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Violazioni verificate

Bari. Rifiuta intervista e aggredisce una giornalista del Tg1 Rai

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La moglie di un boss, condannata per mafia, ha dato un pugno all’inviata Maria Grazia Mazzola. Ora è indagata per minacce e lesioni. Proteste e solidarietà.

Ha avuto enorme risonanza l’aggressione alla nota  giornalista della Rai Maria Grazia Mazzola. L’ inviata del Tg1, il 9 febbraio 2018, è stata colpita al volto, con un potente schiaffo che l’ha costretta a ricorrere alle cure mediche e a portare un collare ortopedico per dieci giorni. È accaduto a Bari, all’ingresso di un’abitazione del popolare quartiere Libertà. La donna è Monica Leara, moglie del boss Lorenzo Caldarola, affiliato al clan Strisciuglio, alla quale la giornalista aveva chiesto di rilasciarle un’intervista da inserire in una inchiesta sulle baby gang che imperversano in Puglia. Lo spunto veniva dal fatto che i due figli della donna hanno entrambi precedenti penali.

“La verità è ancora più preoccupante di quella raccontata due mesi fa, in quanto Monica Leara, moglie del boss Lorenzo Caldarola, in carcere per mafia, non è solo la moglie di un boss ma è lei stessa un boss, come da sentenza della Cassazione del 2004: è stata condannata per associazione mafiosa”, ha precisato il 6 aprile 2018, in una dichiarazione all’Ansa, la stessa giornalista. Lo ha detto quando ha ricevuto il Premio Iride della Fidapa (Federazione Italiana Donne Arti Professioni e Affari). In quell’occasione Mazzola, riferisce ancora l’Ansa,  ha  sottolineato che la signora Laera non l’ha colpita con uno schiaffo ma con un pugno per il quale ha avuto quaranta giorni di prognosi. Inoltra la giornalista ha reso noto di aver denunciato per minacce un’altra donna, intervenuta dopo l’agressione della Laera. Si tratta di Angela Ladisa, moglie di Giuseppe Mercante, pluripregiudicato, imparentata con Caldarola.

I FATTI – Il 9 febbraio, Monica Leara ha rifiutato l’intervista ma non si è accontentata di esprimersi con le parole. La giornalista ha sottolineato di non avere fatto nulla per provocare la sua reazione. “Non sono stata insistente, sono stata piuttosto anglosassone”, ha detto. E a riprova ha mostrato le immagini registrate al momento dell’aggressione.

Monica Leara ha minimizzato l’episodio. Ma dopo l’ondata di proteste che l’ha investita e le molte attestazioni pubbliche di solidarietà nei confronti della giornalista, ha cambiato atteggiamento. L’11 febbraio, intervistata dal Tgr Puglia, ha chiesto pubblicamente scusa alla Mazzola. Adesso è indagata per minacce e lesioni. Le indagini sull’aggressione alla giornalista sono condotte dalla Dda.

“Crederò nelle scuse il giorno in cui la signora Caldarola prenderà i suoi figli e li inserirà nel programma dello Stato della Repubblica italiana che si chiama ‘Liberi di scegliere’. Andassero fuori dai clan a fare il programma per la legalità e a comportarsi da persone civili”, ha replicato la giornalista intervistata da Rainews (guarda il servizio).

LA SOLIDARIETÀ – Sono stati tantissimi gli esponenti del mondo della politica e dell’informazione ad esprimere solidarietà a Mazzola. L’aggressione è stata definita “inaccettabile” dal comitato di redazione del Tg1, dall’Assostampa Puglia, dall’Usigrai e dalla Fnsi. Tra gli altri, hanno espresso solidarietà alla giornalista anche l’Ordine nazionale dei giornalisti e quello del Lazio. Libera ha definito l’aggressione “un atto vile e violento”. Il presidente e il direttore generale della Rai hanno parlato di “un tentativo di intimidazione dell’informazione del servizio pubblico che non può essere tollerato”, mentre il direttore del Tg1 Andrea Montanari ha parlato di “atto vile e inquietante” e ha ricevuto la telefonata del premier Paolo Gentiloni. Quest’ultimo ha condannato il gesto e ha espresso solidarietà alla giornalista. Per Rosy Bindi, presidente della commissione parlamentare antimafia, “le mafie non tollerano chi informa l’opinione pubblica raccontando la realtà criminale del Paese”. Bindi ha definito i giornalisti d’inchiesta “alleati preziosi nella battaglia contro la criminalità organizzata”. Solidarietà anche dal presidente del Senato, Pietro Grasso, che ha parlato di “attacco alla democrazia”, e dalla presidente della Camera, Laura Boldrini. Ferma condanna dell’episodio e vicinanza alla giornalista è stata espressa anche dal presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, e dal sindaco di Bari, Antonio Decaro.

RAFFORZAMENTO DEI CONTROLLI – Il 10 febbraio, il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica di Bari si è riunito in Prefettura e ha disposto un rafforzamento dei controlli da parte delle forze dell’ordine nel quartiere Libertà. Alla riunione ha partecipato anche il sindaco di Bari, Antonio Decaro, il quale ha assicurato che “i cittadini non intendono voltare la testa dall’altra parte rispetto a simili episodi”. Inoltre, lo stesso giorno, in una nota diffusa al termine di un incontro tra il segretario generale della FNSI, Raffaele Lorusso, e i presidenti dell’Associazione della Stampa e dell’Ordine dei giornalisti di Puglia, Bepi Martellotta e Piero Ricci, con il questore di Bari, Carmine Esposito, la Fnsi ha annunciato di voler chiedere al ministro dell’Interno – Marco Minniti – la convocazione una riunione del Coordinamento per la sicurezza dei giornalisti per fare il punto della situazione su quanto avvenuto a Bari e in altre realtà.

IL PRESIDIO – Domenica 11 febbraio, proprio davanti alla chiesa del Redentore, nel quartiere Libertà, è stata indetta da Libera una manifestazione per la libertà di stampa, in segno di solidarietà a Mazzola. Al presidio hanno partecipato il coordinatore regionale di Libera Puglia, Mario Dabbicco, il sindaco di Bari e presidente Anci, Antonio Decaro, il presidente dell’Ordine dei giornalisti della Puglia, Piero Ricci, e il segretario generale della Federazione nazionale della stampa (Fnsi), Raffaele Lorusso. “Si deve avere fiducia e vincere la paura che probabilmente ha limitato la partecipazione alla manifestazione di domenica. In quell’area della città non è assente lo Stato, che la presidia con l’impegno costante delle forze di polizia e della magistratura”, ha detto all’indomani dell’evento il Procuratore di Bari, Volpe.

RDM

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