Altre querele a giornalisti che parlano di mafia. Tre sentenze di archiviazione

OSSIGENO 15 novembre 2024 – L’osservatorio Ossigeno per l’informazione rinnova la solidarietà a José Trovato per la soluzione del procedimento per diffamazione a suo carico, che per fortuna si è concluso riconoscendo la sua correttezza. (Leggi la notizia di Ossigeno). Il procedimento si è concluso con una sentenza di archiviazione. Ma vale la pena di soffermarsi sulla vicenda, perché fa vedere bene come in Italia, non solo al Sud, alcuni considerano diffamatorio parlare di temi sociali, in particolare della mafia, al punto di spingerli a rivolgersi alla giustizia chiedendo di punire chi parla di quei temi.
E’ quanto avevamo già visto con la vicenda di un giornalista del Corriere della sera e da ultimo con quella di Sara Manisera. Questa giornalista aveva trattato in un convegno, anche lei, il tema delle infiltrazioni mafiose. Aveva detto di avere visto la mafia nel comune di Abbiategrasso. Perciò era stata querelata dal sindaco di quel comune. Lei non aveva nominato l’amministrazione comunale. Si riferiva al territorio comunale. Secondo il querelante avrebbe dovuto precisarlo. Non era necessario, ha stabilito il giudice, archiviando la querela. E’ un caso che conosciamo bene, perché lo Sportello Legale di Ossigeno ha assistito la giornalista. Ora per la stessa ragione invocata per Sara Manisera un altro giudice ha archiviato la querela a Josè Trovato.
Qualcuno potrebbe pensare che quando si fanno certe affermazioni sarebbe meglio fare le precisazioni pretese dai querelanti. Non è così.
Primo, perché se ne dovrebbero fare troppe e a ogni pie’ sospinto. E poi, perché sarebbe peggio per chi parla. Ad esempio, se Sara Manisera avesse aggiunto di non volere riferirsi all’amministrazione comunale o se José Trovato avesse aggiunto di non riferirsi a quella persona che poi l’ha querelato, probabilmente sarebbero stati condannati entrambi. Perché chiunque collega un ente e una persona al contesto mafioso del discorso senza giustificato motivo fa quella che i giuristi chiamano sottinteso sapiente, che è una componente della diffamazione. E allora? C’è poco da fare. In Italia le querele infondate sono migliaia ogni anno e nella maggior parte dei casi sono anche pretestuose. Spesso queste azioni legali sono promosse per intimidire il giornalista affinché non tratti più l’argomento o non dica di più, e per danneggiarlo costringendolo a spendere dei soldi per dimostrare la sua innocenza, poiché anche le querele manifestamente infondate devono concludersi con un processo e una sentenza. Servirebbe un filtro per eliminarle subito, appena vengono presentate. Si dovrebbe depenalizzare la diffamazione. Chiedere una cauzione a chi pretende danni da diffamazione. Ma queste riforme non si intravedono all’orizzonte. Perciò, nell’attesa, occorre aiutare concretamente chi incappa in queste tagliole, aiutandolo a liberarsi ed esprimendogli solidarietà. ASP

Leggi il dossier di Ossigeno “Molta mafia, poche notizie”.

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