Realizzato nell'ambito del progetto OSSIGENO M.A.P. - MONITOR ASSIST AND PROTECT, co-finanziato da GMDF (Global Media Defense Fund), il Fondo creato nell'ambito della Campagna Globale per la Libertà dei Media nel quadro del Piano d'Azione dell'ONU per la Sicurezza dei Giornalisti e la tematica dell'Impunità. Il GMDF è stato sviluppato con l'obiettivo di facilitare la libertà dei media e migliorare l'accesso dei giornalisti ad una tutela legale specializzata e sensibile alla diversità di genere. Gli autori sono responsabili della scelta e della presentazione dei fatti contenuti in questa pubblicazione e delle opinioni ivi espresse, che non sono necessariamente quelle dell'UNESCO e non impegnano l'UNESCO.

Ossigeno aiuta un giornalista querelato e assolto che deve pagare l’avvocato

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OSSIGENO 13 aprile 2022 – L’Ufficio Assistenza Legale Gratuita di Ossigeno che opera in collaborazione con Media Defence, gli ha concesso un contributo in denaro a parziale copertura delle spese sostenute. Ecco come racconta la vicenda 

di Silvio Leoni –  Sono un giornalista. Da oltre trent’anni mi occupo, prevalentemente, di tematiche giudiziarie e di questioni legate al terrorismo e alla criminalità organizzata. Ambiti delicati che richiedono molta attenzione e cautela, più che in altri casi, per tante ragioni. Non solo perché si rischia di essere facilmente querelati ma anche perché si maneggia la vita delicatissima delle persone. E l’errore è dietro l’angolo. Basta davvero poco. Può succedere di sbagliare, pur prestando mille attenzioni. Capita. E  bisogna essere onesti e corretti, anche scusandosi se si ha torto.

Tutto questo, però, non sempre è sufficiente, nonostante le notizie prima di essere pubblicate passino al vaglio dei colleghi che hanno la responsabilità di controllarle prima della pubblicazione. Perché in Italia querelare un giornalista è davvero facile, talmente facile che, lo dico per esperienza, capita sempre più spesso di vedere querele presentate senza un reale motivo, solo per intimidire i giornalisti, per metterli a tacere, per recapitargli avvertimenti paramafiosi che li inducano ad occuparsi di altro, a girare alla larga, a mollare l’osso.

Ho preso più di una querela nella mia vita professionale. Non tantissime ma più che sufficienti per indurmi a rileggere tante e tante volte il pezzo prima di consegnarlo, limandolo ripetutamente laddove c’è il pur minimo sospetto che possa “ferire” qualcuno. E, magari, indurlo alla temutissima querela.

Ma non basta. Querelare un giornalista è diventata, oramai, una consuetudine. A prescindere se si ritenga di avere davvero ragione e se vi siano i reali presupposti. Magari il querelante si sente indispettito da un titolo o da una frase che percepisce urticante. O da una foto a corredo del pezzo. O semplicemente dal fatto di essere finito sui giornali. E parte l’immancabile querela.

Come è accaduto a me in questo caso. Attenendomi ai fatti, ho solo raccontato – così come mi aveva chiesto la caposervizio – la vicenda giudiziaria dell’assegnazione di chioschi a Ostia con la condanna in primo grado di alcune persone coinvolte nell’indagine della Procura di Roma.

Apparentemente non ho scritto nulla che potesse indurre chicchessia a querelare. Semplicemente mi rifacevo alla sentenza del Tribunale di Roma.

Eppure poco tempo dopo ho ricevuto l’immancabile querela, presentata da due dei condannati, peraltro, non solo contro di me ma contro altri dodici colleghi di altrettanti giornali che avevano scritto della stessa vicenda.

Sapevo di essere nel giusto, tant’è che lo stesso pm ha chiesto l’archiviazione e il giudice gliel’ha concessa.

Questo, però, non è servito a indurre l’editore a pagare le spese legali he ho dovuto sostenere, pur essendo stato affermato chiaramente dalla magistratura che il mio comportamento era stato professionalmente corretto.

Conosco da anni l’attività dei colleghi di Ossigeno per l’Informazione. E mi sono spesso chiesto perché hanno  preso in carico una questione così spinosa come quella della difesa dei giornalisti querelati, talvolta con l’unico scopo di  intimidirli, sottoporli a pressione e metterli a tacere con querele temerarie.

Lì ringrazio molto, ovviamente, di aver contribuito alla mia difesa in termini economici.

Ma li ringrazio soprattutto per avermi fatto capire quanto è importante, di più, fondamentale, la loro attività. Non solo per giornalisti come me che sono assunti da un giornale, pur se poi l’editore si volta dall’altra parte, ma soprattutto per quei tanti colleghi freelance che non sanno mai, fino a quando non gli arriva la querela, quanto gli costerà il loro coraggio, la loro professionalità, la loro determinazione nel raccontare semplicemente i fatti.

Colgo l’occasione per ringraziare l’avvocato Ippolita Naso che, dopo che il mio giornale mi ha scaricato, ha assunto la mia difesa e l’ha portata avanti magistralmente.

Mi auguro che l’editore del giornale per il quale lavoro rifletta sull’intera vicenda: dopo avermi chiesto, per due volte, di ricostruire la questione, ha poi ignorato la richiesta di farsi carico delle spese.

È ancora in tempo per dimostrare che la difesa della libertà di stampa va anche praticata concretamente oltreché teorizzata.

Silvio Leoni

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