Quando il padrone di casa insulta un giornalista che cosa possiamo fare
Riflessioni e pareri su due episodi recenti che hanno avuto come protagonisti il presidente della Sampdoria Massimo Ferrero e il procuratore sportivo Carmine Raiola
OSSIGENO 20 luglio 2021 – Non accade spesso, per fortuna, ma accade, che il padrone di casa o uno degli organizzatori di una conferenza stampa o di un diverso incontro pubblico insulti un giornalista pubblicamente, in presenza di altri giornalisti. Che cosa conviene fare in questi casi? Che cosa potremmo fare se accadesse davanti a noi? Ci poniamo la questione prendendo spunto da due episodi recenti che riguardano il vivace mondo della cronaca sportiva. Il caso più recente ha visto Massimo Ferrero, patron della Sampdoria, noto anche per i suoi eccessi verbali, all’attacco. L’altro episodio riguarda invece un recente sviluppo della lite giudiziaria di Paola Ferrari con il procuratore sportivo, Carmine Raiola.
Vediamo come si sono svolti i fatti.
A GENOVA, il 6 luglio 2021, nel corso della presentazione alla stampa del nuovo allenatore dei blucerchiati, Massimo Ferrero, presidente della Sampdoria, società di calcio di serie A, si è scusato con il giornalista Renzo Parodi e con tutti i presenti alla conferenza stampa. Poco prima si era lasciato andare apostrofando in tono insultante e minaccioso il cronista Renzo Parodi, giornalista in pensione ma attivo cronista sportivo per varie testate. Quel giorno Renzo Parodi ha rivolto una domanda al presidente della Sampdoria. Riguardava le voci di un imminente cessione della società (leggi). Massimo Ferrero non ha gradito. Ha reagito puntando il dito contro il giornalista, accusandolo di scrivere sciocchezze (ha usato un’altra parola più colorita) e falsità, di essere un buffone e di cercare da anni di farsi pubblicità a spese della Sampdoria. Renzo Parodi ha reagito chiedendo a Massimo Ferrero di ritirare ciò che aveva detto e le sue scuse. Quando si stava arrivando a ordinare l’allontanamento di Renzo Parodi dalla sala, Marco Bisacchi, consigliere dell’Ussi per la Liguria, è intervenuto per calmare gli animi. Ha invitato il presidente Ferrero a moderarsi e a chiedere scusa. Le scuse sono arrivate e la conferenza stampa è andata avanti. Renzo Parodi ha avuto solidarietà dall’Ussi (Unione stampa sportiva italiana) e dal Gruppo Ligure Giornalisti Sportivi. L’incidente si è chiuso così.
A ROMA invece nel 2017, durante un’altra conferenza stampa, quando il procuratore sportivo Carmine Raiola ha fatto commenti pesanti su Paola Ferrari, giornalista sportiva della Rai, nessuno è intervenuto per difenderla. Lei ha reagito con una citazione per diffamazione chiedendo 5 milioni di euro di danni. Nei giorni scorsi il Tribunale di Roma ha rigettato la richiesta della giornalista. Durante la conferenza stampa (leggi qui) convocata ad hoc, il noto procuratore aveva replicato al tweet con il quale la giornalista aveva criticato Gigio Donnarumma, il giovane portiere del Milan di cui Carmine Raiola cura gli interessi. Durante la conferenza stampa Carmine Raiola ha mandato Paola Ferrari a quel paese, accusandola di scarsa credibilità in quanto moglie di un imprenditore pieno di soldi. In quella occasione nessuno fra i presenti prese le difese della giornalista per ridimensionare l’incidente a fronte di accuse che ai primi di luglio del 2021 Tribunale di Roma ha ritenuto non diffamatorie ma triviali. La causa proseguirà in appello, perché Paola Ferrari, ha annunciato che farà ricorso in appello.
OSSIGENO – Che cosa ci dicono queste due vicende? Sentiamo il parere del direttore di Ossigeno per l’Informazione, Alberto Spampinato: “Il caso Raiola-Ferrari conferma innanzitutto che le cause per diffamazione – afferma Alberto Spampinato – non sono lo strumento più certo ed efficace per tutelare la propria reputazione e per riparare un’offesa. Certamente molte volte non si hanno altre alternative ma l’alternativa c’è quando si ha la solidarietà degli altri, come dice il caso Ferrero-Parodi. In questi casi dobbiamo cercare di avere subito le scuse di chi ci ha fatto torto, perché così la nostra reputazione viene restaurata all’istante e pienamente. Ma, per l’appunto, ci vuole la solidarietà degli altri, innanzitutto di chi fa lo stesso lavoro, di chi può immedesimarsi, e ci vuole anche un paciere. Certamente ci vorrebbe anche dell’altro. Ma con queste due cose saremmo già a metà dell’opera, forse anche più avanti. Sappiamo bene che per avere sistematicamente comportamenti come quelli che auspichiamo occorrerebbe un maggiore spirito di solidarietà fra colleghi e anche un po’ di coraggio in più, perché in molti casi bisogna mettersi contro persone potenti che potrebbero prendersela anche con noi. Ma è anche vero che chi difende un collega sotto tiro, oggetto di attacchi ingiustificabili, difende anche il proprio lavoro. LT-GB
(hanno collaborato Laura Turriziani e Giacomo Bertoni)
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