Mafia. Di Trapani, nel giornalismo ci sono connivenze e vanno estirpate
L’intervento del segretario dell’Usigrai alla presentazione del Rapporto di Avviso Pubblico. Il fuoco amico e la scorta mediatica
Questa è la trascrizione della parte centrale dell’intervento pronunciato il 20 aprile 2018, a Roma, nella sede della Fnsi, da Vittorio Di Trapani, segretario del sindacato dei giornalisti Rai (Usigrai) in occasione della presentazione del Rapporto annuale dell’associazione Avviso Pubblico sugli amministratori pubblici vittime di minacce e intimidazioni. L’intervento integrale si può vedere e ascoltare a questo link di Radio Radicale insieme agli altri interventi.
I dati del rapporto (di Avviso Pubblico) sono particolarmente allarmanti e, è vero, c’è qualcosa in comune tra ciò che si racconta sugli amministratori sotto tiro e ciò che invece vediamo dai dati, per quel che riguarda i cronisti sotto tiro.
C’è qualcosa che unisce questi due elementi. (…) Nel rapporto (di Avviso Pubblico, ndr) si fa chiaramente capire che in alcuni casi le minacce (agli amministratori pubblici, ndr) sono frutto anche di patti scellerati non mantenuti.
Così com’è altrettanto vero (per i giornalisti, ndr). Basta leggere il rapporto che è stato elaborato dalla Commissione parlamentare antimafia guidata nella precedente legislatura dall’onorevole Rosi Bindi, dove chiaramente si dice che, anche nel settore dell’editoria, nel settore del giornalismo, esistono connivenze che vanno estirpate, vanno colpite con durezza, dicendo che non possono far parte della comunità delle giornaliste e dei giornalisti. Non ci può essere alcun tipo di tolleranza nei confronti di questi.
Perché si finisce sotto tiro? E qui ancora ritengo che esistano similitudini tra gli amministratori e i giornalisti. Le motivazioni sono molte. Sicuramente si finisce sotto tiro perché si vanno a toccare gli affari sporchi, si vanno a toccare i soldi. L’elemento principale che quando si va a toccare questo, automaticamente si mette nel mirino qualcuno. Vale per gli amministratori, vale per i giornalisti.
A volte si finisce sotto tiro anche a causa dei silenzi, a causa dei silenzi che ci sono intorno, a causa del fatto che troppi si girano dall’altra parte, questo (lo dico, ndr) parlando anche della nostra professione.
Perciò noi oggi ci troviamo a parlare anche di alcuni cronisti sotto tiro. Siamo stati ieri con Federica Angeli, che ha fatto il suo dovere di cittadina e di giornalista in tribunale, siamo stati con lei con colleghi della Fnsi, Ordine dei giornalisti, Usigrai, per dire che nessun cronista è solo.
(Poi ci sono, ndr) le vicende di Paolo Borrometi, ci arrivo tra un attimo, di Daniele Piervincenzi, Lirio Abbate, Giovanni Tizian e potrei continuare…
Se questi nomi emergono è anche perché qualcun altro si è girato dall’altra parte, perché qualcuno scrive e qualcun’altro no, perché qualcuno fa i nomi, altri no.
E quindi si finisce sotto tiro perché qualcuno tocca i soldi, o perché (soltanto) qualcuno fa i nomi, o perché qualcuno si gira dall’altra parte. O perché qualcuno aiuta opere di delegittimazione, che è l’ulteriore elemento decisivo, quando la criminalità organizzata vuole colpire qualcuno. (Allora) tenta l’operazione delegittimazione. Io allora vorrei dirlo con chiarezza non solo perché qui al tavolo con me c’è Paolo Borrometi, ma per render chiaro quello che sto dicendo.
Quando sono emerse, le intercettazioni dicevano con chiarezza che non soltanto si minacciava il giornalista Paolo Borrometi, ma emergevano con chiarezza gli elementi concreti, i dettagli di un attentato, non si parlava di semplici minacce, si parlava di un attentato in preparazione e studiato nei minimi dettagli. E’ stato un salto di qualità. Rispetto a tutto questo c’è stato chi ha avuto “il coraggio” di scrivere lo stesso che (gli autori di quei piani fossero) presunti mafiosi, nonostante (costoro avessero, ndr) ventidue anni di condanne per il 416bis, e senza neanche citarne il nome. Dio non voglia, magari si toccasse mai la privacy di questi signori!
Se io ho un collega che denuncia e qualcun altro che non denuncia, è ovvio che chi si espone all’attacco è quello che denuncia, che fa i nomi. Ed è su questo che dovremmo concentrare l’attenzione. Lo dico esattamente in un rapporto che esiste tra amministratori e cronisti, che è anche frutto e figlio di un clima, perché noi stiamo uscendo dalla campagna elettorale dove il tema è stato quello della sicurezza, ma non il tema della sicurezza di chi denuncia la presenza delle mafie, ma il tema della sicurezza generale per cui tutto ruotava intorno alla questione dei migranti.
E forse non è un caso che uno dei motivi rilevati qui delle aggressioni agli amministratori locali è proprio quello nei confronti degli amministratori che invece favorivano l’accoglienza (dei migranti) perché se faccio aumentare un clima di insicurezza e punto tutto sulle questioni dell’insicurezza e punto il dito contro la questioni migranti è ovvio che finisce nel mirino chi invece ha un altro approccio e dice devo trovare una soluzione per l’accoglienza.
E allora ci sarà una responsabilità collettiva se in questi momenti di confronto politico pubblico il tema della sicurezza è tutto interno al tema dei migranti e il tema della criminalità organizzata, delle mafie, della corruzione è sostanzialmente sparito dalla nostra campagna elettorale. E’ sostanzialmente sparito. E’ evidente che quindi anche nella costruzione del consenso si punta su questioni diverse.
In Tribunale a fianco dei giornalisti minacciati
Cosa possiamo fare? Fare squadra, non c’è altra strada. E’ quello che abbiamo provato a fare ed è il motivo per il quale siamo stati da Federica Angeli. Il motivo per il quale siamo stati in passato e saremo in aula al fianco di Paolo Borrometi, saremo a fianco di tutti i cronisti, siamo stati al fianco di Daniele Piervincenzi e di Edoardo Anselmi.
Siamo andati lì a dire con estrema chiarezza: guardate quella testata, certo, l’ha presa Daniele, non c’è dubbio, ma quella testata era rivolta nei confronti dell’articolo 21 della Costituzione. Nel colpire il nostro collega stavano colpendo il diritto dei cittadini a essere informati. Con la sensazione di impunità di poterlo fare davanti alle telecamere, tanto nulla accadrà.
Così come nei mesi scorsi in una minaccia rivolta attraverso un messaggio audio a Paolo Borormeti si disse: io conosco bene le leggi, se uso solo le mani (per colpirlo), in galera non ci vado.
(Questo è anche effetto di una diffusa) sensazione di impunità e non è un caso che più volte abbiamo sollecitato, come enti di categoria, una riflessione in sede parlamentare sull’introduzione di un’aggravante rispetto ai reati che vengono commessi nei confronti dei cronisti. Perché in difesa della casta? No. Perché quel reato non è contro i cronisti, è un reato contro la Costituzione, è un reato contro l’articolo 21, è un reato contro il diritto dei cittadini a essere informati. (…)
La scorta mediatica
Cos’altro possiamo fare? Qui mi rivolgo certo alla mia categoria.
Scorta mediatica certo vuol dire raccontare le storie dei cronisti minacciati, ma non è solo questo. (Il vero) obiettivo è riprendere le inchieste (di chi è stato minacciato), tornare nei luoghi che loro hanno raccontato nelle loro inchieste, andare, illuminare, così come vuol dire andare a raccontare perché un amministratore è sotto tiro, quali affari ha toccato.
Andare a vedere perché nel Parco dei Nebrodi l’ex Presidente è finito sotto tiro.
Andare a capire quali affari erano stati toccati, andare a proseguire le inchieste. Questa è la scorta mediatica, questo vuol dire fare squadra. Quindi io ringrazio tutte le telecamere che sono qui. E’ un grazie sincero. Ma chiederei a tutte le testate di fare un passo oltre. Spente queste telecamere, per favore, andate a vedere quali sono gli amministratori sotto tiro, e non sono solo nel Mezzogiorno d’Italia, gli amministratori sotto tiro sono in tutta Italia e andate a vedere perché sono minacciati.
Andate ad aiutarli nella loro operazione per la legalità, contro la corruzione, contro le mafie. Lo si può fare per gli amministratori come lo si può fare per i cronisti e quindi mi permetto di ricordare che abbiamo rivolto un appello a tutti i direttori delle testate, Federazione, Usigrai, Ordine dei giornalisti.
La settimana dal 25 aprile al 1 maggio vorremmo fosse una settimana di sensibilizzazione sul tema delle criminalità, delle mafie e molti direttori hanno risposto a questo appello e siamo grati per questo.
RDM ASP
Guarda il video della presentazione del Rapporto di Avviso Pubblico
Aiutaci anche tu a produrre Ossigeno per l’informazione. Puoi farlo nel modo più semplice in tre modi. 1. Scrivendo il nostro codice fiscale 97682750589 sulla tua dichiarazione dei redditi per assegnare il 5 per 1000 alla nostra ONLUS. Così ci fai una donazione senza spendere un euro. 2. Facendo una donazione via web a Ossigeno e beneficiando di una detrazione fiscale (leggi). Facendo circolare le notizie e i dati di Ossigeno per rompere il muro del silenzio e dell’indifferenza contro gli attacchi al diritto di dire e di sapere ciò che accade.
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!