Catania. Segretario Pd querela una giornalista per un articolo di satira politica
Angelo Villari ha reagito con la carta bollata contro Debora Borgese (L’Urlo) – Ossigeno lo invita a ritirare la querela e a chiudere il caso con un chiarimento pubblico
OSSIGENO 5 luglio 2022 – Angelo Villari, ex assessore al welfare del Comune di Catania, segretario del Partito Democratico del capoluogo etneo, ha querelato per diffamazione la giornalista Debora Borgese per un articolo di satira politica dal titolo “L’anno nero di Angelo Villari”, in cui l’autrice, commentando la mancata elezione del dirigente politico alle ultime elezioni regionali siciliane, affermava ironicamente che avrebbe fatto bene a lasciare la politica per abbracciare la carriera ecclesiastica. “Ad Angelo Villari non rimane altro che cambiare settore. E passare dalla politica alla carriera ecclesiastica. Magari, chissà! Si potrebbe candidare a Papa”, ha scritto. L’articolo è stato pubblicato il 27 novembre 2019 sulla testata L’Urlo, quotidiano online con sede a Catena, in provincia di Catania.
IL FATTO – Angelo Villari ha preso l’articolo alla lettera, considerando alcuni passaggi vere e proprie insinuazioni diffamatorie, sebbene siano formulati nello stesso tono iperbolico dell’invito a lasciare la politica per diventare papa. In particolare, il passaggio in cui la giornalista ironizza sul sostegno che egli ha dato a una candidata locale della sua stessa lista, e una frase in cui la giornalista riferisce un “si dice” secondo il quale avrebbe incontrato la stessa candidata poi eletta e l’ex direttore di una società partecipata per parlare di “posti”.
LA DIFESA – A Ossigeno, Debora Borgese spiega: “Nell’articolo si contesta che io avrei scritto che durante questi incontri che sarebbero avvenuti in un bar, circostanza confermata sotto giuramento dallo stesso segretario, i tre avrebbero discusso di ‘spartizione di posti di lavoro’. In realtà non ho mai scritto né di ‘spartizione’ e tanto meno di posti ‘di lavoro’. L’interpretazione fatta dal segretario del PD e, a quanto si apprende in sede d’esame della parte civile, anche dalle persone a lui vicine, è una chiara metonimia, ovvero un’interpretazione che i soggetti attribuiscono a qualcosa che non solo non è stato mai scritto come risulta in modo inequivocabile dal testo ma non è stato nemmeno da me pensato”.
OSSIGENO per l’Informazione si augura che il segretario del PD ritiri la querela e, se proprio non può fare a meno di fare conoscere le sue rimostranze lo faccia rilasciando una dichiarazione e chiedendo alla testata che lo ha offeso di pubblicarla, per spiegare apertamente che cosa gli ha dato fastidio e magari chieda le scuse per quel qualcosa che a suo avviso è andato oltre la misura. Ossigeno lo esorta ad accettare come una regola del gioco politico il fatto che un personaggio pubblico debba sopportare anche le critiche e anche un po’ di presa in giro. Su questo non c’è niente da fare. Ma a sua volta un politico si può rifare, può prendere in giro, entro certi limiti, la giornalista che lo ha fatto arrabbiare. Certamente c’è anche l’alternativa legittima di querelarla per diffamazione, di rimettere alla giustizia un chiarimento ai sensi del codice penale su una questioni che le parti potrebbero risolvere molto meglio e più rapidamente da soli. In questo caso il pubblico ministero e il giudice sono già stati investiti del procedimento. Ma si è ancora in tempo per risolvere la questione senza di loro. Perché non dovrebbe toccare certo a un giudice stabilire fino a che punto si può ironizzare. La satira politica è un genere giornalistico che ha cittadinanza nei Paesi liberi, anche in Italia, fino a prova contraria. La satira politica consente di graffiare il bersaglio prescelto facendone risaltare i punti deboli, le sconfitte, le gaffes. Consente di parlare dei personaggi pubblici con irriverenza, con insinuazioni, ma usando sempre un tono scherzoso, esagerato, grottesco che ci mette sull’avviso: ci suggerisce di non prendere troppo sul serio tutto ciò che si dice. GB
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