Disavventure di un giornalista querelato che credeva di essere tutelato dal suo editore
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OSSIGENO – 2 marzo 2021 – L’Ufficio Assistenza Legale Gratuita di Ossigeno ( vedi)che opera in collaborazione con Media Defence, ha concesso un contributo in denaro al giornalista Fabio Di Chio, a parziale copertura delle spese di difesa legali sostenute. Fabio Di Chio ricostruisce la sua vicenda affinché altri suoi colleghi possano trarne insegnamento
Sono stato pignorato perché il mio giornale, non ha onorato il patto di manleva con il quale mi aveva garantito che avrebbe pagato eventuali risarcimenti se fossi stato condannato per diffamazione. Sembra incredibile. Ma è successo davvero. In questa vicenda c’è un contorno di assurdità che voglio raccontare con la speranza che possa tornare utile ad altri che potrebbero trovarsi nella mia stessa situazione. Provo a riassumere la vicenda.
Non ho mai ricevuto né saputo che in redazione era arrivata una lettera che minacciava querela e richiesta di danni se non fosse stato eliminato un mio articolo dal sito internet della testata. Quando questa persona ha avviato la causa civile per danni (con un atto di citazione) io non ero più un dipendente del giornale. Quando ho saputo che ero chiamato in causa, ho pensato che comunque non avrei pagato personalmente eventuali risarcimenti decisi dal giudice, che li avrebbe pagati l’editore, perché da dipendente avevo la manleva firmata dall’amministratore delegato (oggi ex) del quotidiano e sottoscritta dalla Fieg che dava il bollino di qualità al patto. Mi sbagliavo. Sembra che se prima della sentenza sei andato in pensione, la manleva non vale più. Non lo sapevo.
Così quando sono stato condannato in primo grado, il Tribunale civile mi ha congelato conto corrente e bancomat e ha respinto il mio ricorso contro la sentenza. In pratica, sono rimasto con 20 euro in tasca. Dalla sconfitta alla disfatta. Poco tempo dopo c’è stato un giudizio della magistratura a mio favore: querelato per lo stesso articolo, il Tribunale penale mi ha assolto (su richiesta del pm) dalla presunta diffamazione di cui mi aveva accusato il signore di cui sopra. E ora? La fine della storia è ancora da scrivere.
Che dire? Miei cari colleghi, fate attenzione. La giustizia è fallibile e per difendersi in giudizio servono soldi e un giornalista precario, disoccupato o pensionato può non averli. Per fortuna, nel mio caso si è messa le mani in tasca la squadra di Ossigeno per l’informazione, “storm troopers” in difesa dei giornalisti vittime di ingiustizie e prossimi all’oblio, l’unica organizzazione ad avermi offerto e concesso un contributo in denaro per sostenere le spese legali. Altri non l’hanno fatto. Ringrazio ancora Ossigeno.
La manleva non mi ha garantito. La controfirma della Fieg è stata solo inchiostro: i giudici non l’hanno considerata garante. La società editrice non mi ha lanciato alcuna ciambella di salvataggio.
Voglio mettere in guardia anche i giornalisti dipendenti. Pensate che la proprietà della testata tuteli sempre i suoi redattori? Non è vero. Forse lo fanno gli editori ricchi. Un tempo era la prassi. Oggi la regola è che l’articolista deve sbrigarsela da solo e chi rompe paga. Un’altra cosa che ho imparato: la tutela scritta del vostro giornale può valere niente se non è coperta da una fideiussione. Ultima considerazione: noi giornalisti siamo bravi a farci i fatti degli altri ma incapaci di farci quelli nostri. Lo so che dirlo sa quasi di tradimento, però non fidatevi ciecamente di chi vi paga lo stipendio. Dimenticavo di dirlo: ero un dipendente del quotidiano Il Tempo.
Fabio Di Chio
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