Non solo mafia? Il caso De Mauro e i misteri siciliani alla Casa del Jazz a Roma
Le ipotesi a confronto il 28 ottobre 2024 al seminario organizzato a Roma da Ossigeno – Gli ultimi dati sui giornalisti minacciati in Italia
OSSIGENO 31 ottobre 2024 – Dal notiziario “Giornalismo Siciliano” – Prima i dati di Ossigeno (leggi n.d.r.) sui giornalisti minacciati e la libertà di stampa in Italia, quindi un lungo confronto sul caso De Mauro e i misteri siciliani. Alla Casa del Jazz di Roma, organizzata dall’osservatorio di “Ossigeno per l’informazione”, una mattinata di confronto e di dibattito cui hanno assistito oltre 60 studenti dell’Istituto Agrario di Roma, mentre una settantina di giornalisti erano collegati da tutta Italia per il corso di formazione dell’ordine dei giornalisti.
A condurre i lavori, il presidente di Ossigeno, Alberto Spampinato, che ha illustrato i dati pubblicati dal report dell’associazione che, con un ampio monitoraggio, riesce a tenere sotto controllo la situazione di chi è impegnato in prima linea nella cronaca italiana. Tanti dati emersi in questa prima parte del corso, fra cui quello che il numero dei casi segnalati di minacce ai giornalisti è in aumento in Lombardia, Lazio, Liguria e Sicilia.
Quindi, dopo l’intervento dell’avvocato Andrea Di Pietro sulle problematiche create dai casi delle querele temerarie e dalle richieste dei danni in sede civile e un saluto del segretario di Stampa romana, Stefano Ferrante, è iniziata la seconda parte dell’incontro dedicata al “caso De Mauro”, inquadrato nel contesto in cui si trovava la Sicilia a cavallo degli anni 70 e 80.
Roberto Leone, vice segretario regionale vicario di Assostampa Sicilia, ha annunciato che il 25 novembre al Giardino della memoria di Ciaculli saranno ricordate due vittime collaterali della mafia come Biagio Siciliano e Giuditta Milella, travolti e uccisi da una scorta davanti al liceo Meli a Palermo il 25 novembre del 1985, alla vigilia del maxi processo a Cosa nostra.
A partecipare all’incontro, i giornalisti Piero Melati, Attilio Bolzoni, Sergio Buonadonna, Roberto Leone e lo scrittore-regista Francesco Sala. Da tutti gli interventi è emersa la necessità di avere uno sguardo nuovo, più allargato sia nello spazio geografico che nel tempo, e in particolare di vedere come la posizione della Sicilia, inserita nel contesto delle vicende internazionali di quel periodo, e in particolare dello spostamento delle raffinerie di eroina dal sud della Francia nell’isola e lo scontro sempre più duro tra gli Stati Uniti e Unione Sovietica nel momento della decisione di installare proprio nel cuore dell’isola una base dei missili atomici Cruise. Tutte vicende avvenute tra il ‘79 e l’83, momento in cui Palermo e la Sicilia diventavano teatri di una delle più sanguinose pagine della storia, non solo italiana, ma mondiale. La lunga catena dei delitti, più volte ripercorsa, l’uccisione dei vertici della magistratura, della politica e delle strutture investigative avvenute in quel periodo, non ha paragoni nel resto del mondo in tempo di pace. Vicende che, con una serie di episodi, sono state inserite dai relatori in quel contesto internazionale in cui la Sicilia aveva una posizione strategica fondamentale.
Tutto questo ha avuto un prologo, come ha raccontato Sergio Bonadonna partendo dalla vicenda dell’omicidio del commissario Cataldo Tandoy, avvenuta ad Agrigento nel 1960, e dalla quale emerge chiaramente la prima trattativa Stato-mafia in cui pezzi delle istituzioni avevano concordato con esponenti mafiosi la strategia per trasformare un delitto organizzato dalle cosche in un omicidio passionale.
Protagonista di quelle giornate era stato l’inviato del giornale ‘L’Ora’, Mauro De Mauro, che aveva subito scritto che si trattava, invece, di un omicidio eccellente, maturato in un contesto mafioso. E con lui aveva lavorato anche un giovane giornalista di Agrigento, Ezio Calaciura, che come De Mauro morirà, pochi anni dopo, in un misterioso incidente stradale. De Mauro, invece, è sparito per sempre il 16 settembre del ‘70, come ha ricordato e analizzato lo scrittore Francesco Sala, fatto fuori col metodo della “lupara bianca” proprio perché non bastava ucciderlo, ma bisognava sapere da chi aveva avuto alcune notizie e soprattutto a chi le aveva poi trasmesse. Il contesto dunque cui sono maturati gli eventi, che lasciano concludere ad Attilio Bolzoni come un delitto di mafia a questi livelli, ormai si può dire che “non è soltanto di mafia”.
Un tema sul quale, ha concluso Alberto Spampinato, sarà necessario tornare a discutere. (ASSOSTAMPA SICILIA)
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