestuosamente, fare sapere che è tenuto ingiustamente sotto tiro da qualcuno, è la prima cosa che si dovrebbe fare. Dovrebbero assicuralo le istituzioni pubbliche creando un portale sull’esempio della Piattaforma del Consiglio d’Europa per la protezione dei giornalisti. Dovrebbe farlo  il mondo dell’informazione. Dovrebbero farlo le organizzazioni che difendono la libertà di stampa. Si dovrebbe fare sempre, sistematicamente. Sarebbe un formidabile aiuto a tutte le vittime di censure e di altre analoghe prepotenze.

Conoscere le regole

Un’altra attesa che rimane ancora delusa riguarda la formazione di base di tutti coloro che diffondono informazioni in rete, nell’etere e sui giornali di carta. Tutti dovrebbero conoscere bene il recinto elle norme legislative ed etiche entro cui si può svolgere questa attività. Sono regole complesse ma facili da capire. Facili quanto le norme della circolazione stradale o i regolamenti del calcio. Conoscerle bene e meglio di scoprirle quando si è ricevuto un reclamo, una protesta, una minaccia, un’intimidazione, una querela pretestuosa, come spesso accade. Conoscere le regole aiuta a muoversi meglio e anche a difendersi in caso contestazioni e di intimidazioni.  Per questo Ossigeno in collaborazione con l’Ordine dei Giornalisti organizza dei corsi di formazione che non sostituiscono  le scuole di giornalismo ma insegnano a circolare per le vie dell’informazione con la propria auto senza fare danni. Inoltre nel 2024

Ossigeno ha dato consigli e consulenze gratuite, ha fornito assistenza da pari a pari (da parte di giornalisti esperti) e da parte di legali specializzati nel diritto di informazione. In 13 casi ha fornito assistenza legale gratuita per affrontare procedimenti legali che sono stati considerati pretestuosi, temerari, infondati.

Assistenza legale per le querele pretestuose

In Italia chi è querelato per diffamazione a mezzo stampa o citato per danni da diffamazione deve sostenere considerevoli spese anche a fronte di accuse infondate o temerarie, a causa di querele che dovrebbero essere inammissibili. Il diritto del cittadino di rivolgersi a un giudice accusando una persona di averlo diffamato è sacrosanto, ma non dovrebbe includere, come avviene oggi, la certezza che in ogni caso per ogni querela sarà aperto un procedimento giudiziario contro quell’accusato chiamandolo a nominare (e pagare) un difensore. In altri paesi le querele passano attraverso filtri di ammissibilità, proprio per impedire che il diritto di chiedere giustizia possa essere strumentalizzato, trasformato in uno strumento punitivo prima che un giudice si sia pronunciato. In altri paesi denunce legali ben più motivate di quelle che in Italia danno vita a regolari processi per diffamazione sono sanzionate per la loro temerarietà. In Italia le querele  per diffamazione sono spesso strumento di un uso scorretto della giustizia, per fare subire l’angoscia e i costi di un processo a chi ha semplicemente pubblicato notizie sgradite, a chi ha espresso idee e opinioni non condivise, a chi in tutta evidenza non ha commesso nessun reato e nessun illecito. I dati italiani sull’esito dei processi per diffamazione a mezzo stampa dato la misura dell’enorme uso strumentale che se ne fa. Questi dati dicono che 9 volte su 10 i querelati vengono prosciolti, poche volte ottengono il rimborso delle spese sostenute e ciò danneggia i cronisti italiani che non hanno copertura di queste spese da parte del loro editore, cioè la gran parte di loro. Il parlamento lo sa bene e  da trent’anni promette di riformare la legge. Finché il parlamento non avrà approvato questa riforma sarà necessario sostenere  i cronisti querelati pretestuosamente aiutandoli a sostenere le spese legali, che in proporzione alle basse paghe della maggioranza dei giornalisti italiani sono considerevoli. Ossigeno offre questa assistenza a costo gratuito attraverso il suo Sportello Legale, che nel 2024 ha fornito questo servizio a 13 giornalisti e blogger

 

La libertà di stampa “parziale”

Solo da pochi anni l’opinione pubblica ha cominciato a prendere coscienza del problema delle intimidazioni e minacce ai giornalisti e della frequente limitazione della libertà di espressione, delle dimensioni e delle conseguenze del problema. L’attenzione cominciò a crescere intorno al 2006, in seguito ad alcune eclatanti minacce ai giornalisti italiani e alle iniziative del governo guidato da Silvio Berlusconi. Questi fatti suscitarono l’interesse degli osservatori internazionali. Freedom House e Reporter sans Frontieres, i più accreditati centri di osservazione sulla libertà di stampa, basandosi su pareri di esperti italiani, nei loro rapporti annuali cominciarono a classificare la libertà di stampa dell’ Italia “parzialmente libera”, meno liberà di quella degli altri paesi dell’Unione Europea. Nel tempo, questa diagnosi mortificante è migliorata solo in parte. Negli anni successivi le massime istituzioni multilaterali (ONU, OSCE, Consiglio d’Europa, UNESCO, Unione Europea) rivolsero alle autorità italiane ripetute raccomandazioni formali, invitandole a risolvere manchevolezze, a colmare lacune, a superare una serie di inadempienze, a rispettare gli obblighi previsti in questo campo dai Trattati sottoscritti dall’Italia, in particolare due Convenzioni ONU del 1996 (quella sui diritti civili e politici e quella sui diritti economici, sociali e culturali), e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea che dal 1º dicembre 2009, con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, ha valore legale vincolante per i Paesi UE.

Dicevano: c’è fin troppa libertà di stampa

Le autorità italiane hanno sempre ignorato le raccomandazioni e le diagnosi dei rapporti internazionali, con una sola eccezione. Nel 2010, quando Freedom House piazzò l’Italia al 72esimo posto nella graduatoria dei 180 paesi del mondo in fatto di libertà di stampa, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi – allora oggetto di forti contestazioni per i conflitti d’interesse nel campo dell’informazione e per i tentativi di limitare l’uso delle intercettazioni da parte dei giudici e la pubblicazione del contenuto – confutò  apertamente il giudizio negativo sull’Italia, con queste parole: «Se c’è una cosa che è sotto gli occhi di tutti» è che in Italia «c’è fin troppa libertà di stampa».

Il viaggio di Ossigeno e la scoperta delle querele pretestuose

Nel 2007 , di fronte a questi atteggiamenti e ad alcune clamorose minacce, l’Associazione Ossigeno per l’Informazione cominciò a documentare le minacce ai giornalisti, una per una, e a diffondere notizie oggettive e analisi su di esse, facendo conoscere con l’evidenza dei fatti i veri termini della questione complessiva dell’uso delle intimidazioni allo scopo di impedire la pubblicazione di notizie sgradite alla criminalità organizzata o al potere politico ed economico. Le querele pretestuose erano moltissime, ma la sistematicità di questi abusi era ancora poco nota, anche all’interno del modo dell’informazione. Il lavoro di Ossigeno, mostrandone la natura, la dimensione, il carattere sistematico con moltissimi esempi, lo portò alla luce. Mostrò il paradosso italiano delle migliaia di intimidazioni rivolte ai giornalisti attraverso le querele pretestuose. Mostrò che le istituzioni internazionali attribuivano un carattere intimidatorio di carattere generale alle norme de codice che prevedono il carcere per i giornalisti colpevoli di diffamazione a mezzo stampa e alla legge sulla stampa del 1948 che ne prevede l’applicazione in forma aggravata. Fino allora la questione non erano entrata nel dibattito pubblico.

Era un  continente inesplorato

Le notizie di Ossigeno e i rapporti periodici realizzati dal 2010 in poi hanno esplorato “il continente inesplorato” popolato da migliaia di vittime invisibili: giornalisti in gravi difficoltà per aver pubblicato notizie scomode per il potere. Questa documentazione ha acceso la luce su tutti gli aspetti del problema e (sia pure in parte) ha rotto il grande silenzio imperante. Ha messo fine ai tentativi (allora plateali e ricorrenti) di negare il problema dicendo che queste brutte cose non accadono in Italia. I Rapporti di Ossigeno o il modo di parlare del problema. Ma non lo hanno risolto. Hanno promosso una maggiore consapevolezza anche fra le organizzazioni dei giornalisti. Hanno aiutato migliaia di giornalisti minacciati a rompere l’isolamento, a trovare solidarietà e assistenza legale. Hanno promosso la solidarietà fra i giornalisti. Con migliaia di esempi Ossigeno  ha mostrato l’importanza di valutare oggettivamente la correttezza dell’operato di ogni giornalista minacciato, di giudicare i comportamenti solo in base al rispetto dei doveri deontologici e non in base agli orientamenti politici e ideologico o all’editore per cui lavora. 

La solidarietà stentata

La solidarietà professionale ha fatto molti passi avanti in questa direzione. Rimane il fatto che molti giornalisti e osservatori ancora non riescono a guardare le cose con questi occhi. Ciò spiega perché molti giornalisti minacciati non trovano la solidarietà piena ed effettiva che meriterebbero. Pesano decenni di informazione faziosa, estremamente politicizzata, dei giornali divisi dalle barriere ideologiche.  Dal 1989 il mondo non è più diviso dalla Cortina di Ferro. Ma certi criteri di quell’epoca continuano a pesare e a influire sui comportamenti.

 Quando i blocchi contrapposti dividevano i giornalisti

Anche la società italiana fino alla caduta del Muro di Berlino (9 novembre 1989 è stata divisa in due blocchi contrapposti). La vita politica e i i giornali erano divisi da quel Muro e per lavorare i giornalisti dovevano schierarsi da una parte o dall’altra. Questo li portava a giudicare ogni cosa e ogni persona in base allo schema politico-ideologico. Anche le minacce ai giornalisti venivano valutate con quel metro. Un giornale difendeva i suoi giornalisti e quelli amici, soltanto loro. Era difficile concepire l’informazione come un diritto da esercitare con regole etiche oggettive. Ed era era alta la tolleranza per le pressioni indebite esercitate sui giornalisti dal potere e dalla magistratura. Plateali ingerenze nella libertà di stampa, nel diritto di cronaca, nella libertà di espressione che oggi sollevano critiche e proteste erano considerate espressione della dialettica politica, complicazioni ineliminabile di cui tenere conto e da trattare con tatto e prudenza. In quel mondo, la vittima di queste ingerenze poteva essere difesa soltanto dai suoi compagni di schieramento. Le valutazioni deontologiche, il merito dei fatti, valevano poco. Era normale deridere e isolare le vittime appartenenti allo schieramento opposto.  spesso colpevolizzate dai loro stessi colleghi. Questi criteri valevano anche per quelle azioni legali punitive che allora non avevano nome, quelle battezzate da Ossigeno come querele pretestuose. Nonostante fossero numerose e si fossero verificati episodi clamorosi – come nel 2001 la condanna di Claudio Riolo  a pagare un risarcimento di 140 milioni di lire, condanna successivamente censurata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo – il mondo dell’informazione non aveva consapevolezza del sistematico uso pretestuoso che si faceva delle querele e delle cause per diffamazione. Non si vedeva ancora che era un’attività sistematica e aveva radici in leggi anacronistiche e nell’uso scorretto, strumentale, della giustizia. Né si immaginava che mieteva migliaia di vittime incolpevoli.

Il problema che non c’era

Le intimidazioni erano molte, crescevano di numero, ma non erano percepite come la manifestazione di uno stesso fenomeno, che aveva tutte l’obiettivo di limitare il diritto di cronaca e di opinione violando o forzando la legge. Pochi episodi si venivano a sapere. Molti taciuti, minimizzati, giustificati dalla lotta politica. Altri episodi venivano alla luce, ma erano presentati come eventi sporadici, come reazioni a gesti estremi deii giornalisti , alla loro faziosità. Pochi giornalisti ottenevano solidarietà  dalle loro organizzazioni di categoria. In 20 casi nel 2006, in altri 20 nel 2007.

Il lavoro di documentazione di Ossigeno per l’Informazione destò l’attenzione ha creato una maggiore consapevolezza e visibilità del problema, anche fra i giornalisti e le loro organizzazioni. I primi rapporti sulle minacce ai giornalisti, consegnati al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel 2009 e nel 2012 fecero sensazione. Quei rapporti documentavano centinaia di episodi, indicavano i nomi delle vittime, le dinamiche ricorrenti, il radicamento in leggi e procedure punitive. Il dato quantitativo espresso in quei rapporti oggi appare piccolo. Allora fu sorprendente e creò un’attenzione inedita per il problema.

Le minacce mafiose

I giornalisti  provavano un grande senso di frustrazione. Lo  avvertivano soprattutto quelli impegnati nel lavoro di cronaca e di inchiesta, quelli che raccontavano i fatti con professionalità e coraggio, rispettando le regole del diritto di informazione e subivano minacce e ritorsioni rispetto alle quali alcuni non trovavano l’appoggio e la solidarietà necessari per resistere e andare avanti. Occorre ricordare che dal 1960 al 1988 erano stati uccisi in Italia 11 giornalisti (8 in Sicilia, uno a Napoli, uno a Torino, uno a Milano). Gli ultimi erano stati  Giancarlo Siani (1985), Mauro Rostagno (1988), Beppe Alfano (1993). Vedi www.giornalistiuccisi.it

Nel 2007 la frustrazione dei cronisti raggiunse il picco quando Lirio Abbate, Rosaria Capacchione e Roberto Saviano, tre giornalisti molto noti e apprezzati per le loro cronache, furono minacciati di morte dalla criminalità mafiosa e camorristica e furono messi sotto scorta permanente. La questione della sicurezza dei giornalisti fu al centro del congresso nazionale della FNSI che accolse con entusiasmo la proposta di sostenere la creazione l’osservatorio di Ossigeno sulle minacce ai giornalisti e le notizie oscurate con la violenza, proposta sottoscritta subito dopo dal consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti.

L’anagrafe dei giornalisti minacciati

In pochi anni Ossigeno ha prodotto una imponente documentazione oggettiva del fenomeno delle minacce alla libertà di informazione, rilevando e studiando gli episodi più significativi e rendendoli noti sul web con articoli di qualità giornalistica, analisi e commenti. Questo lavoro ha creato  una vera e propria anagrafe dei giornalisti minacciati in Italia. Una enciclopedia che per ogni episodio indica i nomi dei minacciati, descrizione le violenze e gli abusi subiti in palese violazione del diritto di informazione e analizzando l’evoluzione temporale del fenomeno, con rapporti periodici, convegni e lezioni di deontologia dell’informazione. La lista contenuta in questa anagrafe, si è allungata anno dopo anno, raggiungendo nel 2024 quota 7555 nomi.  Questa anagrafe offre la prova che fra i seri problemi che affliggono l’ Italia c’è quello delle  minacce rivolte ai giornalisti il relazione al loro lavoro, per aver pubblicato notizie scomode per il potere. Questo problema é letteralmente il più drammatico. Aiuta a mettersi nei panni di un minacciato. Fa capire che queste minacce mettono a rischio la sicurezza personale  familiare e delle aziende editoriali e anche la loro sostenibilità economica, possono render difficile proseguire l’attività giornalistica come prima, perché in molti casi bisogna affrontare delle spese, spesso di tasca propria, ma anche soprattutto perché gli altri tendono a isolare il giornalista minacciato, a trattarlo come un appestato. Pochi riconoscono la sua condizione di vittima incolpevole. Molti pensano che qualche colpa deve pur averla. Altri prendono le distanze dicendo: ma chi glielo faceva fare? Non avrebbe dovuto pubblicare quelle cose e in sostanza elogiano l’autocensura che l’antitesi del diritto di cronaca e della libertà di espressione.

Il diritto ignorato

Come si spiega la disattenzione e la sottovalutazione di un problema di queste proporzioni? Questi atteggiamenti trovano spiegazione, almeno in parte, nella scarsa conoscenza delle basi giuridiche che difendono la libertà di espressione e classificano l’informazione come un diritto.  Pochi conoscono questo diritto. Molti lo per sommi capi. Ignorano che esso permette di manifestare liberamente il proprio pensiero, anche in forma critica, e di fare liberamente la cronaca dei fatti senza subire censure e ritorsioni, anche dei fatti più controversi, anche di quelli che fanno apparire in cattiva luce persone dotate di potere e di capacità di influenza. Questa ignoranza impedisce di vedere queste intimidazioni e minacce come violazioni che danneggiano anche loro, anche se direttamente colpiscono giornalisti, blogger, attivisti che si espongono pubblicando verità e opinioni scomode, non gradite. Se questo diritto fosse conosciuto le minacce e le intimidazioni che lo ostacolano sarebbero ostacolate da un vasto fronte e le richieste di contrastarle con misure legislative e di altro genere peserebbero sul confronto politico. Invece nel 2o24 il problema ha continuato a manifestarsi indisturbato, come nel passato, con gravi conseguenze e anche con modalità nuove e più preoccupanti,  una chiara percezione della gravità del fenomeno e dei suoi cambiamenti.

(A cura di Alberto Spampinato)

Questo parte del Rapporto Ossigeno 2024 analizza i risultati del monitoraggio delle minacce e intimidazioni rivolte nel 2024 in Italia agli operatori dell’informazione con atti di violenza, azioni legali pretestuose, discriminazioni, abusi ognuno dei quali è una violazione della libertà di stampa e di espressione. L’associazione di volontariato Ossigeno per l’Informazione svolge con continuità il monitoraggio di questi episodi dal 2006, segnalandoli pubblicamente dopo averne accertato la fondatezza, con notizie pubblicate sul sito istituzionale www.ossigeno.info e analizzandoli. A questo indirizzo si possono consultare i precedenti RAPPORTI PERIODICI 

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