Processo Rochelli. Pm chiede 17 anni di carcere per Vitaly Markiv
Ha elencato 15 elementi che proverebebro l’accusa di concorso in omicidio per il militare della Guardia Nazionale ucraina e ha chiesto di incriminare il suo superiore
Questa cronaca di Giacomo Bertoni è stata prodotta da Ossigeno per l’informazione in collaborazione con La Provincia Pavese, Unione Nazionale Cronisti Italiani, Ordine Giornalisti Lombardia per integrare le cronache dei media con un resoconto oggettivo, puntuale ed esauriente dello svolgimento del processo in corso al Tribunale di Pavia in cui è imputato il presunto responsabile dell’uccisione del fotororeporter italiano Andrea Rocchelli e del giornalista russo Andrey Mironov. Questo testo è stato pubblicato sul sito web ossigeno.info ed è stato inviato a Vienna al Rappresentante per la Libertà dei Media dell’Osce, che segue con attenzione la vicenda. Leggi qui i precedenti articoli
Diciassette anni di carcere per concorso in omicidio. È questa la pena chiesta dal Pm Andrea Zanoncelli per Vitaly Markiv, unico imputato per l’omicidio del fotoreporter italiano Andy Rocchelli, ucciso da colpi di arma da fuoco nel 2014 in Ucraina.
La richiesta è arrivata nell’udienza di venerdì 24 maggio 2019, al termine di una requisitoria durata oltre due ore e mezza, durante le quali il Pm Zanoncelli ha ricostruito i fatti allineando tutti gli elementi di accusa emersi durante il processo che proverebbero la colpevolezza del soldato italo-ucraino.
L’udienza, nell’aula della Corte d’Assise del tribunale di Pavia, si è svolta in una giornata che il Pm ha definito «triste per diversi motivi»: esattamente a cinque anni dalla morte di Andy Rocchelli. Per un gioco crudele del destino, il 24 maggio inoltre compie gli anni il figlio di Andy. Il Pm ha fatto una lunga e minuziosa ricostruzione degli elementi che proverebbero la colpevolezza di Markiv, elencandone 15.
«Abbiamo sentito parlare più volte dello stato di guerra, della pericolosità della zona. Nessuno – ha detto il
Pm Zanoncelli – mette in discussione questa circostanza. Ma Andy Rocchelli era un giornalista, ed é compito dei giornalisti cercare e raccontare cose nuove. Rocchelli si trovava lì per questo, per documentare, con le sue fotografie, la condotta aggressiva della polizia nei confronti dei manifestanti di Piazzale Maidan».
Il Pm ha ripreso poi le dichiarazioni dei periti balistici, i quali hanno evidenziato come Rocchelli sia stato ucciso da schegge di esplosivi e mortai. Ha citato le dichiarazioni dei soldati e dei generali della Guardia Nazionale, che hanno ammesso la presenza di mortai sulla collina Karachun, anche se hanno precisato che essi erano in uso all’esercito e non alla Guardia Nazionale, di cui faceva parte Markiv.
Il Pm ha riletto alcune dichiarazioni dell’unico sopravvissuto, il giornalista francese William Roguelon, che era con Andrea Rocchelli e ha raccontato la paura per i primi spari, la fuga in un vicino fosso, i colpi di mortaio che iniziano a cadere e infine di un gruppo di soldati filorussi che lo ha lasciato andare quando si è reso conto che egli era un giornalista.
Il rappresentante della pubblica accusa ha poi citato un elemento che a suo avviso sposta l’ago della bilancia verso la responsabilità della Guardia Nazionale ucraina. «Dicevano che i giornalisti che
facevano video e documentavano le violenze perpetrate contro la popolazione civile avevano rotto
le scatole. Per questo – ha detto il Pm – quando Markiv ha avvistato quell’auto, ritenendo che i
giornalisti fossero scomodi, ha dato il via all’azione di fuoco».
Il Pm ha anche annunciato di aver inoltrato alla Corte d’Assise di Pavia una richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di un ufficiale della guardia nazionale ucraina, il diretto superiore di Markiv. La documentazione su questa autorizzazione a procedere sarà trasmessa dalla Corte d’Assise alla Procura di Roma insieme alla sentenza, che dovrebbe essere emessa il 12 luglio prossimo.
Al termine dell’udienza, Elisa Signori e Rino Rocchelli, i genitori del fotoreporter, hanno commentato così la requisitoria: «Ammiriamo il grandissimo lavoro svolto dal Pm, le sue analisi di tutte le possibili ipotesi e la sua precisa ricostruzione, che noi troviamo plausibile. Noi non abbiamo mai cercato la vendetta. Ciò che ci importa è che sia ricostruita la verità. I giornalisti non possono essere fatti oggetto di violenze e di colpi di mortaio».
Più di trecento persone, compresi molti studenti delle scuole superiori, hanno partecipato alla camminata silenziosa dedicata ad Andy Rocchelli che si snodata per le strade della città durante la mattinata. L’iniziativa, dal titolo “Da barriere a ponti”, è stata promossa dagli amici di Andy. Alla camminata hanno partecipato rppresentati della Federazione nazionale della stampa e dell’Associazione lombarda dei giornalisti, parti civili nel processo.
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