Mio nonno Pippo Fava, ucciso quarant’anni fa a Catania dalla mafia
I ricordi della nipotina che il giornalista doveva riportare a casa quella tragica sera del 1984 – Le iniziative in sua memoria
OSSIGENO 5 gennaio 2024 – Quarant’anni fa, la sera del 5 gennaio 1984, a Catania, nei pressi del Teatro Stabile, il giornalista Pippo Fava fu ucciso da due sicari mafiosi che gli spararono alle spalle. La loro responsabilità è stata confermata definitivamente dalla Cassazione, nel 2003.
Il giornalista era andato al Teatro a prendere la sua nipotina, Francesca Andreozzi di 5 anni, che aveva partecipato alle prove di una rappresentazione. Come racconta oggi lei stessa a Ossigeno, nei mesi precedenti era stata proposta dal nonno “come giovanissima attrice, per interpretare il ruolo di Ninì nella commedia di Pirandello Pensaci, Giacomino!“.
Oggi Francesca Andreozzi presiede la Fondazione Giuseppe Fava, che coltiva e tramanda la memoria del giornalista, ricordando il suo profilo umano e professionale. Pippo Fava, oltre a essere un coraggioso e illustre giornalista, infatti, fu anche scrittore, drammaturgo e artista di valore.
Quando fu ucciso aveva 59 anni. Dal 1982 era stato il direttore del mensile “I Siciliani”, un giornale autofinanziato e fondato da lui stesso, dopo l’esperienza scioccante di direttore del quotidiano “Giornale del Sud”, dal quale era stato licenziato per contrasti con l’editore. Contrasti che gli costarono anche avvertimenti e minacce. Riguardavano le collusioni che legavano imprenditori, politici e mafiosi a Catania, che Pippo Fava si era impegnato a denunciare quando ancora tutti negavano l’esistenza di collegamenti e collusioni fra la criminalità e l’imprenditoria etnea e la Cosa Nostra di Palermo.
A quarant’anni dalla sua uccisione, il giornalista verrà ricordato a Catania con iniziative realizzate a cura della Fondazione Giuseppe Fava, de “I Siciliani Giovani” e di altre associazioni locali. Al giornalista Francesco La Licata sarà attribuito il Premio Fava 2024 (vedi il programma in fondo).
Ossigeno per l’informazione in occasione di questo anniversario arricchisce la documentazione presente sul portale online dedicato ai trenta giornalisti italiani uccisi “Cercavano la verità”,www.giornalistiuccisi.it dove già si può leggere la storia del giornalista e scrittore e del suo impegno per la giustizia e la legalità, insieme a contributi esterni e al lungo iter processuale per accertare le responsabilità della sua morte.
In collaborazione con la Fondazione a lui dedicata, Ossigeno pubblica un approfondimento sul fondo documentale Fava e in esclusiva un brano del dramma “La violenza” (1970), nel quale il protagonista, un sindacalista ucciso evocato in scena come un deus ex machina, pronuncia una delle più celebri frasi di Fava: “Ma se non si è disposti a lottare, a che serve essere vivi?”. LEGGI SU CERCAVANO LA VERITÀ
LA NIPOTE – Questa opera, come tutti gli scritti e le opere grafiche di Giuseppe Fava, racconta a Ossigeno Francesca Andreozzi, è caratterizzata da una “forte tensione etica e da un’indagine costante dell’animo umano, oltre che da uno spiccato impegno civile”. L’archivio, sottolinea, restituisce con efficacia le strette interconnessioni esistenti tra tutte le attività culturali alle quali si è accostato Fava.
Francesca Andreozzi non aveva ancora sei anni quando suo nonno fu ucciso. Nel suggerire ai lettori un brano significativo della sua produzione culturale scorre nella mente e nel cuore i suoi ricordi di infanzia e dice a Ossigeno: “Non so dire quali ricordi siano effettivamente i miei e quanti invece siano il frutto dei racconti dei miei familiari e delle fotografie che ci ritraggono insieme”. Fava trasmise la passione per il teatro alla piccola Francesca proponendola allo Stabile, dove era da poco andata in scena la sua opera “Ultima Violenza”. Il Teatro “per lui era casa”, racconta. Ricorda che grazie all’incoraggiamento del nonno riuscì ad ambientarsi “in quel contesto sconosciuto e allo stesso tempo affascinante, nonostante la mia timidezza”. “Ricordo – prosegue – le prove interminabili e lui che mi accompagnava, quando non dovevo stare sul palco, alla scoperta dei segreti e della magia del teatro, dalle quinte, al sipario, ai costumi di scena, alla platea vuota, che si sarebbe riempita dopo pochi giorni. Che siano ricordi reali o ricostruzioni elaborate dalla mia fantasia, li custodisco per quello che sono: immagini, sguardi, risate, frammenti di storie, di conversazioni tra un nonno e la sua nipotina”.
LE INIZIATIVE A CATANIA – Il 4 gennaio i Siciliani Giovani in collaborazione con altre realtà del territorio hanno promosso una serata presso l’’Empire (in via Zolfatai, 12), bene confiscato alla mafia, dal titolo “I soldi dei mafiosi a chi lavora!”. Il 5 gennaio, giorno dell’anniversario, alle ore 11 si terrà l’assemblea dei Siciliani giovani presso il Giardino di Scidà, altro bene confiscato alla mafia (in via Randazzo, 27). Alle ore 16 la Fondazione Giuseppe Fava organizza il consueto corteo che raggiungerà la lapide di via Fava. Seguirà il tradizionale appuntamento sotto la lapide e alle ore 18, presso il Centro Culture Contemporanee Zo (in piazzale Rocco Chinnici), si terrà il dibattito “Fare (non solo) memoria”. Al termine verrà consegnato il premio nazionale di giornalismo “Giuseppe Fava – Niente altro che la verità. Scritture e immagini contro le mafie”, al giornalista Francesco La Licata. GPA
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!