Dodici anni fa il fotoreporter Fabio Polenghi ucciso a Bangkok durante proteste
Fu colpito da un’arma dell’esercito durante la repressione dei manifestanti anti-governativi – L’impegno della sorella per avere piena giustizia – Tutta la storia sul sito Ossigeno – Cercavano la verità
OSSIGENO, 19 maggio 2022 – Dodici anni fa, il 19 maggio 2010, Fabio Polenghi, fotoreporter milanese, è stato ucciso a Bangkok, in Thailandia, mentre documentava la dura repressione delle manifestazioni di protesta del movimento delle “camice rosse” contro il governo. Fabio aveva 48 anni. E’ stato accertato che ad ucciderlo fu un’arma dell’esercito, nel pieno di un blitz sanguinoso che pose fine a settimane di scontri con i manifestanti, con decine di morti e feriti da entrambe le parti. Fabio cadde colpito al cuore da un proiettile. Morì durante il trasporto in ospedale, improvvisato su una motocicletta. La stessa mattina vennero feriti anche altri tre giornalisti, uno olandese, uno canadese e uno americano. Il mese prima era stato ucciso un reporter giapponese.
Ossigeno per l’Informazione ha dedicato a Fabio Polenghi una pagina monografica del sito Cercavano la verità, l’archivio online che racconta le storie di 30 giornalisti italiani uccisi dalle mafie, dalle guerre e dal terrorismo negli ultime sei decenni.
NESSUNA GIUSTIZIA – Per quella morte si attende ancora piena giustizia. Elisabetta Polenghi, sorella di Fabio, lottò con tutte le forze per perseguire i responsabili. Ottenne che fosse celebrato il processo che nel 2013 ha stabilendo che il fotoreporter era stato colpito alla schiena dal proiettile di un fucile in dotazione all’esercito, mentre correva insieme ai manifestanti per sfuggire all’offensiva dei militari. Giustizia a metà, perché i giudici tailandesi non individuarono né chi sparò il colpo fatale né chi aveva dato l’ordine di farlo. Elisabetta non poté continuare quella battaglia perché, appena un anno dopo, una malattia la portò via per sempre. Stava lavorando al progetto di erigere a Bangkok un monumento alla libertà di informazione e ai diritti umani.
CHI ERA – Nato a Monza nel 1962, Fabio Polenghi aveva lavorato dal 1985 al 2000 come fotografo di moda, tra Londra e Parigi. Nel 1999 aveva cominciato a viaggiare come freelance spinto dalla passione per il reportage: dal Kosovo alla Cambogia, dal Myanmar ai campi profughi ai confini tailandesi, dalle favelas di Rio De Janeiro a Kenia, Sierra Leone, Messico e Honduras, fino a Cuba, Cina, Giappone, Corea, Nepal e India. Unì al lavoro di fotografo e documentarista l’impegno umanitario.
RICONOSCIMENTI – La storia di Fabio divenne nota in Thailandia in seguito alle iniziative della sorella Elisabetta. Invece in Italia – come ha osservato il giornalista Alessandro Ursic in un commosso ricordo del fotoreporter – non è mai entrata pienamente nella memoria collettiva. E questo nonostante nel 2010 gli siano stati conferiti il Premio Enzo Baldoni della Provincia di Milano e una menzione del Premio Pace della Giunta regionale lombarda. Il nome di Fabio Polenghi è inscritto in una stele del monumento per i giornalisti caduti creato dal comune francese di Bayeux, in Normandia, e da Reporters Sans Frontières. Figura – oltre che nel Journalists Memorial del Newseum di Washington – anche nel Pannello della Memoria di Ossigeno per l’Informazione affisso alla Casa del Jazz di Roma e in molte scuole e uffici pubblici. LB
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