Assolti dopo sette anni 5 giornalisti querelati da ex procuratore Brescia
Sono cronisti e direttori – Il fatto non sussiste per il Tribunale di Venezia – Il pm aveva chiesto condanne al carcere per 10- 15 mesi ciascuno
OSSIGENO 20 maggio 2021 – “Il fatto non sussiste”. I giornalisti Andrea Cittadini del Giornale di Brescia, Wilma Petenzi dell’edizione bresciana del Corriere della Sera, e Mario Pari di Bresciaoggi sono stati assolti con questa formula dall’accusa di diffamazione a mezzo stampa nei confronti dell’ex Procuratore Capo del Tribunale di Brescia, Tommaso Buonanno. La pubblica accusa aveva chiesto la condanna a un anno e tre mesi per i cronisti e a 10 mesi per i due direttori delle testate.
La sentenza è stata emessa l’11 marzo 2021 dal Tribunale di Venezia che ha riconosciuto l’esercizio del diritto di cronaca per Cittadini e Pari; per Petenzi riconosciuto anche il diritto di critica. Con i tre cronisti sono stati assolti anche l’ex direttore del Giornale di Brescia, Giacomo Scanzi, e il direttore di Bresciaoggi, Maurizio Cattaneo, finiti a processo per omesso controllo.
I cronisti erano stati denunciati dal Procuratore Buonanno nel novembre del 2014 per gli articoli di cronaca nei quali avevano dato conto degli sviluppi di un’inchiesta giudiziaria sulla comunità di recupero Shalom di Palazzolo. La struttura era finita sotto la lente degli investigatori per presunti maltrattamenti a danno dei suoi ospiti; l’inchiesta si era poi conclusa con l’assoluzione di tutti gli imputati.
Negli articoli i cronisti avevano raccontato che tra coloro che avevano denunciato gli operatori della comunità c’era Gianmarco Buonanno, il figlio del Procuratore capo di Brescia, Tommaso. Il nome di Gianmarco aveva dato lo spunto ai giornalisti per fare riferimento a una vicenda del 2011 nella quale il magistrato, all’epoca non ancora nominato Procuratore a Brescia, era stato indagato per sequestro di persona nei confronti del figlio. Il ragazzo sosteneva di essere stato costretto dal padre ad entrare nella comunità Shalom. La vicenda si concluse con l’archiviazione del procedimento. Secondo il Procuratore, i giornalisti avevano fatto riferimento a quella vicenda per screditarlo. Il tribunale ha invece stabilito che i cronisti hanno semplicemente esercitato il diritto-dovere di informare.
LA PERQUISIZIONE – I nomi di Andrea Cittadini e del Procuratore Tommaso Bonanno sono legati anche da un’altra vicenda: quella della perquisizione e del sequestro degli strumenti di lavoro di Andrea Cittadini, finito a processo nel 2018 per rivelazione di segreto d’ufficio, in concorso con altre persone ignote, e per pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale. Dopo sette mesi il procedimento fu archiviato. A far scattare le accuse erano state alcune informazioni riferite in due inchieste giornalistiche condotte da Andrea Cittadini e pubblicate su Il Giornale di Brescia. La prima inchiesta, relativa alla scomparsa dell’imprenditore Marco Bozzolo, è stata pubblicata nell’ottobre del 2015; la seconda, relativa alla scomparsa di una ragazza, poi ritrovata, pubblicata tra il 26 febbraio e il 4 marzo 2017.
Per l’opinione pubblica, per le istituzioni di categoria, per gli avvocati della camera penale di Brescia il provvedimento fu eccessivo e allarmante. Sulla vicenda intervenne anche l’allora sottosegretario all’Editoria Vito Crimi che si domandò se potesse trattarsi di una “ritorsione”, considerando che Cittadini si stava occupando di una vicenda che vedeva coinvolto proprio il figlio del procuratore capo di Brescia, Tommaso Buonanno, arrestato per rapina a mano armata e in attesa di processo.
Per quella vicenda Buonanno aveva citato in giudizio il giornalista, considerandosi screditato da tutta l’ondata di polemiche che seguì al provvedimento ai danni di cittadini. Il processo civile è ancora aperto davanti al Tribunale di Bergamo. RDM
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