Beppe Alfano, cronista di mafia, fu ucciso 29 anni fa. Disse alla figlia: non posso tacere

La sua storia, le infiltrazioni a Barcellona Pozzo di Gotto (ME), l’iter giudiziario, alcune pagine del libro di Sonia Alfano sul sito “Ossigeno – Cercavano la verità”

OSSIGENO 7 gennaio 2022 – Ventinove anni fa, l’8 gennaio 1993, Giuseppe (detto Beppe) Alfano fu ucciso a Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) a colpi di arma da fuoco. Era da solo, all’interno della sua automobile, non lontano dalla sua abitazione. Gli spararono in bocca. Aveva 47 anni. Era un insegnante. Per passione svolgeva attività di cronaca e di inchiesta per le emittenti locali e come corrispondente del quotidiano “La Sicilia”di Catania. Non era iscritto all’Ordine dei Giornalisti, ma fu iscritto ad honorem dopo la tragica morte, riconoscendo il valore del suo impegno giornalistico e sociale. Con i suoi articoli, Beppe Alfano squarciò la coltre di ipocrisia che copriva la presenza delle mafie in quella parte della provincia di Messina che in quegli anni viveva considerata una delle zone cosiddette “babbe” della Sicilia, cioè indenni dalla presenza e dalle infiltrazioni mafiose. Le sue inchieste esclusive fecero emergere storie di appalti irregolari, un traffico di stupefacenti e di armi, intrecci tra cosche, amministrazioni locali e massoneria.

IL RICORDO DELLA FIGLIA – In occasione di questo ventinovesimo anniversario, su concessione dell’autrice, Ossigeno pubblica sul sito “Ossigeno – Cercavano la verità” www.giornalistiuccisi.it, (che ospita già la storia di questo coraggioso cronista e della faticosa ricerca dei responsabili del suo assassinio  leggi) le prime pagine del libro della figlia, Sonia Alfano, dal titolo “La zona d’ombra. La lezione di mio padre ucciso dalla mafia e abbandonato dallo Stato”, edito da Rizzoli nel 2011 e non più in commercio. Il racconto comincia da una sera di novembre 1992, due mesi prima dell’uccisione del giornalista. Quel giorno Antonino Mostaccio, ex presidente dell’AIAS, l’Associazione Italiana Assistenza Spastici sulla cui attività il cronista stava conducendo una inchiesta, avrebbe detto a Beppe Alfano che lui non sarebbe arrivato al 20 gennaio. Gli aveva offerto trentanove milioni di lire affinché non scrivesse più articoli sulla gestione dell’AIAS. Alfano rifiutò. Oggi Sonia Alfano racconta a Ossigeno: «Devo continuare a scrivere, mi disse mio padre. Quella sera, come in altre successive, percepii tutta la sua preoccupazione. Ma non gli credetti fino in fondo: è questo il mio più grande rimpianto. Dopo il suo omicidio scesi in strada. Fu il nostro cane a portarmi dove c’era il sangue di mio padre. Ebbi la necessità di sentire il suo odore. A distanza di anni è quell’odore che mi spinge a continuare a lottare per ottenere giustizia per la sua uccisione». LEGGI 

I PROCESSI – Per l’assassinio di Beppe Alfano nel 2006 sono stati condannati Nino Merlino quale esecutore materiale e il boss Giuseppe Gullotti come mandante. Nel 2019 la Corte d’appello di Reggio Calabria ha acconsentito alla revisione del processo, su istanza dei legali di Gullotti. Sonia Alfano dice a Ossigeno: «Sebbene sia prevista dal nostro ordinamento giuridico, questa revisione è uno scandalo perché è stata disposta esclusivamente su richiesta del mandante dell’omicidio di mio padre, senza che il giudice vagliasse, come da procedura, l’esistenza e la validità di eventuali nuove prove. Il processo va avanti nel totale silenzio delle istituzioni. Adesso siamo in prossimità della sentenza, che potrebbe arrivare prima della conclusione del procedimento per corruzione contro il magistrato Olindo Canali, accusato di essere stato pagato dal boss Gullotti per fargli ottenere la revisione del processo». In corso anche le indagini, riaperte a dicembre 2020, sull’arma del delitto.

LE INIZIATIVE – L’8 gennaio, presso la stele alla memoria di Beppe Alfano eretta a Barcellona Pozzo di Gotto in Via Marconi, sarà deposta una corona d’alloro, seguirà un momento di preghiera. «Non parteciperò a qusta commemorazione a causa della recrudescenza dei contagi da Covid-19» dice a Ossigeno Sonia Alfano, che sottolinea di essere, in generale, delusa e arrabbiata nei confronti dello Stato «che non ha dimostrato in questi lunghi anni di volere davvero onorare la memoria di mio padre. È avvilente constatare che esistono vittime di mafia per le quali le commemorazioni si sprecano e vittime dimenticate».

«Ringrazio Ossigeno – sottolinea la figlia del cronista – perché prova a ricordare tutti i giornalisti italiani uccisi dalle mafie, dal terrorismo e dalle guerre. Ciascuno di essi aveva una storia umana, oltre che professionale, che va tramandata in onore della dignità di queste persone che, nella maggior parte dei casi, attendono ancora giustizia. È importante che l’operazione della memoria parta dai giornalisti, se così non fosse sarebbe avvilente per l’intera categoria».

(Hanno collaborato Vincenzo Arena e Grazia Pia Attolini)

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