Latina Oggi. Due giornalisti assolti dopo 10 anni
Graziella Di Mambro e Alessandro Panigutti erano accusati di diffamazione. Per la Corte di Cassazione “il fatto non costituisce reato”
Il 30 novembre 2018 la Corte di Cassazione ha assolto dall’accusa di diffamazione a mezzo stampa due giornalisti del quotidiano Latina Oggi, Graziella Di Mambro, autrice dell’articolo contestato, e il direttore responsabile Alessandro Panigutti. La vittoria in Cassazione arriva dopo quasi 10 anni dalla querela presentata nei loro confronti per l’articolo pubblicato il 5 febbraio 2009.
Nel testo, Di Mambro aveva ricostruito le circostanze dell’omicidio di un ragazzo, ucciso da un suo coetaneo nel corso di una festa. I querelanti le contestavano una comparazione, a loro avviso diffamatoria, tra la vittima e il carnefice. Per la Suprema Corte, “il fatto non costituisce reato”. I cronisti sono stati difesi dall’avvocato Dino Lucchetti.
Il Tribunale di Cassino aveva condannato Di Mambro e Panigutti. Il 30 novembre 2016, la Corte d’Appello di Roma aveva confermato quel giudizio. La Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo “fondato”.
Nella sentenza si legge che “l’articolista non si è limitato a un resoconto giudiziario, ma ha invece inteso approfondire, in chiave critica, l’analisi sociologica del contesto in cui l’omicidio fu consumato”.
I giudici aggiungono che la giornalista ha tratteggiato il profilo dei due giovani coinvolti per evidenziarne “comuni tratti generazionali, caratterizzati da forme di edonismo e cinismo, pur nella diversità dei ruoli declinati nel caso di cronaca”. Scrivere che vittima e omicida “si somigliano terribilmente in questa storia incredibile …. Ragazzi apparentemente normali ma spietati”, è – per i giudici – “un giudizio comparativo finalizzato alla sottolineatura di una comune matrice generazionale, ma non sottende alcuna forma di equiparazione, sotto il medesimo profilo di censurabilità etico-sociale, della condotta omicida rispetto a quella riferita dalla vittima”. Pertanto la Cassazione ritiene che Di Mambro non abbia leso la reputazione della vittima”.
La Corte conclude che “non costituisce reato la formulazione, nell’ambito di un’inchiesta giornalistica, di affermazioni e ricostruzioni che rechino valutazioni offensive della reputazione dei soggetti coinvolti quando i dati di cronaca assumono una funzione meramente strumentale per supportare un giudizio critico di contenuto diverso e più ampio, di attuale e pubblico interesse”.
RDM
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