Aggravante mafiosa anche per il pugno a Maria Grazia Mazzola
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La decisione è del pm di Bari, Lidia Giorgio, e si riferisce all’aggressione subita a Bari dall’inviata della Rai il 9 febbraio del 2018
Il pm di Bari ha contestato il reato di lesioni personali con l’aggravante del metodo mafioso alla moglie del boss che aggredì e minacciò l’inviata della Rai Maria Grazia Mazzola. La giornalista le stava soltanto rivolgendo alcune domande per un suo servizio.
Il 16 novembre 2018 il sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, Lidia Giorgio, ha contestato all’indagata Monica Laera, moglie del boss mafioso Lorenzo Caldarola (ritenuto uno degli esponenti di vertice del clan Strisciuglio) i reati di lesioni personali e minacce gravi, con l’aggravante del metodo mafioso. Lo si è appreso dall’avviso di chiusura delle indagini preliminari sull’aggressione subita, il 9 febbraio 2018, a Bari, dalla giornalista Maria Grazia Mazzola. L’inviata della Rai poneva domande alla Laera, davanti all’ingresso della sua abitazione, allo scopo di realizzare un servizio giornalistico per la rete televisiva pubblica. Risulta indagata anche la 59enne Angela Ladisa, consuocera della Laera, accusata di oltraggio a pubblico ufficiale per offese rivolte agli agenti di polizia intervenuti sul luogo dell’aggressione.
Maria Grazia Mazzola ha sottolineato con soddisfazione la decisione della Procura di contestare l’aggravante mafiosa.
LA SOLIDARIETA’
Ossigeno per l’Informazione rinnova la piena solidarietà a Maria Grazia Mazzola e ritiene un fatto importante, da valorizzare, la contestazione formale dell’aggravante del metodo mafioso in relazione a questo grave attacco a una giornalista impegnata a svolgere il suo lavoro. La decisione della Procura di Bari conferma che nella magistratura italiana tutta, e non solo in alcune procure, ci sia stata nell’ultimo anno più determinazione nel perseguire i più gravi attacchi rivolti ai giornalisti (Leggi per intero il commento di Ossigeno )
Stampa Romana – Il segretario dell’Associazione Stampa Romana, Lazzaro Pappagallo, ha commentato: “La PM rileva che il pugno a opera di una pregiudicata legata al clan Laera-Caldarola, appartenenti agli Strisciuglio e Mercante, non nasceva solo da un alterco o dal fastidio per una domanda molesta, ma è una precisa pratica di controllo del territorio’. ”L’aggressione fisica (condita da questa minaccia: “Ehi! Non venire più qua che ti uccido”) doveva essere di esempio perché in quel territorio di Bari non era ammessa l’intrusione di giornalisti ficcanaso. La Procura – ha aggiunto Lazzaro Pappagallo – offre sostanza a quanto Maria Grazia Mazzola ha sempre sostenuto in interventi e dichiarazioni pubbliche. La nostra collega ha subito una vera e propria aggressione di squadrismo mafioso. L’Associazione Stampa Romana denuncia le condizioni di lavoro dei cronisti impegnati in un lavoro delicato di racconto di territori condizionati da interessi criminali e offre sostegno sindacale e legale alla collega del Tg1”.
FNSI e Usigrai – Il sindacato dei giornalisti Rai (USIGRAI) e la FNSI, con una nota congiunta, hanno espresso soddisfazione per la solidarietà espressa dalla Rai alla giornalista Maria Grazia Mazzola, sottolineando che, nel febbraio scorso, quando fu aggredita, l’Azienda non si era schierata al suo fianco. Fnsi e Usigrai auspicano “che l’azienda voglia concedere il patrocinio legale a tutti i colleghi minacciati, compresi quelli che hanno un contratto di collaborazione. Nella risposta aziendale – aggiungono – stupisce il silenzio su Federico Ruffo (vedi), forse per l’imbarazzo di non poter spiegare come mai anch’egli, come altre decine, lavori ancora senza il giusto contratto giornalistico, come Daniele Piervincenzi e Edoardo Anselmi, presi a testate a Ostia (a novembre 2017) mentre lavoravano per la Rai, che continuano a lavorare senza essere elencati nemmeno tra i precari dell’Azienda”.
ASP
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