Tutela legale. Perché Ossigeno assiste Concita De Gregorio
E’ un caso emblematico della paradossale situazione di numerosi giornalisti italiani che a causa di un vuoto legislativo perdono l’assistenza legale dell’editore
Negli ultimi sette anni, la giornalista Concita De Gregorio ha fronteggiato 53 procedimenti giudiziari con l’accusa di diffamazione a mezzo stampa per articoli pubblicati dal quotidiano l’Unità, il giornale del quale era direttore responsabile. Il contratto che regolava il suo rapporto di lavoro con l’editore prevedeva la manleva per lei e per gli altri giornalisti dipendenti, cioè il pagamento delle spese di giudizio e di eventuali sanzioni e risarcimenti danni stabiliti dalle sentenze. Ma durante lo svolgimento dei processi l’editore ha cessato l’attività e, incredibilmente, la clausola della manleva è svanita insieme a lui.
Si è scoperto che c’è un vuoto legislativo per evitare che ciò possa accadere e che non esiste un elementare fondo di garanzia per fare fronte a questa situazione. I giornalisti ai quali l’editore concede la manleva sono sempre meno. In questo frangente però neanche i giornalisti che hanno la copertura legale possono dormire sonni tranquilli. Camminano su un filo sottile che può spezzarsi e sotto non c’è una rete di protezione in grado di salvarli.
I procedimenti giudiziari a carico di Concita De Gregorio sono andati avanti lo stesso, anche senza l’editore, e lei – come hanno fatto altri suoi colleghi – ha dovuto difendersi in giudizio a proprie spese, sostenendo un peso enorme.
Concita De Gregorio avrebbe dovuto affrontare nelle stesse condizioni, a proprie spese, anche il nuovo processo che si aprirà il prossimo 19 novembre 2018: una causa penale in appello contro Mediaset (vedi i particolari in questo articolo) per un articolo di Marco Travaglio pubblicato nel 2008. Tre anni fa, il 9 marzo 2015, i giudici del Tribunale di Roma avevano assolto lei e Travaglio. Ma la controparte ha fatto appello.
Ossigeno per l’informazione considera il caso di Concita De Gregorio emblematico di questa paradossale situazione. In questi anni il Parlamento avrebbe dovuto colmare il vuoto legislativo e avrebbe avuto il tempo per farlo. Questo giudizio a carico di Concita De Gregorio ha un valore strategico al fine di riproporre una questione di giustizia: l’approvazione di quella modifica legislativa che numerose forze politiche nel 2015 si erano impegnate ad approvare a tamburo battente per fermare questo disastro che travolge decine di giornalisti e ha un effetto raggelante sull’esercizio della professione giornalistica e sulla libertà di stampa e, insieme ad essa, l’approvazione di altre norme che sono altrettanto dovute.
Perciò Ossigeno ha deciso di farsi carico delle spese di questo giudizio di appello in collaborazione con Media Legal Defence Initiative (MLDI) e ringrazia l’avv. Andrea Di Pietro che ha assunto la difesa.
Ossigeno è grato a Concita De Gregorio per avere accettato di aiutare l’Osservatorio a proporre pubblicamente la sua vicenda in tutti gli aspetti di interesse generale. Infatti, insieme al problema appena indicato, questa vicenda processuale ne ripropone altri non meno rilevanti legate alla professione giornalistica.
L’Unità era un giornale di opposizione
Concita De Gregorio è stata nominata direttore responsabile de l’Unità nel 2008. La sua direzione è terminata nel 2011. Erano gli anni in cui Silvio Berlusconi era potente, occupava posizioni di governo ed era bersaglio di molte critiche a causa del suo conflitto d’interessi l’Unità era ancora un giornale autorevole ed era il principale giornale di opposizione.
Durante il periodo di direzione, la De Gregorio – in quanto direttore responsabile – rispondeva legalmente per ogni articolo pubblicato e in questa veste è stata coinvolta in numerose cause civili e penali con l’accusa di diffamazione e/o omesso controllo. Per effetto del codice penale del 1930 e della legge del 1948 sulla stampa avere pagine e pagine di carichi pendenti e numerose citazioni in giudizi civili è il destino di ogni direttore di giornale. Per questo è stata bombardata da cause pretestuose, temerarie, volte a intimidire lei e il suo quotidiano, per conculcare il diritto di fornire ai lettori un giornalismo critico, non allineato.
Concita De Gregorio ha affrontato i processi, e in sede penale è stata assolta sempre. In sede civile, dove la parte che si sente offesa da un articolo giornalistico è libera di chiedere – come è accaduto a lei – anche tre milioni di euro di risarcimento del danno, ha vissuto il suo calvario giudiziario. Per prudenza, ha dovuto transigere cause che probabilmente avrebbe vinto in secondo grado. Lo ha fatto per evitare il rischio di un eventuale giudizio negativo, un rischio non eliminabile per definizione, considerando che i giudici avrebbero potuto accogliere anche solo in parte le richieste di risarcimento del danno. Nel giro di pochi anni, in virtù di quelle transazioni con le parti avversarie, Concita De Gregorio si è trovata a dover pagare somme enormi, le stesse che avrebbe dovuto versare la società editrice NIE.
Il disastro editoriale de l’Unità ha avuto inizio nel 2014, quando Concita De Gregorio non era più direttore: l’editore, gravato da una valanga di debiti accumulati nel tempo, decise di avviare la fase di liquidazione da realizzarsi mediante concordato preventivo con i numerosi creditori. Da quel momento i giornalisti de l’Unità, compreso il direttore, persero la manleva dell’editore.
Gli effetti hanno iniziato a concretizzarsi nel 2015, con le prime sentenze di condanna in primo grado per le cause avviate nel periodo 2008-2011. Le condanne furono dichiarate immediatamente esecutive e quindi hanno dato corso all’ingiunzione di pagare cospicui risarcimenti del danno.
Il 5 maggio 2015, in una conferenza stampa ospitata nella sala stampa della Camera dei Deputati, la ex direttrice de l’Unità, insieme ai redattori del giornale, denunciò pubblicamente la situazione. Disse: “Stiamo ricevendo pignoramenti e ingiunzioni di pagamento per una cifra che ha già superato i 400 mila euro, dopo essere stati condannati in una serie di cause per diffamazione a risarcire i danni al posto della società editrice. Stiamo pagando anche il conto dell’editore e questo non è giusto. Questa situazione rischia di minare profondamente la libertà di stampa nel nostro Paese, perché nulla esclude che possa verificarsi in futuro anche in altri giornali”.
Da allora nulla è cambiato. I giornalisti de l’Unità e Concita De Gregorio sono stati lasciati soli. Hanno fronteggiato con il proprio patrimonio personale le numerose cause e gli ingenti risarcimenti. Hanno pagato personalmente le spese legali.
Il problema più paradossale è proprio quello indicato nella conferenza stampa dalla stessa De Gregorio e purtroppo è risolvibile soltanto modificando la legge vigente.Consiste nel fatto che la responsabilità nei casi di diffamazione è ripartita tra editore, giornalista e direttore della testata. Questi tre soggetti sono responsabili “in solido”. Ciò significa che se uno dei tre soggetti non è in grado di pagare la sua parte, gli altri possono essere obbligati dal giudice a pagare anche per lui.
Ed è proprio ciò che è accaduto nel caso de l’Unità: l’editore non c’era più e a risarcire i soggetti diffamati erano rimasti direttore e giornalisti. Da sottolineare che il soggetto più esposto è sempre il direttore responsabile, che compare in tutte le cause, anche per gli articoli dei quali non è l’autore.
La vicenda di Concita De Gregorio è dunque emblematica. Mostra ciò che potrebbe accadere in Italia a qualunque giornalista. Per questo, Ossigeno per l’informazione ha deciso di offrire l’assistenza legale gratuita.
Il contributo di Ossigeno è modesto. Ma è anch’esso emblematico poiché mostra cosa si può fare con poche risorse e, al tempo stesso, lascia intuire quanto di più si potrebbe fare creando una estesa rete di solidarietà e un fondo comune per affrontare queste sempre più frequenti situazioni. ASP
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