Non parlo più, devo difendermi da troppe querele, ha detto il giornalista Cesare Giuzzi
Il cronista del Corriere della Sera ha interrotto gli incontri pubblici durante i quali ha commentato le vicende di mafia. Ossigeno: ecco perché bisogna correggere la legge sulla diffamazione
OSSIGENO 12 settembre 2021 – Il 9 agosto 2021 Cesare Giuzzi, giornalista del Corriere della Sera, con un amaro sfogo su Facebook (leggi qui) e poi sulle pagine del suo giornale ha annunciato che non parteciperà più, come ha fatto negli ultimi anni, a convegni e incontri pubblici in giro per l’Italia per commentare le vicende di mafia e aiutare a ricollegare fra loro fatti e circostanze.
Rinuncio a malincuore a questi impegni non lavorativi, ha detto, ma non posso fare altrimenti. Ormai ricevo troppe querele per ciò che dico e per ogni querela devo sostenere spese per dimostrare in tribunale la mia innocenza, anche se le accuse contro di me sono infondate e pretestuose.
“Ci pensavo da mesi”, ha aggiunto Cesare Giuzzi, che l’11 agosto 2021 ha pubblicato sul Corriere della Sera un editoriale dal titolo “Le querele temerarie. L’ultima arma dei mafiosi per colpire noi cronisti”.
Il giornalista ha spiegato ( leggi ) che gli sono arrivate troppe querele “temerarie” per via di quel che racconta. E’ stato querelato anche da inquisiti per mafia o condannati per associazione mafiosa. Ha ricevuto molti commenti di solidarietà al suo post, fra cui quello del giornalista Nello Scavo di Avvenire (vedi).
OSSIGENO – “La decisione di Cesare Giuzzi di interrompere gli incontri pubblici durante i quali, con la sua conoscenza della materia, in questi anni ha aiutato moltissime persone a comprendere e a inquadrare fatti e vicende di mafia – ha commentato il direttore di Ossigeno per l’Informazione, Alberto Spampinato – è un segnale d’allarme che non deve cadere nel vuoto. Speriamo che convinca le forze politiche a rompere venti e più anni di indugi e a riformare subito le attuali leggi sulla diffamazione a mezzo stampa. Queste leggi consentono la barbarie denunciata da questo giornalista: la barbarie che consente a a chi non gradisce ciò che legittimamente diciamo o scriviamo di costringerci a dimostrare la nostra innocenza davanti a un giudice, a nostre spese, anche quando abbiamo ragione. Il caso Giuzzi dice che questa legislazione arcaica e ingiusta limita sempre più la libertà di espressione e di opinione, comprime il diritto dei cittadini di ricevere informazioni, può essere usata come un bavaglio”. LT
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