Italia. Le notizie più pericolose di maggio 2015 segnalate da Ossigeno

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La rassegna mensile per il Centro Europeo per la libertà di informazione e di stampa di Lipsia (Ecpmf) realizzata con il sostegno dell’Unione Europea 

Maggio è stato un  mese difficile per i giornalisti italiani. L’intolleranza verso chi riferisce fatti di cronaca,  verso chi esprime critiche e opinioni si è manifestata con frequenza, in modo forte e diffuso, al centro e alla periferia del paese con atti sono contrastati debolmente. Lo dimostrano gli episodi rilevati da Ossigeno per l’informazione con il suo monitoraggio attivo. Segnalano minacce, intimidazioni, abusi di strumenti legali. La rilevazione conferma che le indagini per scoprire e punire chi minaccia i giornalisti sono rare e tardive, che i giornalisti finiscono facilmente in tribunale, spesso con accuse di diffamazione strumentali, devono difendersi da accuse spesso infondate e non di rado vengono condannati a pene detentive. Infatti, in attesa che il Parlamento metta fine alla barbarie del carcere per diffamazione, i giudici continuano a condannare a pene carcerarie i giornalisti colpevoli. Fra l’altro, a maggio i giornalisti italiani hanno scoperto che le norme sulla diffamazione sono più punitive di quanto si sapesse. Hanno anche appreso che il progetto di legge che si trascina da due anni in Parlamento quando sarà approvato non impedirà l’abuso delle querele a scopo intimidatorio né risolverà altri seri problemi. La carrellata dei fatti segnalati da Ossigeno per l’Informazione offre un quadro completo di ogni sfumatura.

Le intimidazioni

Il 5 maggio 2015 Sandro Ruotolo, uno dei più noti giornalisti televisivi, è stato minacciato da un boss della camorra che, dall’interno di un carcere sicurezza, ha fatto sapere ai suoi uomini che agiscono sul territorio che vuole sia fatto a pezzi.  Da allora il giornalista vive sotto scorta, protetto dalle forze dell’ordine. Nel corso dell’ultimo anno il numero dei giornalisti sotto scorta era già aumentato di tre unità superando quota 15, secondo le stime di Ossigeno. Secondo il reportage pubblicato l’11 maggio dal sito web repubblica.it sarebbero invece fra trenta e cinquanta. Nessuno ha smentito questo dato.

Lo stesso giorno delle minacce a Ruotolo, a Guidonia, una piccola città vicino Roma, in pieno giorno, in pieno centro, l’auto della giornalista Elisabetta Aniballi, portavoce del sindaco, è stata danneggiata dall’esplosione di una bomba rudimentale.

Il 3 maggio a Reggio Calabria e il 25 maggio a Porto Recanati, nelle Marche, nella notte, due attentati incendiari hanno distrutto le auto in sosta di due giornalisti,  Aurelio Bufalari e Lorenzo Vitto. L’abitazione di quest’ultimo è  stata minacciata dalle fiamme.

Il 7 maggio nei pressi di Pisa, Wolf Marongiu, un video reporter che filmava dalla strada pubblica un cantiere edile è stato aggredito e picchiato da un uomo che gli ha intimato di non effettuare riprese.

Il 9 maggio in Campania il giornalista Billy Nuzzolillo è stato picchiato da alcuni tifosi. In alcuni articoli aveva criticato la loro squadra di calcio.

Il 9 maggio, a Formia, a due ore da Roma, il giornalista Francesco Furlan è stato aggredito da un imprenditore che, dopo averlo schiaffeggiato, lo ha denunciato per calunnia. In un articolo Furlan aveva criticato i criteri di assegnazione di un appalto pubblico del Comune. Lo stesso giorno, a Firenze, Marco Ferini, cronista de “La Gabbia”, un programma di inchiesta della rete televisiva La7, e il video operatore che lo assisteva, sono stati minacciati e picchiati mentre raccoglievano informazioni nei pressi di un capannone occupato abusivamente.

Il 15 maggio si è appreso che a Milano, Elisabetta Andreis, una redattrice del “Corriere della Sera”, dopo la pubblicazione di un’inchiesta sul racket delle vendite giudiziarie all’asta di immobili sequestrati, ha ricevuto una telefonata di minacce. E’ accaduto nel 2013. Ma soltanto adesso le indagini hanno rivelato che la telefonata era partita dall’anticamera dell’ufficio di un alto magistrato.

Il 25 maggio a Ostia, Federica Angeli, una giornalista del quotidiano “La Repubblica”, che vive sotto scorta dal 2013, è stata investita da insulti minacciosi. Aveva descritto in un articolo lo stato di abbandono e di illegalità di un villaggio a venti chilometri da Roma.

Il 25 maggio Michele Buono, un giornalista della Rai, ha subito un attacco personale minaccioso: davanti all’ingresso della sede Rai persone ignote hanno affisso uno striscione che lo definisce “terrorista”. ll giorno precedente, in un servizio del programma di inchieste “Report”, il giornalista aveva criticato gli eccessi della protesta dei tassisti romani contro Uber.

Il 16 maggio in Sardegna, Michele Ruffi, un cronista del quotidiano “L’Unione Sarda”, ha chiesto a un ex arcivescovo un commento sull’arresto di un parroco, avvenuto il 6 maggio, con l’accusa di molestie ad alcuni minorenni. L’alto prelato ha replicato al cronista affermando che avrebbe detto ai fedeli di non acquistare più il suo giornale.

Il 17 maggio in Puglia il giornalista Antonio Tufariello ha pubblicato sul quotidiano “La Gazzetta del Mezzogiorno” un profilo critico del candidato alla carica di sindaco di Cerignola (Foggia), noto per avere schiaffeggiato e colpito con una sedia un suo collaboratore. Nei giorni successivi, durante gli incontri elettorali, il candidato ha ripetutamente insultato e denigrato il giornalista.

Il 29 maggio una lettera anonima con minacce di morte è stata recapitata a Nicola Costanzo, del Quotidiano del Sud, Calabria. La missiva contenente poche righe in dialetto si conclude con la minaccia esplicita: “Fatti i fatti tuoi o ti sparo” e fa riferimento ad alcuni articoli scritti dal cronista.

Episodi di intolleranza

Ossigeno ha segnalato inoltre un episodio di intolleranza verso l’attività giornalistica. Anche se queste intolleranze non possono essere considerate vere e proprie intimidazioni, questi episodi aiutano a capire in quale clima di ostilità e di incomprensione i giornalisti svolgono il loro lavoro.

Il 21 e 22 maggio, a Roma, Leonardo Metalli, un giornalista dipendente della RAI, l’azienda che svolge il servizio radio-televisivo pubblico, è stato sospeso dal lavoro per due giorni, per motivi disciplinari.  L’azienda gli ha contestato un post su Facebook in cui chiede perché nella sede RAI di Saxa Rubra la gestione del bar è affidata a persone coinvolte nel grande scandalo denominato “Roma Capitale” per il quale sono stati arrestati pubblici amministratori, malavitosi, estremisti di destra e mafiosi.

La scure della diffamazione

A maggio i giornalisti hanno appreso che in Italia la legge sulla diffamazione a mezzo stampa è ancora più punitiva di quanto si sapesse. Lo svolgimento di alcuni processi ha dimostrato che in Italia con ogni articolo pubblicato un giornalista rischia i guadagni di tutta la vita e anche i suoi beni di famiglia. Infatti, per quell’articolo potrà essere denunciato per diffamazione e processato anche senza fondato motivo e, anche molti anni dopo, potrà essere condannato a pagare di tasca propria risarcimenti molto costosi, superiori al suo reddito e ai suoi risparmi.

Bisogna sapere che in Italia pochi editori coprono le spese dei giornalisti per eventuali condanne per diffamazione in relazione agli articoli pubblicati. I fortunati giornalisti che godono di questa copertura degli editori sono una minoranza. Questi giornalisti credevano che il proprio patrimonio personale fosse immune da ogni rischio. Hanno scoperto che non è così. Se l’editore attraversa difficoltà economiche e mette la società in liquidazione o dichiara fallimento il suo impegno di sostenere spese legali e risarcimenti si vanifica. Di conseguenza l’intera responsabilità processuale ricade sull’autore dell’articolo. Ciò è accaduto nei mesi scorsi a decine di giornalisti che lavoravano per il quotidiano “l’Unità”, il giornale storico del partito comunista fondato nel 1924 da Antonio Gramsci che il 31 luglio 2014, dopo varie peripezie, ha cessato le pubblicazioni. La vicenda de l’Unità ha creato allarme, ha evidenziato un grave vuoto legislativo. Ciò ha accresciuto il chilling effect sulla libertà di informazione dovuto a una legislazione sulla diffamazione arcaica e punitiva.

Più drammatica è stata un’altra condanna per diffamazione dello stesso genere venuta alla luce nel corso del mese. Riguarda il giornalista Antonio Cipriani, già direttore responsabile dei giornali E-Polis. Questa catena di quindici quotidiani ha cessato le pubblicazioni a luglio del 2011. L’anno successivo l’editore ha dichiarato fallimento. Da allora Antonio Cipriani ha subito 34 processi per diffamazione in relazione ad articoli di altri giornalisti pubblicati da E-Polis negli anni precedenti. Infatti, in quanto direttore responsabile, per ogni accusa di diffamazione Cipriani condivide la responsabilità penale con l’autore dell’articolo. Il suo editore, avendo dichiarato fallimento, ha smesso di pagare le parcelle degli avvocati che assistevano lui e gli altri giornalisti del gruppo e smesso di farsi carico dei risarcimenti stabiliti dai giudici. Cipriani ha dovuto pagare da sé tutte queste spese. Nel 2014 è stato condannato in primo grado per diffamazione a mezzo stampa a cinque mesi di carcere e, avendo esaurito i suoi risparmi, non avendo più soldi per fronteggiare le spese, non ha presentato la richiesta di sospendere la condanna e di celebrare un  processo di appello. Perciò la sua condanna è divenuta esecutiva ed egli adesso rischia di essere portato in prigione. “Non avevo più soldi per difendermi. Ho finito i miei risparmi”, ha detto.

Sedici anni di condanne al carcere per diffamazione in quattro anni

Il carcere per diffamazione è una barbarie prevista dal codice penale italiano. Una barbarie che ha un chilling effect molto forte sulla libertà di informazione. Questo effetto si manifesta in modo latente, poiché il giornalista non va in carcere finché non cumula condanne superiori a due anni di detenzione. Ma periodicamente qualcuno supera questo cumulo e la legge canaglia agisce in modo più cruento. Le condanne a pene detentive per diffamazione sono più numerose di quanto appare leggendo le cronache dei giornali che raramente parlano dei processi per diffamazione. I giornalisti infatti non vogliono far sapere di essere stati querelati, neppure quando sono convinti che la querela sia pretestuosa, infondata, intimidatoria, e tanto meno vogliono far sapere di essere stati condannati, anche quando sono fermamente convinti che la condanna sia stata ingiusta. Provano un ingiustificato senso di colpa che dice quanto sia forte l’effetto intimidatorio delle querele pretestuose e delle cause strumentali per diffamazione.

Questo silenzio e la mancanza di statistiche ufficiali nascondono la gravità della situazione. Ma basta aprire gli occhi e riunire le poche informazioni disponibili per avere il termometro della situazione. E’ ciò che ha fatto Ossigeno per l’Informazione che il 22 maggio ha reso noto un impressionante dato statistico ricavato da uno studio effettuato sui risultati del suo monitoraggio: dal 2011 ad aprile 2015 almeno venti giornalisti sono stati condannati per diffamazione a pene carcerarie per complessivi sedici anni di detenzione.  Soltanto due di queste condanne sono diventate esecutive, quelle di Alessandro Sallusti e Francesco Cangemi, ed entrambi siano tornati liberi dopo pochi giorni di carcere. Ma l’effetto intimidatorio di queste condanne su chi raccoglie informazioni particolarmente delicate si è esplicato lo stesso.

I direttori responsabili

I direttori responsabili sono esposti alle condanne per diffamazione più frequentemente dei loro redattori perché rispondono di qualsiasi contenuto pubblicato, anche quando dirigono giornali che pubblicano cento e più pagine al giorno. La loro missione impossibile li mette continuamente nelle mani di giudici che, in base al codice penale, possono condannarli a pene carcerarie fino a sei anni di reclusione, e che li condannano a pene detentive anche per la pubblicazione di contenuti non giornalistici. Lo dimostra la paradossale condanna a otto mesi di detenzione del giornalista Pierluigi Visci, direttore responsabile del quotidiano di Bologna “il Resto del Carlino”. Il 21 maggio il giudice lo ha ritenuto responsabile di diffamazione perché il suo giornale ha pubblicato un necrologio poco rispettoso della buona immagine di un defunto. La riforma della legge sulla diffamazione da due anni all’esame del Parlamento dovrebbe risolvere il problema del carcere ma se approvata nella versione attuale lascerebbe molti problemi irrisolti. Fra l’altro non impedirebbe le querele infondate e l’abuso delle richieste di risarcimento a scopo intimidatorio, che è molto frequente.

Le vicende richiamate in questa relazione hanno avuto poco o nessuno spazio sui media italiani. L’assegnazione della scorta al reporter televisivo Sandro Ruotolo fa eccezione: ha riscosso buona attenzione mediatica. Anche la vicenda del giornalista Enzo Palmesano ha avuto eco. Fu licenziato da un quotidiano perché i suoi articoli non piacevano al boss mafioso della Campania. Accadde nel 2003 ma è stato scritto nella sentenza di un processo a dicembre 2014 e soltanto il 14 maggio questa vicenda è stata raccontata al grande pubblico. Lo ha fatto lo scrittore Roberto Saviano con un articolo sul quotidiano “La Repubblica”. Qualche modesta attenzione hanno suscitato le disavventure giudiziarie dei giornalisti de l’Unità.

Le statistiche di maggio 2015

A maggio 2015 Ossigeno ha segnalato 14 intimidazioni nei confronti di altrettanti giornalisti, blogger e operatori dei media e ha pubblicato in proposito 47 notizie in italiano, 18 in inglese e 18 in francese. Inoltre ha diffuso 8 newsletter in italiano e 3 in inglese. Queste le tipologie rilevate.

Cinque aggressioni. Due danneggiamenti (incendi dolosi). Sette avvertimenti, di cui  uno di matrice mafiosa con evidente pericolo di morte tale da indurre le autorità ad assegnare la scorta di polizia al giornalista Sandro Ruotolo. Due le azioni legali strumentali.

Sopra quota 2300

Nei primi 149 giorni del 2015 Ossigeno ha documentato minacce a 116 giornalisti. Inoltre ha reso note minacce ad altri 53 giornalisti per episodi verificatisi negli anni precedenti ma conosciuti adesso dall’Osservatorio. Gli episodi sono enumerati cronologicamente nella Tabella dei nomi delle vittime consultabile online . Cliccando su un nome della Tabella si apre la pagina del sito di Ossigeno che racconta il caso. Per ogni nuovo caso di minaccia ritenuto fondato, l’Osservatorio aggiunge il nome della vittima alla Tabella dei nomi dei giornalisti minacciati e incrementa il Contatore pubblicato in homepage su notiziario.ossigeno.info/ insieme alla cartina che indica la distribuzione territoriale delle minacce.

Il Contatore indica il numero dei giornalisti che hanno subito intimidazioni nell’anno in corso e il totale dei minacciati segnalati dall’Osservatorio dal 2006 a oggi. Dal 1 gennaio 2015 il Contatore ha avuto un incremento di 169 unità e il totale ha raggiunto quota 2314. Secondo le stime di Ossigeno per ogni intimidazione documentata dall’Osservatorio almeno altre dieci restano ignote perché le vittime non hanno la forza di renderle pubbliche.

LINK  ALLE NOTIZIE COMPLETE CITATE NEL RAPPORTO

Camorra. Sandro Ruotolo sotto scorta. Minacce di morte da boss in carcere

Michele Zagaria intercettato chiede di squartarlo. All’origine delle minacce l’intervista del ‘pentito’ Carmine Schiavone. L’ombra di una “trattativa”.

Reggio Calabria: in fiamme casa, auto e scooter di un giornalista sportivo

È accaduto la notte del 3 maggio 2015. Lorenzo Vitto, Gazzetta dello Sport e Stretto Web, non era in casa.

Guidonia. Bomba carta esplode sotto l’auto della portavoce del sindaco

L’atto intimidatorio in pieno giorno vicino agli uffici comunali. Forse alla base del gesto il lavoro di Elisabetta Aniballi per il periodico Il Municipale.

L’Unità. Giornalisti pagano risarcimenti al posto dell’editore

Il 5 maggio conferenza alla Camera della Fnsi. Oltre 500mila euro il conto per 26 giornalisti ed ex direttore.

Giornata memoria giornalisti uccisi. Ricordare i morti, proteggere i vivi

In ricordo di chi ha perso la vita per cercare la verità dobbiamo rendere più sicure le condizioni di lavoro dei cronisti

Pisa, Reporter aggredito mentre filma l’esterno di un cantiere

Il 7 maggio 2015 stava filmando l’ingresso di un cantiere da poco aperto a San Giuliano Terme, in provincia di Pisa

Benevento. Giornalista aggredito al termine di una partita

Il 9 maggio 2015, al termine della partita Puglianiello – Virtus Goti, una decina di ultras della squadra di Sant’Agata dei Goti ha aggredito e picchiato il giornalista di Sannio Press, Billy Nuzzolillo.

Milano. Racket  delle aste. Cronista “Corriere della sera” minacciata, carabiniere indagato

Nel 2013 Elisabetta Andreis ha ricevuto una telefonata minatoria. Secondo le indagini la chiamata è partita dall’anticamera del presidente della Corte d’Appello

Mafia. Saviano racconta il licenziamento di Enzo Palmesano

Lo scrittore racconta su la Repubblica la storia del giornalista di Pignataro Maggiore già resa nota da Ossigeno

Repubblica”: tra 30 e 50 i giornalisti sotto scorta in Italia

Il quotidiano romano dice che i cronisti protetti dalla polizia sono almeno il doppio rispetto a quelli finora calcolati da Ossigeno

Ex direttore di E-Polis rischia di finire in carcere come Sallusti

Antonio Cipriani dirigeva 15 testate free-press, ha dovuto fronteggiare 34 processi per diffamazione, ora la condanna dal tribunale di Oristano. Cresce la mobilitazione

Rai. Critiche su Fb, giornalista sospeso per due giorni

Confermata a Leonardo Metalli la sanzione annunciata a febbraio. Solidarietà da Cdr del Tg1, Usigrai e Stampa Romana. “Sconcerto per una scelta incomprensibile”

Giornalista di Formia denunciato per calunnia e schiaffeggiato

Aggredito, insultato e denunciato: per Francesco Furlan direttore del giornale on line H24Notizie.com, non è il primo episodio. E’ successo a Formia per un articolo su un affidamento comunale

Cronista de “La Gabbia” aggredito da un gruppo di rom

Marco Ferini era all’esterno di un capannone occupato abusivamente a Firenze. È stato minacciato e poi colpito con un bidone di plastica e altri oggetti

Porto Recanati (Mc). Incendiate auto e moto di un giornalista

“È un atto doloso, mi sono sentito morire, qui ci sono fenomeni criminosi preoccupanti”, dice Aurelio Bufalari, corrispondente del Corriere Adriatico

Carcere per diffamazione. Dal 2011 sedici anni di carcere a 20 giornalisti

Dati di Ossigeno resi noti al corso di aggiornamento alla Biblioteca Nazionale Centrale. Confronto di Iacopino e Della Volpe con il relatore della legge in discussione alla Camera

Sardegna. Ex arcivescovo insulta cronista “Unione Sarda”

Infastidito dalle domande su un prete pedofilo, monsignor Giuseppe Mani aggredisce verbalmente il giornalista

Necrologio offensivo, committente e direttore giornale condannati al carcere

Per la pubblicazione sul Resto del Carlino di un testo corrosivo dell’immagine del defunto. Il giornalista Pierluigi Visci risponde di omesso controllo.

Striscione offensivo contro giornalista di “Report

“Giornalista terrorista 100mila taxi SK” è la scritta apparsa a Roma davanti alla sede della Rai di via Teulada. Nel mirino un servizio sul servizio di trasporto alternativo al taxi

Giornalista attaccato da candidato sindaco di  Cerignola (Fg)

Gerardo Bevilacqua ha insultato il cronista Antonio Tufariello in tre diverse occasioni, due interviste ed un comizio. Solidarietà dall’Odg Puglia e Assostampa

Ragusa. Minacce a Borrometi. Polizia indaga e sequestra munizioni

Perquisizioni e denunce ad autori minacce rivolte al giornalista su Fb, alcuni con precedenti penali. OdG Sicilia ringrazia prefetto e questore.

Calabria: lettera minatoria a giornalista Vibo Valentia

“Fatti i fatti tuoi o ti sparo”. Nicola Costanzo, redattore del Quotidiano del Sud, l’ha consegnata alla polizia e ha presentato denuncia contro ignoti.

GM ASP

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