Assistenza legale Ossigeno a un cronista condannato per diffamazione
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Un contributo in denaro per sostenere il processo d’appello – Ha pubblicato due articoli sui rapporti fra amministratori locali e imputati in un processo per mafia
OSSIGENO 13 giugno 2024 – Lo Sportello Legale di Ossigeno vedi, che opera in collaborazione con Media Defence, ha concesso un contributo in denaro al giornalista Giampiero Carbone per contribuire alle sue spese legali per difendersi in un processo d’appello per diffamazione a mezzo stampa in cui è difeso dagli avvocati Anna Rossomando di Torino ed Emiliano Bottazzi di Genova. Il giornalista racconta la vicenda giudiziaria in questo testo, scritto per Ossigeno.
Mi chiamo Giampiero Carbone, ho 49 anni, abito a Gavi (Alessandria). Sono un giornalista pubblicista dal 2003. Collaboro da circa vent’anni con settimanali e quotidiani locali della Provincia di Alessandria e ho un blog, giornale7.it. Ringrazio di cuore Ossigeno per l’Informazione per aver deciso di sostenere una parte delle spese legali che sto sostenendo da solo per difendermi in una causa per diffamazione intentata nei mei confronti da un sindaco della mia zona.
Alla fine del 2017 sono stato informato che l’associazione Casa della Legalità di Genova, da anni in prima fila nella lotta alla criminalità organizzata in Liguria e nel basso Piemonte, aveva depositato una memoria presso il tribunale di Palmi in vista del processo Alchemia, relativo proprio alla presenza delle ‘ndrine calabresi in Liguria e in provincia di Alessandria. Nel 2016, grazie alla cosiddetta operazione Alchemia, erano finiti in manette e poi a giudizio boss di un certo rilievo, e personaggi considerati i loro referenti nel Novese.
Un imprenditore di Novi Ligure, nell’ordinanza di arresto veniva definito “partecipe della cosca Raso-Gullace-Albanese” nel ruolo di accompagnatore e “telefonista” di Nino Gullace. Un’altra imprenditrice locale, secondo gli inquirenti, era a “completa disposizione degli interessi della cosca” Gagliostro-Parrello di Palmi ed era legata a un altro soggetto considerato “il gestore di fatto di imprese riconducibili al sodalizio criminoso” nella zona di Serravalle Scrivia.
La ditta in questione aveva ottenuto appalti da numerosi Comuni del territorio del Novese, intorno a Novi Ligure, e anche per il Terzo valico dei Giovi, la linea ferroviaria ad alta capacità in costruzione tra Genova e Tortona.
In primo grado a Palmi i prestanome della mafia sono stati condannati per associazione a delinquere, escludendo l’articolo 416 bis. Ora è in corso a Reggio Calabria il processo di Appello.
In base alla memoria della Casa della Legalità ho pubblicato due articoli sul mio blog. Entrambi prendevano spunto in particolare dalle intercettazioni allegate all’ordinanza di custodia cautelare che aveva portato agli arresti dell’operazione Alchemia.
Il primo articolo ricordava quanto riportato nella memoria: gli incarichi concessi dal Comune a una società di servizi e le foto pubblicate su Facebook che ritraevano l’allora vicesindaco insieme ai soggetti incriminati e condannati a Palmi. Si rilevava il fatto che lei, pur avendo un incarico pubblico, lasciava visibili a tutti le immagini in cui era ritratta con una persona a processo per associazione mafiosa.
Nel secondo articolo veniva riportata l’intercettazione telefonica nella quale l’altro prestanome condannato a Palmi si vantava delle sue conoscenze in Comune, che lo avrebbero in qualche modo favorito.
Successivamente ho pubblicato le repliche del sindaco e della vice sindaca e ho scritto che non erano indagati. Tuttavia sono stato denunciato dai due, rinviato a giudizio e condannato a 200 euro di multa. Non solo: il Comune si era costituito parte civile insieme ai querelanti e il giudice ha disposto un risarcimento complessivo di circa 25 mila euro a loro favore. Il giudice, con una sentenza di ben 142 pagine, non ha contestato quasi nulla in merito alla veridicità dei fatti ma ha ritenuto che avrei insinuato nel lettore il fatto che il Comune e i suoi amministratori dell’epoca sarebbero stati collusi o conniventi con i due personaggi a processo e quindi con la ‘Ndrangheta.
In realtà, come ha stabilito la Cassazione, è un diritto del giornalista indicare legami fra fatti e persone, fra persone e persone, con la sola (ovvia) necessità che gli “elementi” su cui si fondano tali legami siano veri e verificati, come in questo caso: gli incarichi alla società di servizi da parte del Comune c’erano, c’è un’intercettazione nella quale una persona accusata del 416 bis dice di sostenere l’allora sindaco e la vicesindaco ritratta su Facebook con una persona sulla quale ricade la stessa accusa. Con gli avvocati Anna Rossomando di Torino ed Emiliano Bottazzi di Genova ho presentato Appello e confido in una sentenza che sancisca il diritto del giornalista a informare i cittadini su queste vicende.
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