Mafia. Misteri e minacce per il Caravaggio sparito da Palermo
Dopo 49 anni un pentito di mafia dice chi potrebbe sapere dov’è finito. Un giornalista cerca di saperne di più e riceve una telefonata minacciosa
La vicenda riguarda la misteriosa scomparsa di un quadro della Natività attributo al Caravaggio. Il dipinto datato 1609, del presumibile valore commerciale di 30 milioni di euro, rubato nel 1969 dall’Oratorio di San Lorenzo, situato nel centro storico di Palermo, sarebbe finito nelle mani della mafia e potrebbe essere stato usato come moneta di scambio per il pagamento di affari illeciti. Di questa vicenda, che ci riporta al breve soggiorno a Palermo del Caravaggio, si stanno occupando in molti: se n’è occupata la Commissione Parlamentare Antimafia e tuttora se ne occupa, con un indagine in corso, la Procura della Repubblica di Palermo.
E adesso anche Ossigeno per l’Informazione, perché il 28 giugno 2018, il giornalista di Agrigento Gian Joseph Morici, editore e cronista della testata online siciliana La Valle dei Templi, ha ricevuto una telefonata minacciosa, dal collaboratore di giustizia Vincenzo Calcara, dal quale aveva cercato di capire dov’è finito quel benedetto dipinto.
Calcara è un pentito di mafia che, per il ruolo che ricopriva in Cosa Nostra, potrebbe saperne qualcosa. E’ stato il braccio destro del potente boss trapanese Francesco Messina Denaro (padre del latitante Matteo), morto d’infarto nel 1998 nelle campagne di Castelvetrano, dove si nascondeva da otto anni per finire in carcere.Del resto, Calcara lo aveva lasciato intuire, il 22 giugno 2018, quando aveva dichiarato al quotidiano “Il Giornale (vedi): «Il quadro del Caravaggio? Chiedetelo a Giovanni Franco Becchina dove è».
E al “Giornale” aveva spiegato: “All’epoca, ma già da anni prima, la casa di Messina Denaro era frequentata «da tombaroli e mercanti d’arte». E anche intorno a Riina, di cui il boss di Castelvetrano era il braccio destro, ruotavano strani personaggi. «Tra questi prosegue c’era Becchina. Sono stato il primo a fare quel nome ai magistrati. Lui era il referente di Cosa Nostra per l’arte. Sapeva come commerciare con l’estero. Per questo in molti gli commissionavano i furti. E non si sono impossessati solo del Caravaggio, ma anche di moltissime altre opere d’arte trafugate dalla Mafia». Come fecero? «Semplice – prosegue -, in Sicilia si trovava sempre qualcuno all’interno che facesse da complice».
Morici perciò ha intervistato Calcara cercando di saperne di più e, il 27 giugno 2018, ha pubblicato un articolo dal titolo “Vincenzo Calcara e a docta ignorantia” (leggi), evidenziando alcune affermazioni contraddittorie del “pentito” rispetto all’affermazione di non conoscere nulla riguardo alla sorte di quel dipinto.
Il giorno dopo, Calcara ha chiamato Morici al telefono esprimendogli disappunto per l’articolo pubblicato e minacciando azioni legali. “Minacciare querele a un giornalista ha un forte effetto intimidatorio”, ha detto Morici a Ossigeno, spiegando di aver denunciato Calcara alla Questura di Agrigento.
ASP
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