Assistenza legale. Parlano Giulia Cerino e l’avv. Di Pietro
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Perchè la giornalista querelata per diffamazione (vedi) ha chiesto aiuto a Ossigeno. Il caso inquadrato dal coordinatore del servizio legale
LA QUERELATA – “Il mio servizio è stato trasmesso nel 2015 all’interno del programma televisivo AnnoUno prodotto da Zerostudios. Due anni dopo la messa in onda – ha spiegato Giulia Cerino – mi ritrovo querelata e nella necessità di affrontare in proprio le relative spese legali, a causa del rifiuto della società di produzione di farsene carico. Perciò mi sono rivolta a Ossigeno per l’informazione. Sono lieta che la mia richiesta sia stata accolta. Ho risolto un problema che mi angosciava. Il rifiuto della produzione di AnnoUno mi ha sorpreso. Avevo ricevuto un’altra querela, per un altro servizio trasmesso da AnnoUno, e in quel caso l’editore si era comportato bene, mi aveva dato solidarietà, si era fatto carico delle spese legali e processuali. Credo che abbia pesato contato il fatto che non lavoravo più per Announo ma in un’altra redazione, quando mi hanno comunicato che non avrei avuto la copertura legale. Ho motivo di credere che la decisione di non farsi carico di quest’altra querela sia dovuta anche ad altre ragioni e in particolare al fatto che il programma Announo non era più in onda, essendo terminato a maggio del 2015”.
L’AVVOCATO – “In primo luogo– spiega l’avvocato Andrea Di Pietro, coordinatore dell’Ufficio di Assistenza Legale di Ossigeno – abbiamo analizzato il linguaggio narrativo dei fatti e visto che il servizio raccoglie ed espone commenti su un fatto che era di indubbio interesse pubblico ed era affrontato in quanto emblematico ed esemplificativo di vicende su cui era in corso un dibattito pubblico. C’era infatti in corso da tempo una discussione per valutare se le norme penali vigenti per punire i responsabili di incidenti stradali con conseguenze fatali fossero adeguate. Quel dibattito che si è concluso nel 2016 con la modifica legislativa delle norme. Il focus del servizio di Giulia Cerino era proprio su questo problema. Il querelante veniva chiamato in causa quale conducente dell’autovettura soltanto per circostanziare i fatti da commentare ed era individuabile soltanto dai soggetti che già conoscevano la vicenda. Durante il servizio l’intervistatrice e i soggetti intervistati soltanto il suo nome di battesimo, mai il cognome, né vengono pubblicate immagini del suo volto, o altri elementi utili alla sua certa identificazione”.
ASP