Diffamazione. Inpgi vuole 1,1 milioni € da 15 giornalisti
Per critiche agli amministratori durante un processo per truffa in cui l’istituto di previdenza ha rischiato di perdere 8 milioni €
L’Inpgi, l’ente pensionistico autonomo dei giornalisti italiani, ha fatto causa a 15 giornalisti chiedendo a ciascuno un risarcimento danni di 75mila euro, ”per i loro articoli scritti a margine del processo Sopaf”, considerati gravemente diffamatori. A parere di Ossigeno, la causa è infondata, ha un effetto intimidatorio e ritorsivo e perciò l’azione dovrebbe essere ritirata.
Fra quanti hanno ricevuto notifica dell’atto di citazione ci sono giornalisti molto noti, primo fra tutti Franco Abruzzo, ex presidente dell’Odg di Milano, sindaco dell’Inpgi, autore della newsletter che fa circolare notizie e opinioni a 360 gradi sulle vicende della categoria ed è perciò il notiziario più letto dai giornalisti italiani. Altri dieci giornalisti che hanno ricevuto la notifica fanno parte del Consiglio direttivo dell’Associazione Stampa Romana, altri due sono milanesi.
Il valore complessivo del risarcimento chiesto dall’istituto previdenziale autonomo supera il milione di euro, ha calcolato il presidente nazionale dell’Unci (Unione cronisti italiani), Alessandro Galimberti, che ha definito “kafkiana” la situazione creata dall’azione giudiziaria dell’Inpgi nei confronti di giornalisti suoi iscritti e contribuenti.
Sono tutti accusati di aver “colpito (l’Inpgi, ndr) nella reputazione e nell’immagine” con i loro articoli a commento del processo ai responsabili della società di partecipazioni Sopaf, il cui ex vicepresidente, Giorgio Magnoni, al termine del processo, è stato condannato per bancarotta patrimoniale e corruzione. Dalle indagini erano emersi presunti danni causati anche all’Inpgi, per il valore presumibile di 8 milioni € investiti nella società. Il presidente pro tempore del’Inpgi, Andrea Camporese, era indagato, ma alla fine, nel 2017. è stato assolto.
Gli articoli contestati risalgono al 2015. Contengono critiche alla gestione dell’Istituto e sollecitano la costituzione di parte civile nel processo Sopaf. L’atto di citazione sostiene che quelle critiche erano infondate ed esagerate e ciò sarebbe dimostrato dall’esito del processo.
IL PARERE DI OSSIGENO
Ossigeno per l’Informazione ha atteso due mesi prima di esprimersi su questa citazione, sperando che andassero felicemente in porto i tentativi di chiudere la partita con il ritiro della citazione in cambio di dichiarazioni dei giornalisti citati con le quali potessero attestare che il genuino intento che li ha mossi nel 2015 era quello di commentare una precisa fase dell’inchiesta, una fase precedente la sentenza che ha stabilito le responsabilità.
Poiché questi tentativi vanno per le lunghe, Ossigeno si è deciso a esprimere pubblicamente la sua valutazione: questa causa è infondata, é motivata molto debolmente, come lo sono in Italia ogni anno altre centinaia di citazioni per danni da diffamazione a mezzo stampa.
Per fortuna, in Tribunale la maggior parte di esse finisce nel nulla, svanisce come le bolle di sapone, ma fino a quel momento ognuna di queste cause ha un sostanziale effetto intimidatorio e punitivo e impone a chi ne è investito di sostenere ingenti spese legali: ciò che Ossigeno ha definito “una tassa sull’innocenza”.
Queste cause civili per danni da diffamazione sono ancor più ingiuste e punitive delle querele temerarie. Non a caso gli enti rappresentativi della categoria dei giornalisti chiedono da anni di porvi argine, di creare un valido deterrente. Come in altri paesi, la legge potrebbe farlo imponendo a chi promuove una di queste cause per diffamazione di depositare una cauzione proporzionata all’importo dei danni richiesti, una somma che il giudice dovrebbe trasferire all’accusato nel caso che respingesse la richiesta.
Speriamo che ciò avvenga, prima o poi. Ma in attesa che ciò avvenga, e per propiziare tale esito, occorre che i giornalisti e i loro enti – che sono i principali promotori di questo deterrente – diano prova di prudenza, di saggezza, di fattiva operosità: i primi, rinunciando ad usare negi commenti espressioni troppo colorite o esagerate, e gli altri, rinunciando a promuovere cause che sono certamente temerarie se si considera che la giurisprudenza riconosce confini molto ampi al diritto di cronaca e di critica e alla libertà di espressione.
ASP
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