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Violazioni verificate

La Cassazione annulla il carcere per un cronista

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Fabio Buonofiglio (Altre Pagine) era stato condannato a 3 mesi di reclusione per un articolo del 2011. Per la Cassazione la pena è sproporzionata

La Corte di Cassazione giudica sproporzionate le pene detentive inflitte ai giornalisti per il reato di diffamazione. Pertanto la Quinta sezione penale, con una sentenza del 19 settembre 2019, ha annullato, senza rinvio, la condanna per diffamazione a tre mesi di reclusione inflitta in primo e secondo grado al giornalista Fabio Buonofiglio, direttore del periodico – oggi quotidiano online – Altre Pagine.

La Corte ha spiegato che la detenzione per questo reato è incompatibile con la libertà di espressione dei giornalisti garantita dall’articolo 10 della CEDU.
Intanto, essendo passati oltre 7 anni e sei mesi dalla pubblicazione dell’articolo per il quale il giornalista era stato querelato da un magistrato, il reato è risultato prescritto. Il giornalista è stato difeso dall’avvocato Salvatore Sisca, scomparso di recente.

I FATTI: Buonofiglio nell’agosto del 2011 aveva pubblicato un articolo intitolato «L’allegra compagnia d’una giustizia che va a puttane», nel quale raccontava una presunta tresca amorosa extraconiugale tra un magistrato e un maresciallo in servizio presso una Procura locale.
Maria Vallefuoco, l’unico sostituto procuratore di sesso femminile e coniugata in servizio alla Procura della Repubblica di Rossano, aveva presentato querela contro il giornalista che era stato condannato in primo grado, nel 2016 dal Tribunale di Salerno, e nel 2018 dalla corte d’Appello di Salerno.
Nel ricorso in Cassazione, Buonofiglio ha sostenuto la querelante non fosse identificabile; inoltre la lamentato la mancata escussione di tutti i testi e la natura e l’entità della pena. Motivo – quest’ultimo – che la Corte ritiene ammissibile e per il quale ha annullato la sentenza di condanna.
In proposito, la Cassazione richiama le sentenze Sallusti e Belpietro e ricorda “che l’irrogazione di una pena detentiva, ancorché sospesa, per un reato connesso ai mezzi di comunicazione, possa essere compatibile con la libertà di espressione dei giornalisti garantita dall’articolo 10 della Convenzione soltanto in circostanze eccezionali, segnatamente qualora siano stati lesi gravemente altri diritti fondamentali, come, per esempio, in caso di discorsi di odio o di istigazione alla violenza» e precisa che la violazione sussiste anche se la pena detentiva è stata sospesa, come nel caso di specie”.

Il Parlamento discute da molti anni delle proposte di legge per risolvere il problema abolendo del tutto la possib ilità di infliggere la pena detentiva per questo reato.

RDM

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