Diffamazione. Colpo di spugna della Cassazione dopo 2 condanne conformi
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Assolti con formula piena e “senza rinvio” dopo 7 anni l’ex direttore di Repubblica Ezio Mauro e la cronista politica Giovanna Vitale. Leggi la sentenza
Il 5 giugno 2020 la Corte di Cassazione ha prosciolto dall’accusa di diffamazione aggravata a mezzo stampa l’ex direttore del quotidiano La Repubblica Ezio Mauro e la giornalista Giovanna Vitale, che in primo grado e in Appello, nei processi celebrati a Roma, erano stati condannati a pene severe. La Suprema Corte ha annullato quelle condanne “senza rinvio”, cioè senza chiedere la celebrazione del processo ex novo come avviene nella maggior parte dei casi.
I giornalisti, querelati nel 2013, sono stati difesi dall’avvocato Paolo Mazzà, che ha chiesto di tenere nella dovuta considerazione le peculiari caratteristiche dell’informazione politica. I giornalisti sono stati assolti con formula piena perché “il fatto non costituisce reato”.
LE PRECEDENTI SENTENZE – Giovanna Vitale ed Ezio Mauro erano stati condannati il1 febbraio 2017 dal Tribunale di Roma a pagare una multa di 600 euro ciascuno e a versare al querelante, l’ing. Valter Di Mario, 3 mila euro a titolo provvisionale più 5 mila euro di spese legali. Il 28 novembre 2018 la Corte d’Appello di Roma aveva confermato queste sanzioni e aveva aggiunta ulteriori 2 mila euro di spese legali. Inoltre si era mostrata più severa del Tribunale, revocando il beneficio della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel casellario giudiziario per l’autrice degli articoli contestati.
IL RICORSO – L’avv. Paolo Mazzà ha impugnato la sentenza facendo leva sulla “mancanza e illogicità della motivazione”, sulla violazione dei canoni del diritto di intervista”, sulla violazione dell’articolo 21 della Costituzione per la contestazione di illecito accostamento fra fatti diversi e sul disconoscimento dei particolari doveri che impongono al cronista che tratta fatti politici di interesse pubblico di riferire anche opinioni, giudizi e critiche la cui veridicità è impossibile accertare come si fa quando valutano fatti e circostanze oggettive (leggi le sue argomentazioni). Queste motivazioni hanno convinto i giudici della Corte Suprema di Cassazione, i quali hanno annullato “senza rinvio”, cioè non hanno ritenuto necessario chiedere la ripetizione del processo d’Appello, come avrebbero potuto fare.
GLI ARTICOLI CONTESTATI – Il processo era nato dopo la pubblicazione di due articoli firmati da Giovanna Vitale nell’edizione romana del quotidiano La Repubblica, il primo dal titolo “Roma Metropolitane. Assunzioni last minute – cinque nuovi consulenti con maxi stipendio”, il secondo dal titolo “Cancellate le nomine last minute di Alemanno”, uscito il 22 giugno 2013. Il primo riferiva che pochi giorni prima del voto di ballottaggio del 9-10 giugno il sindaco uscente Gianni Alemanno, in lizza contro Ignazio Marino, aveva autorizzato la società Roma Metropolitane (incaricata di costruire la Linea C e controllata dal Comune) aveva deciso l’assunzione di 5 consulenti senza tenere conto del parere negativo espresso cinque mesi prima dal presidente e dal collegio sindacale della società. Il secondo articolo invece dava notizia che la nuova giunta guidata da Ignazio Marino aveva revocato quei cinque incarichi.
IL QUERELANTE – Uno dei cinque consulenti, l’ingegner Valter Di Mario, ritenendosi diffamato, aveva querelato la giornalista e il direttore di Repubblica ottenendo ragione in primo e secondo grado, ma non in Cassazione.
L’AUTRICE DEGLI ARTICOLI – Giovanna Vitale, inviata del quotidiano La Repubblica, ha rilasciato a Ossigeno la seguente dichiarazione: “Non intendo commentare la decisione dei giudici. Lascio parlare la sentenza, che è chiara. Io ho fatto soltanto il mio lavoro e credo di averlo fatto correttamente. Eppure ci sono voluti sette lunghi anni e c’è voluta la Cassazione per riconoscerlo! Con questi articoli ho fatto il mio lavoro di cronista politica in un fase politica particolare, molto accesa, raccontando fatti veri e inquadrandoli nel loro contesto. Non è così che si deve fare? In 25 anni lavorando così ho avuto parecchie altre querele, ho avuto sempre al fianco il mio giornale e alla fine non sono stata condannata mai”.
ASP
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