Come prevenire aggressioni ai giornalisti che documentano il Covid e a chi spetta farlo
Filmare le persone che non rispettano le norme è rischioso. Ci vuole protezione. Dovrebbe fornirla chi dà questi incarichi ai cronisti o usa il loro lavoro
OSSIGENO 23 dicembre 2020 – Un altro giornalista e un altro video-operatore sono stati aggrediti domenica 21 dicembre 2020, stavolta a Roma, mentre andavano tra la gente per documentare per un programma RAI gli assembramenti in violazione delle norme di distanziamento anti-contagio.
Incidenti analoghi sono già accaduti, molte volte in questi mesi. Nessuno sa dire quante volte e quanti giornalisti e quanti video operatori ne sono stati vittime. Nessuno tiene questo conto. Si parla genericamente di “incidenti Covid”.
Gli episodi sono centinaia. A titolo di esempio, Ossigeno ne ha riferito oltre venti. Un comunicato di solidarietà per gli ultimi aggrediti parla di “ennesimo episodio” e, come molti altri in questi mesi, invoca l’intervento delle forze dell’ordine. Certamente sarebbe auspicabile. Ma è difficile immaginare sia possibile assegnare una squadra di poliziotti a ogni troupe televisiva. Questa richiesta non coglie l’essenza del problema.
Ci sono altri modi di proteggere i giornalisti che legittimamente si recano con le telecamere nelle piazze e nelle vie per mostrarci ciò che accade. E chiamano in causa la responsabilità del giornale che manda cronisti in missioni come queste che (com’è ormai dimostrato) sono rischiose. Chiamano in causa anche i giornali che utilizzano il lavoro di freelance che, pur di lavorare, accettano di lavorare senza rete di protezione .
Tutti sappiamo quale sarebbe l’adeguata protezione da adottare. In qualche caso può essere quella fornita da una scorta delle forze dell’ordine. In tutti gli altri casi può essere soltanto una scorta privata, quella di un numero adeguato di guardie giurate. E in ogni caso, a ogni giornalista (dipendente o freelance) inviato all’esterno della redazione in situazioni che comportano il rischio (più o meno alto) di essere aggredito, l’editore dovrebbe pagare una specifica e adeguata copertura assicurativa.
Invece di abbaiare alla luna bisognerebbe iniziare a discutere in questi termini dei cronisti e dei video operatori aggrediti mentre filmano gli assembramenti e altre situazioni a rischio di aggressione. Dobbiamo evitare il vago pietismo che circonda queste vicende e anche le richieste che non possono essere esaudite, che non aiutano le vittime e nascondono i veri problemi e le responsabilità. ASP
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