Giustizia riparativa. La riforma Cartabia e l’informazione giornalistica
Potrebbe avere qualche effetto sui processi per diffamazione mezzo stampa se usata in modo costruttivo e in buona fede
OSSIGENO 9 marzo 2023 – Se ci si interroga su quali effetti la Riforma Cartabia ha prodotto in ambito giornalistico, la risposta è: quasi nessun effetto diretto, se si esclude la materia del diritto all’oblio, o meglio alla deindicizzazione delle notizie di cronaca giudiziaria confliggenti con sopravvenute sentenze assolutorie. Tuttavia, il nuovo istituto della Giustizia Riparativa merita senz’altro una breve riflessione, non fosse altro per l’efficacia deflattiva che può avere, se utilizzato adeguatamente e in buona fede da tutte le parti, in materia di processi penali aventi ad oggetto il reato di diffamazione.
I programmi di Giustizia Riparativa disciplinati dalla Riforma Cartabia sono accessibili senza preclusioni, in relazione alla fattispecie di reato o alla sua gravità. Quindi non v’è dubbio alcuno che anche il reato di diffamazione possa essere interessato da questo nuovo istituto giuridico che dovrebbe realizzare, secondo l’intento del Legislatore, il componimento bonario delle controversie penali mediante l’eliminazione degli effetti dannosi del reato. Nel nostro caso della diffamazione i danni potenziali di un articolo sono essenzialmente reputazionali. Talvolta tali danni possono essere anche materiali, qualora il danno reputazione abbia inciso concretamente su fattori patrimoniali e reddituali del soggetto asseritamente diffamato.
In generale, qualora si tratti di delitti perseguibili a querela, come è la diffamazione, si può accedere alla Giustizia Riparativa anche prima che sia stata proposta querela. Ciò consentirebbe al giornalista e al potenziale offeso di mettersi d’accordo per eliminare tempestivamente gli effetti dannosi di un articolo, anche prima di proporre querela, anzi, proprio al fine di evitare l’instaurazione di un processo penale e le connesse spese legali di difesa in Giudizio.
Il consenso alla partecipazione ai programmi di Giustizia Riparativa è personale, libero, consapevole, informato ed espresso in forma scritta. Quando il programma si conclude con un esito riparativo, questo può essere sia simbolico che materiale. L’esito simbolico può comprendere dichiarazioni o scuse formali, impegni comportamentali anche pubblici o rivolti alla comunità, accordi relativi alla frequentazione di persone o luoghi. L’esito materiale può comprendere il risarcimento del danno, le restituzioni, l’adoperarsi per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato o evitare che lo stesso sia portato a conseguenze ulteriori. È garantita alle parti l’assistenza dei mediatori per l’esecuzione degli accordi relativi all’esito simbolico. I difensori della persona indicata come autore dell’offesa e della vittima del reato hanno facoltà di assistere i partecipanti nella definizione degli accordi relativi all’esito materiale.
Al termine del programma viene trasmessa all’autorità giudiziaria procedente una relazione redatta dal mediatore contenente la descrizione delle attività svolte e dell’esito riparativo raggiunto. Ulteriori informazioni sono trasmesse su richiesta dei partecipanti e con il loro consenso. Il mediatore comunica all’autorità giudiziaria procedente anche la mancata effettuazione del programma, l’interruzione dello stesso o il mancato raggiungimento di un esito riparativo.
Gli effetti del buon esito del programma di Giustizia Riparativa sono decisamente importanti: quando il querelante, nel nostro caso: il diffamato, ha partecipato a un programma di giustizia riparativa concluso con un esito riparativo, nondimeno, quando l’esito riparativo comporta l’assunzione da parte dell’imputato (nel nostro caso un giornalista) di impegni comportamentali, la querela si intende rimessa solo quando gli impegni siano stati rispettati.
Concretamente, in materia di Giustizia Riparativa sono varie le “offerte” che il giornalista può rivolgere a chi si senta offeso da un suo articolo: intervista riparatoria, lettera di chiarimento, scuse pubbliche o private, risarcimento del danno, pubblicazione di un comunicato, oppure la classica rettifica o smentita. Il problema si pone, però, proprio per quest’ultimo istituto, giacché appare legittimo nutrire qualche dubbio sull’effettivo interesse che potrà avere la potenziale persona offesa a fare ricorso alla Giustizia Riparativa, soprattutto quando questa ha un valore meramente simbolico e senza contenuto economico, se si considera che l’art. 8 della Legge sulla Stampa, L. n. 47/1948, già mette a disposizione della persona offesa dal reato di diffamazione uno strumento giuridico più efficace, attivabile unilateralmente da chi si senta offeso da un articolo giornalistico, sulla base di un vero e proprio diritto potestativo, senza dover rinunciare, peraltro, alla prospettiva risarcitoria a contenuto economico che la prosecuzione del processo penale mette a disposizione della vittima del reato.
Anticamente, la diffamazione poteva essere risolta mediante duello con armi tra i contendenti, proprio perché si pensava che l’offesa all’onore potesse essere lavata solo mediante la vittoria in uno scontro fisico e violento. Non mancano cronache di celebri duelli che hanno risolto e composto offese alla reputazione di personaggi pubblici, anche di livello storico. Successivamente, abrogato questo strumento bizzarro di soluzione delle controversie, il reato di diffamazione non aveva più visto la possibilità di ricondurre a “confronto” giornalista e offeso. Ebbene, non è dato sapere quale utilizzo verrà fatto in ambito giornalistico della Giustizia Riparativa, ma è affascinante pensare e sperare che essa possa rappresentare una forma più moderna e più civile di “duello dialettico”, capace di risolvere velocemente le questioni legate alla reputazione e, al contempo, alleggerire il carico di lavoro dei Tribunali di tutta Italia.
L’ Avvocato Andrea Di Pietro è il coordinatore dello Sportello Legale Gratuito di Ossigeno
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