Ilaria Alpi. La giustizia e i giornalisti italiani uccisi in altri paesi
OSSIGENO 22 marzo 2023 – Questo brano tratto dal dossier di Ossigeno su Andrea Rocchelli pone un problema che è emerso in relazione alla ricerca dei responsabili della loro morte, quasi sempre risultata vana
La guerra in Ucraina (iniziata il 24 febbraio 2022) ha acceso i riflettori di tutto il mondo sia sulla collocazione internazionale dell’Italia, sia sulle sofferenze inflitte dai combattimenti alla popolazione civile, sofferenze e lutti documentati stavolta (più di quanto avvenne nel 2014, molto più) ampiamente da giornalisti inviati da ogni paese sul territorio conteso militarmente. Questi giornalisti si sono impegnati nello stesso difficile e rischioso compito per il quale Andrea Rocchelli perse la vita, a 30 anni, insieme all’attivista e giornalista russo Andrej Mironov quel 24 maggio 2014, quando c’erano in campo pochi cronisti ed era più pericoloso.
Raccontando la tragica morte di Andrea Rocchelli questo dossier vuole illuminare un aspetto del grande problema della sicurezza dei giornalisti che operano nelle zone di guerra.
Un problema riassunto in queste domande:
• Se uno di questi giornalisti (che operano nelle zone di guerra) rimane ucciso o seriamente ferito, con quali probabilità noi riusciremo a chiarire le circostanze e le eventuali responsabilità?
• La giustizia riuscirà a stabilire con chiarezza se le persone coinvolte e le autorità hanno osservato le regole internazionali che impongono il rispetto dei civili disarmati e dei cronisti che svolgono il loro lavoro assolvendo a un compito di interesse pubblico protetto dalle Nazioni Unite, oppure se (quelle persone e autorità) hanno superato il confine (che esiste) fra guerra e crimine di guerra?
• Un singolo paese ha i mezzi e il potere necessari per individuare e punire gli eventuali responsabili, per non cedere alle cautele imposte dalle relazioni politiche e diplomatiche, come è accaduto in molti casi? O bisognerebbe attribuire questa competenza a una Corte indipendente, possibilmente internazionale?
LE GUERRE E I DANNI COLLATERALI
Di solito l’assassinio di civili e di giornalisti in zone di guerra è trattato come un danno collaterale, spiacevole ma inevitabile e in quanto tale non punibile. Altre volte, più raramente, diventa oggetto di indagini e inchieste giudiziarie e dà vita a un processo che subisce ogni sorta di ostacoli: depistaggi, insabbiamenti, veti politici o diplomatici, segreti di stato…
Raramente i giudici accertano le responsabilità individuali perseguibili. Lo dice, ad esempio, il triste e deludente andamento dei procedimenti avviati in Italia per scoprire i responsabili dell’uccisione di Ilaria Alpi e Milan Hrovatin, di Antonio Russo, Vittorio Arrigoni e di molti altri giornalisti.
“Questa è la guerra!” ci dicono spesso, sottintendendo il resto della frase: “quindi non si può incolpare nessuno”.
Ma questa apodittica giustificazione non è sempre accettabile. Vale forse per giustificare chi uccide dei civili disarmati? Per chi lo fa consapevolmente? Per chi non usa le precauzioni possibili per evitare la morte di cittadini inermi? Certamente no e, a maggior ragione, non si dovrebbe incolpare la guerra (cioè nessuno) per la morte di un giornalista ucciso da uno o più militari, ucciso in quanto testimone scomodo di circostanze che si vuol nascondere, ad esempio per coprire negligenze o comportamenti delittuosi o addirittura crimini di guerra. Ma chi e come può accertare responsabilità di tal fatta?
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