Che cosa sussurra ai legislatori italiani una sentenza di Strasburgo
La Corte dei diritti umani elenca i principi giuridici che presiedono e tutelano il diritto all’informazione, declinato come diritto dei cittadini
OSSIGENO – 9 giugno 2023 – di Giuseppe F. Mennella – Non sappiamo se il legislatore italiano leggerà la sentenza della Corte dei diritti umani che la professoressa Marina Castellaneta ha diffuso attraverso la sua imprescindibile newsletter settimanale. Farebbero bene a leggerla, i nostri parlamentari, perché questa sentenza affronta un caso giudiziario croato ma parla proprio al nostro legislatore, in particolare ai senatori della commissione Giustizia che – lento pede – stanno esaminando i disegni di legge di “riforma” delle norme penali e civili in materia di diffamazione a mezzo stampa. Leggi la notizia di Ossigeno
Nel dirimere un caso specifico di diffamazione e violazione della privacy, ancora e per l’ennesima volta, la Corte EDU ha prodotto una summa dei principi giuridici che presiedono e tutelano il diritto all’informazione, declinato come diritto dei cittadini a essere informati su fatti di interesse generale. È a questi standard che le leggi e le giurisprudenze nazionali devono adeguarsi.
I principi riaffermati sono così sintetizzabili: verità del fatto; interesse pubblico dello stesso; comportamento deontologicamente corretto (rispetto della vita privata, verifica delle fonti e dei fatti, accuratezza nella narrazione).
Quanto al linguaggio impiegato per raccontare i fatti, la Corte dei diritti umani insiste nel ribadire il suo orientamento: conta l’esposizione nel suo complesso, non la singola frase.
Dunque, i parametri sono questi e, se sono rispettati, un articolo può anche contenere espressioni o contenuti diffamatori, ma deve prevalere il diritto dei cittadini a essere informati su fatti grande rilievo pubblico.
A maggior ragione se nei fatti sono coinvolti personaggi pubblici, per esempio personalità politiche. Perché anche questo è un principio che non ammette deroghe: le persone pubbliche o note hanno una soglia di privacy più bassa quando si tratta di fatti, avvenimenti, comportamenti connessi alle loro funzioni.
La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali (articolo 10) sarebbe violata se venisse limitata la libertà di stampa perché da una parte ciò comprimerebbe il diritto della comunità a essere informati su fatti veri e di interesse generale e, dall’altra, verrebbe impedito all’informazione a svolgere il suo ruolo di “cane da guardia della democrazia”.
Ora la domanda è questa: i disegni di legge di “riforma” della diffamazione a mezzo stampa all’esame dell Commissione Giustizia del Senato rispondono ai parametri dettati dalla CEDU e dalla Corte EDU?
No, secondo Ossigeno per l’Informazione e altri nessuno dei disegni di legge rispetta gli standard internazionali in tema di libertà di espressione. Basterebbe analizzare il sistema delle pene proposte per sostituire quelle detentive. Ossigeno ha formulato e ampiamente motivato queste critiche nella memoria che ha inviato alla Commissione Giustizia del Senato e che vi invitiamo a leggere (LEGGI qui). In questo parere sono esposte anche alcune proposte che Ossigeno ha formulato ispirandosi ai principi della CEDU, alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo e ai principi richiamati recentemente dalla nostra Corte Costituzionale. GFM
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