Gli ostacoli al buon giornalismo. Confronto fra Verna, Tarquinio, Lirio Abbate, Morcellini
Dalle intimidazioni alle pressioni politiche, passando per i condizionamenti economici, le querele e le cause civili pretestuose: come superare gli ostacoli della professione
OSSIGENO 20 Marzo 2021 – “Non vogliamo essere corporativi, ma difendere i valori del giornalismo, tra cui il diritto del cittadino ad essere correttamente informato, e per farlo, serve equilibro e una nuova legislazione”. Questo il parere di Carlo Verna, presidente dell’Ordine dei Giornalisti, intervenuto al Seminario dell’Università di Roma Tor Vergata in collaborazione con Ossigeno per l’Informazione e Ordine dei Giornalisti del Lazio. Al centro dell’ultimo dei tre moduli di approfondimento, gli “ostacoli al buon giornalismo”.
Per il presidente c’è bisogno di un rafforzamento dei poteri di sanzione in capo all’Ordine, di una normativa positiva che bilanci diritto di cronaca e diritto al buon nome, e di un canale unico per la formazione dei giornalisti che garantisca – anche a chi non frequenta un master di giornalismo – di accedere alla professione. La polverizzazione dell’offerta editoriale e il miraggio dell’equo compenso rischiano di rendere più soli e impotenti i giornalisti.
L’incontro è proseguito con Marco Tarquinio direttore di Avvenire, il quale si è soffermato sui problemi della concentrazione dell’editoria, sulla pratica della disintermediazione e sui falsi modelli di libertà. Secondo il suo parere, occorrono leggi antitrust perché l’eccessiva semplificazione non è sinonimo di buon servizio alla collettività. Il direttore ha anche spiegato che “non si può essere equilibrati se si rimane equidistanti della sofferenza dei poveri e migranti perché – ha concluso – il buon giornalismo deve essere ostinatamente dalla parte dei più deboli”.
“I giornalisti non emettono sentenze ma fanno un lavoro di analisi documentata di fatti di rilevanza sociale e politica. Ciò che rientra in questi parametri è una notizia e come tale va portata a conoscenza dell’opinione pubblica”. E’ iniziato così l’intervento di Lirio Abbate, vicedirettore de L’Espresso, che è tornato sul tema delle querele temerarie e delle citazioni civili, usate come deterrente per imbavagliare e intimidire i giornalisti, spesso sprovvisti di adeguate tutele giuridiche ed economiche. “Le notizie fanno più male di un avviso di garanzia perché incidono sull’opinione pubblica ed è forse questo il motivo – ha spiegato Abbate – per cui il ddl Di Nicola continua a rimanere senza risposta”.
All’evento anche la voce dell’università: Mario Morcellini, presidente Conferenza Facoltà e Corsi di laurea in Scienze della Comunicazione, ha rimarcato la continuità esistente tra università e giornalismo: “Si tratta in entrambi i casi di lavori intellettuali che partono dal presupposto che la conoscenza rende liberi”. Secondo il professore la priorità è quella di “fare nuove lotte contro gli eccessi di concentrazione che si preparano all’annullamento delle biodiversità”, senza dimenticare la precarietà eccessiva del mondo dei giovani pagati in modo risibile. “La trasformazione di questo fenomeno in un trend, indica una diminuzione delle garanzie della democrazia”.
Morcellini non ha dubbi: la lotta al disordine informativo passa per la tempestività della politica, a condizione che quest’ultima creda ancora in un progetto di uomo e società.
VP
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