Paolo Borrometi. Archiviata querela di ex parlamentare e condannato autore minacce
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Il gip di Ragusa non procederà per la presunta diffamazione del giornalista a Giuseppe Gennuso – La Corte di Cassazione conferma la sentenza della Corte d’appello di Catania contro Titta Ventura
OSSIGENO 6 mar 2022 – Confermata in via definitiva la condanna ad 1 anno e 10 mesi per Giovan Battista Ventura, detto Titta, boss mafioso che nel 2015 minacciò il giornalista Paolo Borrometi per le sue inchieste sulla criminalità organizzata di Vittoria (RG). Il 9 dicembre 2021 la V sezione penale della Corte di Cassazione ha rigettato il suo ricorso contro la sentenza della Corte d’appello di Catania, che nel giugno 2020 lo aveva condannato alla medesima pena (leggi Ossigeno), riconoscendo l’aggravante del metodo mafioso nelle minacce e nella tentata violenza privata ai danni del giornalista, vicedirettore dell’Agi e presidente di ‘Articolo21’. Condannato anche al pagamento delle spese processuali e alla rifusione di quelle sostenute da Paolo Borrometi, Odg Nazionale, FNSI, Comune di Vittoria e Odg siciliano quali parti civili.
Titta Ventura, ritenuto reggente dell’omonimo clan mafioso del vittoriese, aveva rivolto queste frasi al cronista: “Ti scippo la testa, sarò il tuo peggior incubo e poi ci incontreremo nell’aldilà; se vuoi ci incontriamo anche negli uffici della Polizia, tanto la testa te la scippu u stissu…ti daremo in bocca ciò che meriti…ti verremo a prendere ovunque”.
QUERELA ARCHIVIATA – Ai primi di febbraio 2022 il GIP del Tribunale di Siracusa ha disposto l’archiviazione per la querela dell’ex parlamentare della Regione Sicilia Giuseppe Gennuso nei confronti di Paolo Borrometi. Il 5 dicembre 2019, in un articolo sul ‘Corriere Elorino’, il giornalista chiedeva al politico perché non avesse risposto sulla questione dei commercialisti ritenuti vicini al boss della mafia Matteo Messina Denaro. Il passaggio era stato già evidenziato nel suo libro ‘Un morto ogni tanto’, edito da Solferino nel 2018 (vedi Ossigeno). Per Pippo Gennuso, decaduto dalla carica alla Regione Sicilia per effetto della legge Severino, l’accostamento della sua persona e della sua società immobiliare ai commercialisti del boss mafioso di Castelvetrano sarebbe stato gravemente lesivo della sua reputazione ed aveva querelato. Il giudice ha argomentato che “si tratta di un sospetto d’illeciti, di una denuncia induttiva tipica del giornalismo d’inchiesta e che è fondata su fatti veri (passaggi nella relazione del prefetto di Trapani) e su evidenti sospetti giornalistici di cui l’indagato chiedeva all’onorevole Gennuso”… dei chiarimenti. Paolo Borrometi era difeso dall’avvocato Giovanni Ciuca. LT
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