D’Alema perde una causa contro l’Espresso
L’ex presidente del Consiglio condannato a pagare le spese processuali. All’origine un articolo del 2013 sugli appalti per la Tav di Firenze, in cui sarebbe stato coinvolto un imprenditore definito “vicino” all’uomo politico
Nel mese di ottobre 2018 il giudice del Tribunale civile di Roma, Marzia Cruciani, ha respinto l’azione risarcitoria promossa dall’ex presidente del Consiglio Massimo D’Alema nei confronti di Lirio Abbate, condannando l’ex presidente del Consiglio al pagamento di 5500 euro per spese processuali. La denuncia del politico riguardava anche il direttore pro tempore Bruno Manfellotto e l’editore.
La causa civile era stata intentata da D’Alema in seguito alla pubblicazione sul settimanale l‘Espresso, nell’ottobre 2013, di un articolo di Lirio Abbate dal titolo “Larghe intese larghi affari”. Abbate riferiva di un’inchiesta giudiziaria sulla spartizione di rilevanti appalti per la realizzazione della Tav di Firenze. Nell’articolo veniva citato un noto imprenditore, Roberto De Santis, considerato dagli inquirenti “molto vicino a Massimo D’Alema”.
Ciò – ha decretato il giudice – non è un’illazione del giornalista, ma un’ipotesi degli inquirenti. In sostanza, secondo la sentenza, Abbate ha scritto il vero, ha trattato questioni di interesse pubblico e si è attenuto al contenuto di atti giudiziari, senza travisarli o avanzare nuove ipotesi accusatorie. Per questi motivi il ricorso di D’Alema è stata respinto e lo stesso è stato condannato a pagare le spese processuali. Abbate, Manfellotto e il settimanale erano difesi dagli avvocati Virginia Ripa di Meana e Vanessa Giovannetti.
GFM
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