Ossigeno e Federica Angeli: la ricetta italiana
Questo articolo è disponibile anche in:
L’articolo dell’ANSA sull’incontro pubblico di martedì 6 novembre 2018, all’Istituto di Cultura di Brussels, con giornalisti minacciati in Italia, Francia e Belgio
BRUXELLES – Le minacce che subiscono hanno volti e nomi diversi, ma il pericolo è lo stesso per i giornalisti in tutta Europa, e ha a che fare con la loro vita. A parlare sono i numeri: negli ultimi 10 anni, 1.010 giornalisti nel mondo sono stati uccisi, 80 solo negli ultimi 12 mesi. Come proteggerli? Replicando il modello di protezione dell’Italia, preso a esempio anche dall’Unesco, cui si affianca un monitoraggio scientifico. È il monito della ong Ossigeno per l’informazione, che ha riunito all’Istituto italiano di cultura a Bruxelles alcuni giornalisti da Italia, Francia e Belgio vittime di intimidazioni.
“Questo problema è reale, esteso e sostanzialmente incontrastato”, spiega il direttore di Ossigeno, Alberto Spampinato. I recenti assassinii di Daphne Caruana Galizia e Jan Kuciak, a Malta e in Slovacchia, lo dimostrano. “Quelle morti si potevano e si dovevano evitare – prosegue Spampinato -, se fossero stati in Italia molto probabilmente si sarebbero salvati”. Come Federica Angeli, giornalista de ‘La Repubblica’, che vive sotto scorta dal 2013, minacciata dai clan mafiosi di Ostia, ma che oggi può raccontare la sua storia. “All’inizio, sono stata lasciata completamente sola, nemmeno il mio giornale aveva preso seriamente la mia situazione e per due anni non ne ha mai parlato”, racconta. Federica non ha mai smesso di sostenere “la ricerca della verità” e, nonostante tutto, è rimasta a vivere a Ostia con i figli. Ad accendere i riflettori sul suo caso è stata Ossigeno. E sono 3.722 le storie di minacce negli ultimi dieci anni in Italia documentate dalla ong.
La pressione sui giornalisti oggi è tornata ad aumentare in tutta Europa. Altri casi, quelli del marsigliese Philippe Pujol e del belga David Leloupha. L’Europa ha bisogno di un monitoraggio attento, ma anche di leggi nuove, spiega Fabrice Rizzoli, esperto di mafie e professore a Sciences-Po di Parigi. “In Italia c’è una presa di coscienza diversa, basti pensare alla serietà con cui la polizia tratta le minacce – spiega -. In Francia tutto questo non c’è e, finché non ci sarà il reato di associazione mafiosa, lì la mafia” ufficialmente “non ci sarà mai”.
ANSA
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!