Editoriale

Paolo Borrometi. Chi è il giornalista che dà tanto fastidio

Questo articolo è disponibile anche in: Inglese

Fondatore del sito La Spia, formazione giuridica, da quattro anni vive sotto scorta.  Con le sue inchieste ha documentato la presenza attiva della mafia nelle province di Ragusa e Siracusa

“Fallo ammazzare, ma che c…. ci interessa”,  dice con rabbia il boss di Cosa nostra della provincia di Siracusa, Salvatore Giuliano, in una telefonata intercettata dalla polizia. Non parla di un cane rabbioso, né di un cavalo azzoppato, ma di un essere umano. Chiede di uccidere Paolo Borrometi, il giornalista che danneggia gli affari del suo clan, che ha pubblicato in esclusiva notizie, inchieste, scoop che gli altri giornali e gli altri giornalisti non pubblicano (leggi).

Paolo ha 35 anni. E’ nato a Modica, in Sicilia, e ha mostrato che nella sua terra, all’estremità più meridionale dell’Italia, a Ragusa, Siracusa e nei comuni apaprtenenti a queste due province, cla mafia è  presenza e attiva, contrariamente a quanto si crede e a quanto si dice, ci sono infiltrazioni mafiose nelle amministrazioni di comuni e altri enti. C’è questa realtà poco indagata e poco illuminata dai giornali, anche da quelli locali.

Borrometi è un bravo giornalista, fra l’altro ha una formazione giuridica (laurea in legge e pratica da procuratore legale). Sa leggere le carte è tradurle in notizie che fanno saltare dalla sedia chi le legge. Borrometi collabora con l’agenzia di stampa AGI. Ma non ha un lavoro stabile. È un giornalista precario, come lo sono ormai la maggior parte dei giornalisti italiani.

Come fa un giornalista precario a pubblicare le notizie più scomode e sensazionali che trova? Anche auelle che i giornali scansano o rifiutano di pubblicare? Di solito fondando un giornale ad hoc. Così ha fatto anche Paolo Borrometi, che nel 2013 ha aperto il giornale online La Spia, regolarmente registrato, di cui tuttora è il direttore responsabile. Chiunque può leggerlo gratis ed è facile imbattersi in esso consultando i motori di ricerca.

Paolo ha reso note in esclusiva sulla Spia tutte le notizie scomode per le quali è stato aggredito e minacciato varie volte di morte. Dopo i primi avvertimenti, ad agosto 2014, le autorità di sicurezza gli assegnarono un servizio di protezione che, come commentò Ossigeno, non era una vera e propria scorta. Gliela assegnarono dopo un anno, dopo che aveva subito altre minacce. Da allora le forze dell’ordine lo proteggono 24 ore al giorno. Vigilano su di lui e ora hanno scoperto che alcuni mafiosi stavano pianificando un attentato per ucciderlo. Lo hanno scoperto in tempo per sventarlo. Perché in Italia ci sono tante minacce ma, per fortuna, c’è anche, da alcuni decenni, un apparato giudiziario e di sicurezza che sa come affrontare i casi più gravi, come prevenire gli attentati, come proteggere i minacciati di morte, come impedire che acacda ciò che è accaduto negli ultimi mesi a Malta e in Slovacchia.

“Nessuno di noi è un eroe o un esempio. Siamo solo giornalisti che vogliono continuare a fare il loro lavoro. Ma una cosa la voglio dire con forza: ieri lo Stato ha vinto, perche’ e’ riuscito a intercettare in tempo quello che poteva accadere e che qualcuno voleva accadesse”, ha detto durante la conferenza stampa dell’11 aprile 2018 alla FNSI, il giorno dopo che era stati reso noto che la poliizia giudiziaria aveva scoperto e sventato l’attentato che si pianificava in Sicilia per ucciderlo.

Ai vertici del sindacato e dell’Ordine dei Giornalisti che si sono stretti intorno a lui in un abbraccio collettivo per esprimergli solidarietà, Paolo ha chiesto con parole accorate di aiutarlo a fare capire anche a tanti suoi colleghi di Ragusa e Siracura, anche a quelli che ricoprono cariche sindacali, che non possono continare a dire che in quella terra la mafia non esiste, perché non è cosi. Perché chi continua a dirlo aiuta chi vorrebbe ucciderlo.

ASP

1 commento
  1. Giuseppe
    Giuseppe dice:

    Esprimo tutta la mia solidarietà e partecipazione verso l’importantissima attività che Lei Dott. Borrometi porta avanti ogni giorno. Io che, come tanti, appartengo al Sud anche se da anni vino al Nord, auspicano che uomini come Lei non siano mosche bianche in una società sempre più corrotta e che un domani le mafie finalmente scompaiano. Buon lavoro a Lei ed ai suoi collabotatori

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