Diffamazione. Avv. Di Pietro: chi può controquerelare il suo accusatore
Cosa prevede la legge. I casi dei giornalista Leandro Salvia a Palermo e Carlo Ceraso a Spoleto
OSSIGENO 27 ottobre 2023 – di Andrea Di Pietro – In quali casi un giornalista può controquerelare chi lo ha querelato? Quando è opportuno avvalersi di questa facoltà? Perché?
Prima di rispondere a queste domande sollevate dal caso del giornalista Leandro Salvia (leggi), che ha denunciato per calunnia la persona che lo aveva querelato, voglio ricordare che, com’è noto, il giornalismo in Italia vive molte difficoltà a causa del dilagare di querele per diffamazione che costringono i giornalisti a difendersi in processi penali che nella maggior parte dei casi si concludono con il loro proscioglimento, lasciando tuttavia a loro carico spese e sofferenze.
Ossigeno persegue da oltre dieci anni la missione di osservare e segnalare queste difficoltà, alcune delle quali limitano il diritto di cronaca e la libertà di stampa in misura grave e con dinamiche che ne fanno un fenomeno ricorrente che non si riesce a combattere come si dovrebbe. Un problema che comprende anche intimidazioni e minacce attuate con violenze, discriminazioni, abusi della cui grande dimensione non si ha una chiara percezione nonostante essa sia ormai ampiamente documentata. Basta dire che dal 2006 a oggi Ossigeno ha rilevato e segnalato pubblicamente ben 6912 casi di pressioni indebite subite dai giornalisti in ragione del loro lavoro, con diverse modalità che configurano violazioni del diritto di informare, diritto che di fonda sugli articoli 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e 21 della Costituzione italiana.
La casistica è dunque immensa. E la ricaduta sociale è ancora più grande di questa casistica perché ogni colpo sferrato contro un giornalista per limitarne la libertà di raccogliere, diffondere e ricevere informazioni è un colpo sferrato contro il diritto di tutti noi di sapere la verità dei fatti su vicende di pubblico interesse e di conoscere le opinioni degli altri.
Tra le pressioni indebite subite dai giornalisti ci sono, appunto, le querele bavaglio o le cause civili temerarie con richieste di risarcimento danni esorbitanti, azioni legali promosse da chi vuole spegnere le luci dell’informazione per continuare ad agire nell’ombra.
Spesso ci chiediamo e altri ci chiedono: il singolo giornalista può fare qualcosa contro le querele bavaglio? La risposta non è semplice da dare, in questo contesto. Ovviamente, scendendo nei dettagli, bisogna fare numerose precisazioni giuridiche. Ma in breve si può dire: sì, in determinati casi e a certe condizioni il giornalista accusato di diffamazione da una querela presentata con la consapevolezza dell’innocenza altrui ha la possibilità di reagire presentando a sua volta una querela per calunnia.
E in questa casistica rientra il caso del giornalista siciliano Leandro Salvia, che con l’assistenza legale dello Sportello di Ossigeno per l’Informazione e con il contributo di Media Defence ha deciso, a luglio di quest’anno, di querelare per calunnia la persona che lo aveva accusato ingiustamente di diffamazione a mezzo stampa, sapendolo innocente.
Riassumo la vicenda. Leandro Salvia era stato querelato da una candidata alle elezioni comunali di San Cipirello (Pa) risultata non eletta, che aveva chiesto al giornalista centomila euro di danni, accusandolo falsamente di avere scritto sul suo conto fatti non veri. In conseguenza di questa querela, Leandro Salvia, ha subito un processo penale per diffamazione a mezzo stampa ed è stato prosciolto. Ma prima di vedere riconosciuta la sua innocenza ha vissuto un lungo periodo di angoscia, ha sostenuto spese legali e ha temuto di dover pagare un risarcimento di 100 mila euro. Il processo si è risolto a favore del giornalista dopo che il pubblico ministero ha accertato che le accuse contro di lui erano false: lo accusavano di qualcosa che non aveva fatto, sapendo che non lo aveva fatto. Queste circostanze gli hanno fornito sufficienti elementi per denunciare per calunnia chi lo aveva querelato.
La conclusione di questo processo ha dunque mostrato che in alcuni casi il problema delle querele temerarie può essere affrontato anche con una reazione adeguata dei giornalisti accusati ingiustamente di diffamazione.
Quanto alla configurabilità del delitto di calunnia contro chi promuove in malafede querele per diffamazione a mezzo stampa, ci sono degli importanti precedenti. Recentemente un caso analogo è stato trattato esattamente nel senso prospettato da Leandro Salvia e da Ossigeno. E’ stata infatti riconosciuta la calunnia dal Tribunale di Spoleto, con sentenza 16 marzo 2023, n. 276. In questo provvedimento sono ravvisabili alcuni profili di interesse in ordine alla questione della configurabilità del delitto di calunnia quando la falsa incolpazione del giornalista abbia ad oggetto il delitto di diffamazione a mezzo stampa.
Afferma in proposito il Tribunale di Spoleto che “il delitto di calunnia non è integrato da ogni querela presentata per il delitto di diffamazione che si riveli, all’esito del procedimento, infondata. Occorre, infatti, distinguere tra la situazione in cui il querelante lamenti la lesione della propria reputazione per uno scritto, il cui contenuto è giudicato lecito perché giustificato dal diritto di critica o di cronaca, dalla situazione in cui il querelante lamenti la falsità dei fatti descritti nell’articolo contestato”, esattamente come è accaduto nel caso di Leandro Salvia.
Un altro caso riguarda la giornalista Manuela Petescia, prosciolta dal Tribunale di Bari dall’accusa di diffamazione dell’ex presidente della Regione Molise in seguito alla quale il querelante è stato rinviato a giudizio per calunnia (vedi).
Da notare che sia il processo per calunnia di Spoleto, sia quello di Bari, sono stati promossi d’ufficio dalla Procura, senza una querela del giornalista danneggiato.
In questa situazione è evidente che di fronte alla rarità dei precedenti, per reagire a una querela temeraria con una querela per calunnia il giornalista deve compiere un atto di coraggio. Nonostante il precedente di Spoleto non c’è in giro molta fiducia nel fatto che alla prova dei fatti queste querele possano poi portare alla condanna di coloro che hanno cercato di tacitare il giornalista con un’azione giudiziaria intrapresa in malafede.
Del resto non si può chiedere solo ai giornalisti querelati il coraggio di agire attivamente per fermare l’enorme proliferazione delle querele calunniose per diffamazione a mezzo stampa. E’ anzitutto una competenza e una responsabilità del Parlamento. Non a caso tutti coloro che difendono la libertà di stampa e il diritto di informazione come Ossigeno, sollecitano da decenni il Parlamento italiano ad approvare nuove leggi più giuste e a introdurre nuove norme deterrenti. Queste nuove norme sono necessarie e bisogna approvarle. Ma nel frattempo Ossigeno chiede anche alla magistratura di applicare sistematicamente alcune norme che già esistono nei nostri codici allo scopo precipuo di impedire l’uso scorretto del sistema giudiziario e che attendono solo di essere applicate, ogni volta che i fatti e i comportamenti processuali lo consentono. Fra queste norme ci sono la contestazione del reato di calunnia in sede penale e la condanna per lite temeraria o abuso del processo portata avanti in sede civile con mala fede o con colpa grave. ADP
L’avvocato Andrea Di Pietro è il coordinatore dello Sportello Legale di Ossigeno per l’Informazione
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