Perché ho querelato quel mafioso. Giuseppe Tallino ringrazia Ossigeno
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OSSIGENO 5 novembre 2024 – di Giuseppe Tallino – Sapere che un mafioso, un uomo che ha sulle spalle condanne per omicidio ed estorsione e ha in vista una scarcerazione (anche se non a breve termine) ha deciso di dedicarti pubblicamente attenzione, non è proprio piacevole. E’ vero che un giornalista sa bene che queste cose gli possono succedere. Ma poi, quando accadono, in un certo senso lo spiazzano, nonostante tutti gli schemi, i ragionamenti e gli auto-convincimenti sul fatto che fosse quasi inevitabile che le cose andassero così. La verità è che comunque ti senti spiazzato. Il timore si fa strada quando sai che un mafioso ti ha indicato pubblicamente come una persona sgradita, ti ha etichettato, in un testo accessibile a chiunque, con frasi offensive (che intrecciano inevitabilmente sfera privata e professionale), corredate da allusioni riprovevoli. Queste cose incidono sulla tua vita quotidiana. Anche se il boss è in carcere, perché c’è anche chi è fuori e potrebbe raccogliere quel messaggio, inserirti nella sua lista dei non graditi, dei nemici, e quindi delle persone da temere e combattere. Questi messaggi sono condizionanti. Condizionano la serenità con cui frequenti i luoghi dove quelle persone hanno radici, condiziona il tuo ingresso in un locale pubblico, costringendoti a controllare bene chi c’è e chi arriva, ti condizionano mentre percorri una strada, la sera, da solo, a piedi o in auto. Tutto questo è ciò che mi è accaduto.
A giugno 2018 ho letto sul web un’intervista ad Augusto La Torre. Il mafioso di Mondragone, dal carcere, utilizzava quell’occasione di esprimersi per insultare me e alcuni magistrati che avevano indagato su di lui, e chiudeva il suo intricato discorso con frasi sinistre. Non potevo non reagire a quelle frasi e decisi quindi, con il mio giornale, Cronache di Caserta, di denunciarlo per il reato di diffamazione.
Augusto La Torre aveva reagito in quel modo scomposto perché non aveva gradito alcuni miei articoli sull’indagine della Dda che aveva coinvolto suo figlio, Francesco Tiberio La Torre, e il fratello Antonio. Da quella inchiesta emergevano anche alcuni suoi comportamenti sui quali l’Antimafia aveva puntato i riflettori. E, a quanto pare, il fatto che la stampa se ne fosse interessata non gli era piaciuto.
La mia denuncia ha generato un processo per diffamazione a carico di La Torre, incardinato inizialmente a Napoli. Alla prima udienza mi trovai in tribunale, e lui era lì, accompagnato dagli agenti della penitenziaria che lo avevano scortato dal carcere in cui, al tempo, era recluso. Sedeva a pochi metri da me. A un certo punto, si girò e allungò la mano, cercando di stringere la mia. Non ricambiai quel gesto. La mia mano rimase dov’era, poggiata sul tavolo.
Nei mesi successivi, per competenza territoriale, il caso venne trasferito a Ivrea, non proprio dietro l’angolo del luogo dove io vivo e lavoro in Campania. L’iter giudiziario è lungo, e ancora in corso, caratterizzato da numerosi rinvii. Non è facile affrontarlo. Nell’udienza più recente sono stato interrogato come persona offesa. Augusto La Torre, in video-collegamento dal carcere dove è recluso, ha riproposto nell’aula del Tribunale di Ivrea, dinanzi al giudice, i suoi insulti e le sue sinistre allusioni.
Chi fa il mio mestiere sa che può accadergli di essere denunciato per diffamazione. Noi giornalisti abbiamo il privilegio di scrivere i nostri articoli, e le persone oggetto dei nostri scritti hanno il diritto di replicare e, se si sentono offesi, di provare a portarci in tribunale. Ma qualche volta anche chi fa il mio mestiere può reagire alle critiche eccessive con una denuncia per diffamazione. Se si decide di farlo, è perché si sente il bisogno di ristabilire una linea di dignità e rispetto, un confine che qualcuno ha oltrepassato. Chi presenta queste denunce conosce i rischi che corre: innanzitutto quello di restare solo e di dover affrontare un percorso solitamente lungo.
Io, in questo percorso, sono stato fortunato perché ho avuto al mio fianco, in questo cammino, oltre al giornale per cui lavoro da quasi otto anni e al mio legale Francesco Parente, anche l’osservatorio Ossigeno per l’informazione. Ossigeno mi è stato vicino fin dall’inizio della vicenda, dando voce alla mia storia e ora concedendo un contributo in denaro per concorrere alle spese legali che questa esperienza giudiziaria comporta.
Il giornalismo di cronaca viene spesso presentato come una fonte di problemi, piuttosto che come uno strumento importante perché dà voce ai problemi di interesse pubblico e fa conoscere il modo in cui questi problemi si presentano, L’attività di associazioni senza fini di lucro come come Ossigeno per l’informazione è veramente essenziale, perché dà forza e coraggio a chi opera nel mondo dell’informazione raccontando anche le verità sgradite e perciò viene osteggiato. Il sostegno di Ossigeno mi incoraggia a resistere, a non indietreggiare, a continuare a raccontare ciò che accade sul territorio, perché solo conoscendo ciò che succede intorno a noi possiamo provare a migliorare il mondo in cui viviamo.
Giuseppe Tallino
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