Ossigeno assiste Kelly Duda, il giornalista USA denunciato a Napoli da un pm
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Ciò che avete fatto sarebbe una disgrazia nel mio paese, avrebbe detto, dopo aver testimoniato al processo sul grande scandalo del sangue infetto che fu impiegato anche in Italia per le trasfusioni. L’Ufficio di Assistenza Legale di Ossigeno, Media Legal Difende Initiative e Free Press Unlimited considerano la vicenda “strategica” per la difesa della libertà di espressione
Ossigeno ha assunto la difesa del noto giornalista statunitense Kelly Duda, 54 anni, considerato il massimo conoscitore dei contorni e dei retroscena del grande scandalo del sangue infetto che negli anni 80-90, in Italia e in numerosi altri paesi fu utilizzato per le trasfusioni causando gravi malattie in migliaia di pazienti.
Il giornalista che, con le sue inchieste giornalistiche e un documentario video noto in tutto il mondo, ha contribuito più di chiunque altro a fare luce sulla vicenda, deve affrontare due processi penali a Roma, in relazione ad una frase che avrebbe detto a un pubblico ministero, dopo aver testimoniato su richiesta delle parti civili, il 4 dicembre 2017 a una udienza presso il Tribunale di Napoli.
Ossigeno considera questa vicenda giudiziaria strategicamente importante per la difesa della libertà di stampa e di espressione. Perciò, avvalendosi del sostegno delle associazioni internazionali Media Legal Defence Initiative MLDI e Free Press Unlimited, Ossigeno ha deciso di assistere a proprie spese Kelly Duda e ha affidato a sua difesa all’avvocato Andrea Di Pietro, coordinatore dell’Ufficio di Assistenza Legale di Ossigeno (vedi).
IL REATO – Il giornalista americano ha ricevuto una doppia imputazione davanti al Tribunale di Roma, di fronte a due diverse sezioni penali. Deve rispondere dell’accusa di aver offeso il prestigio e il decoro del pubblico ministero di Napoli Lucio Giuliano durante un’udienza. Questo reato, previsto dall’art. 343 C.P., è punibile con un massimo di tre anni di carcere. Il Tribunale di Roma è il foro competente in quanto la parte offesa è un magistrato del Tribunale di Napoli. Entrambi i processi si sarebbero dovuti celebrare in queste settimane, ma sono stati rinviati a data da destinarsi a causa della sospensione processuale dovuta alla pandemia da coronavirus in corso.
A parere di Ossigeno, il giornalista ha legittimamente espresso una sua opinione e lo ha fatto in modo rispettoso
“SITUAZIONE PARADOSSALE” – In una intervista a Gennaro Grimolizzi, pubblicata il 6 maggio 2020 dal quotidiano Il Dubbio (leggi) Kelly Duda ha raccontato la sua disavventura italiana, ha ringraziato Ossigeno per l’Informazione e l’Avv. Andrea Di Pietro per aver assunto la sua difesa legale e ha aggiunto: “Ho viaggiato molto in Italia e non ho avuto remore a testimoniare in tribunale. Sono venuto a Napoli per dare un contributo alla giustizia italiana nel processo sugli emoderivati e ora mi ritrovo in una situazione paradossale. La mia unica missione è stata quella di aiutare chi anche da voi è rimasto vittima dello scandalo del sangue infetto”.
IL PROCESSO DI NAPOLI – Il 4 dicembre 2017 Kelly Duda fu chiamato dalle parti civili (rappresentate dagli avvocati Bertone e Zancla) a testimoniare al processo penale che era in corso a Napoli a carico di Duilio Poggiolini e dei rappresentanti delle aziende farmaceutiche che negli anni 80-90 produssero e commercializzarono in Italia degli emoderivati (principalmente il Fattore VIII) ottenuti a partire da plasma infetto proveniente in parte dal sangue donato dai detenuti nelle prigioni dell’Arkansas.
QUELLA FRASE – A mettere nei guai Kelly Duda fu la frase che egli, al termine dell’udienza, avrebbe rivolto al pm quando andò a stringergli la mano: “In my country what you did today, would be considered a disgrace”. Il pm reagì chiamando la polizia giudiziaria che fermò il giornalista e si fece consegnare il suo passaporto. Il magistrato chiese di trattenere Kelly Duda per il suo comportamento, ma le accuse non furono ritenute tali da giustificare tale misura. Tuttavia il magistrato denunciò il giornalista per il reato di cui adesso deve rispondere al Tribunale di Roma.
LA TESTIMONIANZA A NAPOLI – In quella udienza, i difensori degli imputati e il pubblico ministero Lucio Giuliano si erano opposti alla decisione di ammettere la testimonianza di Kelly Duda, che era presente in aula. Però, alla fine, la testimonianza fu ammessa. Il giornalista depose. Fu ascoltato per quattro ore. Da vero esperto e conoscitore della vicenda del sangue infetto, contribuì a chiarire la dinamica dei fatti e il ruolo di alcune parti in causa. Durante l’udienza, ebbe modo di mostrare un estratto del suo documentario video “Factor 8”: l’intervista al dottor Henderson, proprietario e direttore medico di Health Management Associates, la società statunitense che acquisiva e commercializzava il sangue donato nella prigione dell’Arkansas. Henderson teneva i rapporti con le società che acquistavano il sangue donato e lo trasformavano in emoderivati. Henderson dichiarò che nell’ottobre-novembre 1982 si recò in Italia, e incontrò i rappresentanti di una casa farmaceutica con sede a Rieti di cui non ricordava il nome (è stato accertato che era AIMA Plasmaderivati del gruppo Marcucci con sede a Rieti) per spiegare la sua posizione sulla questione del plasma richiamato.
DOPO QUELL’UDIENZA – Il 25 marzo 2019 il Tribunale di Napoli ha prosciolto Duilio Poggiolini e i nove rappresentanti del gruppo farmaceutico Marcucci, una società farmaceutica italiana, che erano imputati di omicidio colposo per una serie di decessi di pazienti ai quali era stato trasfuso plasma prodotto negli anni ’80 e ’90 risultato infetto. All’epoca della distribuzione di quel plasma, Duilio Poggiolini era a capo del settore farmaceutico del dipartimento del Ministero della Salute. In quegli anni 2.605 italiani furono infettati e contrassero HIV ed epatite.
ASP
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