Andrea Rocchelli e la sua città. “Questi ricordi sono un patrimonio da coltivare”
Il presidente di Ossigeno spiega perché l’Osservatorio sui giornalisti minacciati ha raccolto in un video le testimonianze di chi ha conosciuto il foto reporter ucciso in Ucraina nel 2014
OSSIGENO 27 settembre 2021 – E’ bello che il ricordo di Andrea Rocchelli sia vivo, presente, nella sua città, non soltanto nei pensieri dei suoi familiari e delle persone che gli hanno voluto bene, ma nella mente di molti che – come me – non hanno avuto modo di conoscerlo e solo dopo la sua tragica fine hanno saputo chi era.
Il documentario “Ciao Andy, un abbraccio da Pavia” (vedi il trailer), prodotto da Ossigeno per l’Informazione e presentato in anteprima, a Pavia, nel giorno in cui egli avrebbe compiuto 38 anni, mostra che, sette anni dopo la sua morte, sempre più persone conoscono e ricordano le sue straordinarie qualità umane e professionali.
Questi ricordi sono un patrimonio importante, da coltivare: insieme alle sue straordinarie fotografie ci aiutano a pensare, a riflettere.
Andrea non ha avuto una lunga vita. Ma ha seminato molto. I suoi semi continuano a germogliare.
La sua storia insegna molte cose. Ci dice che puoi nascere a Pavia ed essere un cittadino del mondo che difende i deboli e testimonia il suo impegno civile praticando un lavoro di alta professionalità scelto per passione: il lavoro di Andrea era il foto-giornalismo nelle zone di guerra e nelle aree di crisi. Gli consentiva di produrre immagini che commuovevano il mondo.
Ecco perché questa raccolta di ricordi commuove anche noi e, allo stesso tempo, ci insegna qualcosa, ci fa riflettere su molte cose: sulla vita, sulla guerra, sulla scarsa considerazione che la nostra società ancora oggi ha per i civili – le donne, i bambini, gli anziani – che a causa delle guerre sopportano lutti ed enormi sofferenze. Ci fa riflettere sulla poca considerazione per i cronisti come Andrea, che vanno là dove vengono commessi crimini di guerra, ci vanno per fare sapere a noi e al mondo intero ciò che accade, ciò che dovremmo impedire.
La storia di Andrea ci fa riflettere soprattutto su una cosa: quando uno di questi cronisti di guerra viene ucciso, noi e le nostre istituzioni non ce la possiamo cavare dicendo che era nel posto sbagliato, dicendo che è tutta colpa sua, o che non è colpa di nessuno, che questi sono danni collaterali della guerra e non si possono evitare.
Purtroppo questo è già accaduto, spesso. Noi vogliamo che non accada più, né per Andrea Rocchelli né per nessun altro.
Alberto Spampinato
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