Cassazione assolve Marco Travaglio. Non diffamò il sindaco di Milano Sala
Gli saranno restituiti 20mila € – Cosa capisce il telespettatore medio – Un commento di Caterina Malavenda
OSSIGENO 27 aprile 2024 – La quinta sezione della Corte di Cassazione, a febbraio 2024, ha assolto il direttore de ‘Il Fatto Quotidiano’, Marco Travaglio, annullando senza rinvio la sua condanna per diffamazione ai danni del sindaco di Milano, Giuseppe Sala. In primo grado e in appello il giornalista era stato condannato e aveva versato ventimila euro al sindaco, a titolo di risarcimento. Ora Giuseppe Sala deve restituire quella somma con gli interessi.
IL PROCESSO era nato dal fatto che a giugno 2018, il giornalista, nella trasmissione ‘Otto e mezzo’ di La7, commentando un articolo su un finanziamento elettorale di 50mila euro dato dal costruttore Luca Parnasi a Giuseppe Sala, si domandò perché si chiedevano le dimissioni dell’allora sindaca di Roma Virginia Raggi, “che non prendeva soldi, invece di chiederle per un sindaco che li prendeva”. Il giornalista specificò che il finanziamento di Luca Parnasi era di per sé lecito, anche se a suo parere inopportuno e poco trasparente. Il sindaco accusò il giornalista di diffamazione.
La Cassazione ha contestualizzato le singole parole del giornalista, affermando un principio importante, come spiega a Ossigeno la sua legale, l’avvocata Caterina Malavenda: che il telespettatore medio è in grado di distinguere bene il senso delle affermazioni di un giornalista e di capire se esse hanno o meno una portata diffamatoria; è in grado di distinguere se si sta criticando qualcuno in base all’opportunità politica, com’è legittimo e come ha fatto Marco Travaglio, o se invece si accusa qualcuno di aver commesso un reato. Questa chiara definizione del “telespettatore medio” e delle sue capacità di discernimento è una novità che potrà essere invocata a favore dei commentatori televisivi in altri processi per diffamazione.
L’AVV. MALAVENDA – “Nell’assolvere Marco Travaglio e riformando, cosa abbastanza rara, la doppia condanna di primo e secondo grado – ha dichiarato a Ossigeno l’avvocata Malavenda – la Cassazione ha confermato i principi tradizionali, aggiornandoli per quel che riguarda le trasmissioni televisive”.
“Innanzi tutto, la Cassazione ha ribadito che il Giudice deve attenersi a quel che colui che è intervenuto ad una di esse ha davvero detto, badando bene al contesto in cui le sue affermazioni sono collocate e che orienta il telespettatore, senza forzare il contenuto. Se la discussione è incentrata sul piano dell’etica e dell’opportunità politica non la si può, invece, collocare in un ambito penalmente rilevante, travisando il tenore dell’intervento. Ha poi ribadito che i singoli termini utilizzati vanno anch’essi valutati, tenuto conto del contesto, senza interpretarli in senso necessariamente deteriore se esso non lo giustifica, tutto purché i fatti di partenza, sui quali il ragionamento si fonda, siano veri e qui lo erano”.
“Il profilo più interessante – ha aggiunto l’avvocata -, tuttavia riguarda l’analisi del telespettatore medio, sulla falsariga della tradizionale figura del lettore medio, dalla cui capacità o più spesso incapacità di capire quel che sente o legge si fanno discendere conseguenze sovente negative per il giornalista, tratto a giudizio per diffamazione. Così come il lettore medio è colui che non si ferma al titolo o alle foto, ma esamina, senza particolare arguzia o sforzo, l’intero articolo e il suo corredo grafico, giungendo a cogliere il giusto significato e il reale contesto, il telespettatore medio è colui che, seguendo un programma di approfondimento, non cambia canale e non ascolta distrattamente quel che viene detto dagli ospiti, ma è quello che segue la trasmissione e comprende quel che ascolta, senza un particolare sforzo di attenzione.
“Se una discussione non è diffamatoria e gli interlocutori sono attenti ai necessari distinguo, l’ascoltatore medio è in grado di capirlo, così privando di qualsivoglia carica offensiva quel che viene detto. E’ un incoraggiamento per chi fa giornalismo televisivo o viene ospitato nei talk show e deve essere giudicato, com’è ovvio che sia, per quel che ha detto e non per quello che altri sostengono di aver capito”, ha concluso Caterina Malavenda. LT
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