Ddl diffamazione: Ossigeno in audizione in Senato
Sono stati ascoltati dalla Commissione Giustizia anche l’Ordine nazionale dei Giornalisti, la Fieg e il sindacato. L’Osservatorio: precedenza alle liti temerarie
La Commissione Giustizia del Senato giovedì 9 maggio 2009 ha ripreso l’esame dei disegni di legge sulla diffamazione a mezzo stampa. Per approfondire i diversi risvolti di una questione che coinvolge direttamente gli spazi della libertà di stampa, la Commissione ha convocato in audizioni informali rappresentanti dell’Ordine nazionale dei Giornalisti, di Ossigeno per l’Informazione, della Fieg e del sindacato.
I disegni di legge sono due: uno – a firma del senatore del M5S Primo Di Nicola – si occupa esclusivamente di liti temerarie, promosse “in mala fede o per colpa grave” contro i giornalisti con scopi intimidatori, prevedendo che il promotore della causa debba versare all’altra parte almeno metà del risarcimento richiesto a titolo di danni patrimoniali e non patrimoniali. Il secondo disegno di legge – a firma del senatore di Forza Italia Giacomo Caliendo – intende riformare l’intera materia relativa al reato di diffamazione a mezzo stampa. Ricordiamo che è dal 2001 che il Parlamento tenta inutilmente di varare questa riforma.
Il presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Carlo Verna, e il segretario generale di Ossigeno, Giuseppe Federico Mennella – in particolare – hanno chiesto che la Commissione dia assoluta precedenza all’approvazione del disegno di legge Di Nicola. Si tratta di un solo articolo che affronta in modo giusto ed equilibrato una delle grandi emergenze del giornalismo contemporaneo: le cause civili milionarie a fini intimidatori.
Poiché resta fuori da questa proposta il campo penale, Ossigeno ha anche chiesto di riformare l’articolo 427 del codice di procedura penale. Questa norma prevede che il querelato assolto con la formula “il fatto non sussiste” può chiedere il pagamento delle spese legali e se vi è colpa grave anche il risarcimento danni. Se si introducesse anche la formula perché “il fatto non costituisce reato” (quella con la quale vengono prosciolti i giornalisti), si limiterebbe in modo congruo il ricorso facile e per niente costoso alla querela da parte di chi intende soltanto impedire la diffusione di notizie sgradite.
Bisogna poi stabilire se questi procedimenti giudiziari vengono avviati perché si ritiene davvero lesa la propria reputazione e se ne chiede dunque il ripristino (restitutio in integrum), o se si ricorre alla giustizia per fermare la mano del giornalista, chiedendo risarcimenti anche esorbitanti (pretium doloris). La storia tra i poteri e l’informazione depone per la seconda ipotesi. Secondo Ossigeno, è ipotizzabile una strada per fermare le cause milionarie: introdurre il principio che la rapida pubblicazione di una rettifica vera e adeguata degli errori e delle inesattezze sia causa di non procedibilità in giudizio. Proposta questa affacciata da autorevoli giuristi ed esperti in diritto dell’informazione.
Più in generale – ha sostenuto il segretario di Ossigeno – il disegno di legge Caliendo si muove ancora nella logica punitiva delle ormai vecchie norme nazionali che regolano la diffamazione (codice penale del 1930 e legge sulla stampa del 1948), senza tenere in conto alcuno il fatto che la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e le relative sentenze della Corte di Strasburgo chiedono la depenalizzazione del reato di diffamazione, l’abrogazione delle pene detentive per i giornalisti (chiesta dal sindacato), sanzioni pecuniarie commisurate alla capacità economica del giornalista. Sulla stessa linea anche gli editori, rappresentati dal direttore Fieg, Fabrizio Carotti.
RDM
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