In un anno 9000 querele e 64 condanne al carcere
Questo articolo è disponibile anche in:
Ossigeno sulle cifre Istat dei procedimenti per diffamazione contro i giornalisti. Tra il 2011 e il 2017 raddoppiate le denunce. L’analisi di Giuseppe F. Mennella
“In attesa che il Parlamento approvi la legge per abolire il carcere per i giornalisti (tentativo inutilmente in atto dal 2001), è molto istruttivo dare uno sguardo alle cifre ufficiali e inoppugnabili – elaborate dall’ISTAT – sulle querele presentate contro i giornalisti, le archiviazioni, le condanne subite da chi è giudicato colpevole di diffamazione a mezzo stampa aggravata dall’attribuzione di fatto determinato (articolo 13 della legge sulla stampa del 1948).” E’ quanto ha affermato il prof. Giuseppe Federico Mennella, segretario dell’Osservatorio Ossigeno per l’Informazione, intervenendo al convegno organizzato da Ossigeno “Troppe Minacce ai Giornalisti” in corso al Senato.
Nel 2017 i giudici per le indagini preliminari hanno valutato 9479 querele per diffamazione a mezzo stampa aggravata dall’attribuzione di fatto determinato, archiviandone il 67 per cento.
Nel 2016 sono andate in decisione 9039 querele. Le archiviazioni sono state 6317, pari al 69,88 per cento.
Nel 2016 i condannati con sentenza irrevocabile sono stati 287. Le condanne a pene detentive sono state 38; 234 alla pena della multa. Nel 2017 le sentenze irrevocabili sono state 435. La pena detentiva è stata inflitta in 64 casi, quella alla multa in 336 procedimenti. Le condanne al carcere oscillano da un mese a due anni. La metà circa si colloca fra i tre e i sei mesi. Esaminando la serie storica, si nota una tendenza crescente alla querela facile.
Nel 2011 i giudici hanno valutato 4524 querele (archiviate il 67,57 per cento); nel 2016 9039 le querele decise (69,8 per cento archiviate). Dunque, l’allarme è giustificato: tra il 2011 e il 2017 le querele sono raddoppiate.
La stessa tendenza si ravvisa nelle condanne definitive: dalle 182 del 2014 alle 435 del 2017. Ancora così per le sentenze definitive al carcere: dalle 35 (sei donne) del 2014 alle 64 (26 donne) del 2017. Situazione identica per le condanne alla pena della multa: dalle 136 (28 donne) del 2014 alle 336 (99 donne) del 2017.
“Tutte queste cifre – ha aggiunto Mennella” – confermano le tendenze alla querela infondata, come dimostrano i dati sulle archiviazioni: il 70 per cento circa delle querele viene cestinato in fase di indagine preliminare. Sono numeri che descrivono una condizione di attacco alla professione.
Recentemente, dagli uffici giudiziari di Salerno e di Bari, due giudici hanno ritenuto ‘non manifestamente infondata’ la questione di legittimità costituzionale delle norme che prevedono le pene detentive per i giornalisti giudicati colpevoli di diffamazione. La Consulta si esprimerà nella prossima primavera, valutando le norme ordinarie alla luce di quelle costituzionali e della Convenzione europea per la Salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali e alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo si è sempre espressa contro la previsione legislativa del carcere per i giornalisti, oltre che contro le condanne alla reclusione (ammesse soltanto per i reati di istigazione alla violenza o di incitamento all’odio).
È a questi principi – ha concluso Mennella – che dovrebbe ispirarsi una legislazione rispettosa del diritto dei cittadini a essere informati.”
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!