Un giornalista querelato e prosciolto chiede se può contro-denunciare
OSSIGENO – 24 settembre 2020 – Il caso prospettato dal giornalista Tommaso Nelli a Pisa durante il corso di formazione di Ossigeno in collaborazione con Odg Toscana
Mi chiamo Tommaso Nelli, sono iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Toscana (albo pubblicisti) e attualmente opero come freelance, collaborando con “Articolo21“, “GiocoPulito” e la Ford di Torino come addetto stampa. All’attivo ho anche una collaborazione con “Cronaca&Dossier” e sono autore del libro-inchiesta “Atto di Dolore“, dedicato alla vicenda di Emanuela Orlandi.
Vengo a scriverLe a pochi giorni dalla presenza al corso per la formazione professionale continua, intitolato “Rettifiche e diffamazione. Una prassi positiva per assolvere diritti e doveri” che si è tenuto venerdì 18 settembre alle “Officine Garibaldi” di Pisa. Un evento interessante per i temi affrontati, relativi ad alcune tra le varie problematiche della nostra professione e che mi spinge a raccontarLe l’episodio che mi ha visto, mio malgrado, protagonista con l’auspicio che possa essere interessante per gli studi dell’osservatorio da Lei diretto.
Collaboro con “GiocoPulito” dal maggio 2016. Il 20 luglio dello stesso anno veniva pubblicato l’articolo https://giocopulito.it/la-lazio-emanuela-orlandi-quattro-lettere-e-una-domanda-perche/ . A metà novembre mi scrivono dalla redazione dicendo che era arrivata una querela nei miei confronti. A presentarla, a metà settembre, il figlio di una persona menzionata nel pezzo. Sosteneva che avevo offeso la memoria del padre scomparso. A inizio febbraio 2017 ero convocato dalla Questura di Pisa per l’elezione del domicilio legale. Risparmio i dettagli dell’incontro, dove i due ufficiali mi facevano capire che ero destinato a un sicuro processo e a una quasi inevitabile condanna, e proseguo con i fatti. Il pm non mi ha mai convocato. Io non ho più ricevuto alcuna comunicazione, nel frattempo l’avvocato mi ha spiegato che questa è la prassi perché gli aggiornamenti sull’evoluzione delle indagini arrivano soltanto alla parte che si è sentita offesa, e dopo oltre un anno dai fatti, contraddistinti anche da traversie lavorative non proprio piacevoli (e dalla distanza tra Pisa, dove vivo, e Roma, dove era stata presentata la querela), apprendevo che già nel mese di marzo 2017 il pm aveva chiesto l’archiviazione del procedimento, poi decretata dal GIP il 5 dicembre dello stesso anno. Come scritto negli atti, che ho richiesto poiché “incuriosito” dal conoscere i motivi che potevano fare di me un pericolo per l’informazione, quest’ultimo non aggiungeva altro a quanto scritto nella richiesta di archiviazione: “Non è configurabile nel caso di specie il reato di diffamazione difettandone sia l’elemento oggettivo sia quello soggettivo non rinvenendosi nelle frasi riportate alcuna valenza diffamatoria”.
E’ stata la prima volta che mi sono trovato ad affrontare una situazione del genere e non ho problemi a dire che sia stata abbastanza sgradevole. Fin da quando ho appreso la notizia della querela, l’ho vissuta come una volontà, da parte del querelante, di provare a estorcermi denaro ricorrendo a motivazioni a dir poco risibili. Anche un ragazzino della scuola media avrebbe capito l’inesistenza della benché minima offesa all’interno dell’articolo. Ma soprattutto, prima di procedere per le vie legali, perché non chiedere la rettifica? Essere entrati invece così a gamba tesa nei miei confronti, metafora quanto mai pertinente visto che stiamo parlando di calcio, è stata un’azione per farmi del male. Come quando s’interviene in maniera fallosa e con vigoria sproporzionata su un giocatore durante una partita. A me è andata bene, anche perché ho trovato un pm intelligente, ma penso: e se io, o qualcun altro, si trovasse al cospetto di un magistrato che, per le più disparate ragioni, dovesse chiedere il rinvio a giudizio per un episodio del genere? Ok, magari l’indagato poi imputato viene assolto con formula piena, però intanto deve sostenere le spese legali per un processo e, soprattutto, vivere una condizione psicologica pesante perché del tutto priva di senso. Doveroso quindi mantenere alta la guardia sulle querele temerarie e non dare tregua al Parlamento affinché sia approvata una legge che eviti ai giornalisti di essere come tanti “giudici ragazzini”, esposti senza alcuna protezione al piombo del primo che passa come accadde al giudice Rosario Livatino, del quale ieri ricorreva l’uccisione. Certe situazioni sono inammissibili anche perché ci lasciano senza ben poche possibilità di rifarsi anche in un secondo momento. Perché se è vero, come avete risposto venerdì alla mia domanda sulle nostre tutele, che si può controdenunciare per calunnia, chiedo: quanto tempo abbiamo per farlo (presumo che prima si faccia e meglio sia)? E soprattutto: è possibile dimostrarla in casi come il mio? Grazie per la cortese attenzione e soprattutto per il vostro instancabile impegno. Tommaso Nelli
ASP
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