Puglia. Condannato a pagare spese legali il banchiere che voleva 50mila € da Repubblica
Nel 2019 Vincenzo De Bustis Figarola (Popolare di Bari) aveva fatto causa a Carlo Bonini e Giuliano Foschini accusandoli di falsità. Il tribunale gli ha dato torto
OSSIGENO 27 maggio 2022 – Il Tribunale civile di Roma ha respinto la richiesta di risarcimento danni dell’ex direttore generale della Banca Popolare di Bari, Vincenzo De Bustis Figarola, che aveva chiesto 50 mila euro al quotidiano “La Repubblica”. Invece dovrà versare 10 mila euro al giornale e ai giornalisti accusati per pagare le loro spese di giudizio.
Il banchiere aveva citato per danni i giornalisti Giuliano Foschini e Carlo Bonini, il direttore del tempo Carlo Verdelli e il Gruppo editoriale GEDI in relazione al contenuto di un articolo pubblicato nel 2019, a suo giudizio diffamatorio e basato su notizie false. Vincenzo De Bustis Figarola, direttore generale dell’istituto bancario pugliese tra il 2011 e il 2015, aveva chiesto 50.000 euro.
Il 20 gennaio 2022 il giudice monocratico Damiana Colla ha emesso la sentenza riconoscendo la veridicità dei fatti narrati, l’interesse pubblico della vicenda e la continenza espositiva e ha condannato il promotore della causa a pagare le spese processuali, liquidate in complessivi euro 10.595,00 per compensi, oltre spese generali ed accessorie.
“L’unico commento possibile – ha dichiarato Giuliano Foschini a Ossigeno – è che, come sempre, alla fine vince soltanto il giornalismo”.
LA VICENDA – Il 19 luglio 2019 La Repubblica pubblica un articolo intitolato ‘Popolare Bari, l’aiuto del Governo ai vertici della banca sotto inchiesta’, nel quale gli autori, Giuliano Foschini e Carlo Bonini, ripercorrono la vicenda dell’istituto bancario ed esprimono un giudizio critico sulla sua situazione gestionale e finanziaria.
In quel momento i suoi organi apicali sono coinvolti in una indagine giudiziaria che porterà al commissariamento dell’istituto.
Vincenzo De Bustis Figarola reagisce accusando i giornalisti di diffamazione: l’articolo sarebbe a suo dire “basato su notizie false volte alla rappresentazione di un’immagine distorta del suo operato professionale” (gestione dissennata della banca da parte di un banchiere “dal passato burrascoso” e dedito ad attività dagli oscuri contenuti).
LA SENTENZA – il Tribunale, al contrario, ha ritenuto che «le notizie in esame sono del tutto corrispondenti al vero nel loro nucleo essenziale», con la conseguenza che «l’evidenziata conformità tra quanto riportato nell’articolo ed il contenuto degli atti e provvedimenti della magistratura inquirente (…) vale a confermare la piena liceità dello scritto…stante il suo innegabile coinvolgimento nell’ampia indagine della Procura di Bari in corso nel luglio del 2019». Anche le inesattezze rilevate nel testo non comportano diffamazione, «configurabile solo qualora quell’inesattezza trasformi il fatto da “vero” a “falso”».
SOLIDARIETA’ – Ossigeno esprime la solidarietà ai giornalisti e alla testata coinvolti in questa ennesima vicenda che conferma a quali incombenze giudiziarie deve sottostare chi racconta i fatti e ad esprime critiche e commenti sgraditi: in Italia anche chi rispetta la verità e la deontologia professionale finisce spesso in tribunale a difendersi da accuse false. “Se fossero in vigore le riforme legislative invocate da anni per punire chi abusa delle cause per diffamazione, – ha commentato il direttore di Ossigeno, Alberto Spampinato – questo banchiere avrebbe dovuto pagare ben più delle spese legali. Ma avrebbe dovuto pagare di più anche, più semplicemente, applicando alcune norme da tempo vigenti per punire le liti temerarie, norme che i nostri giudici applicano raramente. Ossigeno non si stanca di ricordare che mentre si invocano nuove norme bisogna anche chiedere di applicare anche quelle esistenti”. LT
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