Processo Rocchelli. Quando i giudici di appello ribaltano le sentenze di primo grado
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Il parere dell’avv. Andrea Di Pietro sull’assoluzione di Vitaly Markiv al processo di Milano per accertare le responsabilità per la morte del fotoreporter
La recente assoluzione dell’imputato leggi, il 3 novembre 2020, a conclusione del processo di appello celebrato a Milano per accertare le responsabilità sulla morte del fotoreporter Andrea Rocchelli, ha comprensibilmente sconvolto i familiari e tutti coloro che hanno sofferto per la sua perdita. Anche la società civile ha seguito con interesse questo processo, soprattutto perché si assiste spesso a fenomeni di impunità quando la vittima è un giornalista. Avviene tanto spesso che l’l’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2013 lo ha denunciato con una risoluzione e contestualmente ha incaricato l’Unesco di dedicare ogni anno, il 2 novembre, una giornata di riflessione a questo specifico problema, per sensibilizzare l’opinione pubblica di ogni paese. (vedi)
Questa assoluzione dell’imputato da parte dei giudici di Milano, dopo la condanna in primo grado a 24 anni di reclusione, suona un po’ sinistra e lascia credere che possa essersi trattato di un grave errore giudiziario.
Personalmente non mi permetto di entrare troppo nel merito della sentenza, perché altri, meglio di me, conoscono le carte processuali e solo a queste persone andrebbe chiesto cosa secondo loro non ha funzionato nel giudizio di appello. Posso solo osservare che questi ribaltamenti clamorosi tra primo e secondo grado del processo, che sovente impressionano i non addetti ai lavori, sono invece il segno che il sistema giudiziario funziona, perché le impugnazioni hanno esattamente lo scopo di emendare possibili errori giudiziari.
Il lacerante contrasto di giudizi, come quello a cui abbiamo assistito nel processo Rocchelli, è in verità espressione fisiologica del potere discrezionale e quindi della libertà (che non è mai arbitraria) dei giudici di appello di valutare le prove anche in modo diametralmente opposto ai giudici dei gradi precedenti.
Mi dispiace, ovviamente, per chi aveva riposto legittime aspettative nella conferma della condanna di primo grado, ma devo dire a costoro, con sincerità, che molto probabilmente nessuna delle due sentenze è tecnicamente sbagliata. Sono solo due espressioni di punti di vista diversi, entrambi legittimi. L’importante è che i giudici, e questo lo si scoprirà solo leggendo le motivazioni, abbiano fatto buon governo delle norme che regolano il sistema di valutazione delle prove. ADP
L’Autore è il coordinatore dell’Ufficio di Assistenza Legale Gratuita di Ossigeno
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